SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


giovedì 30 giugno 2016

La tempesta perfetta!

Martedì 28 giugno 2016 - 5° giorno di viaggio
Ormos Xila - Ormos Spathi, Kea (25 km)
Vento NE 9-10 nodi (F3) - Mare poco mosso con onda di 0,5 metri - Temperatura 27°C
Il risveglio è lento come piace a noi.
Ci alziamo solo quando il sole si affaccia da dietro le colline ed infuoca la tenda fino al punto che dobbiamo per forza saltar fuori.
La prima parte della giornata scorre via veloce, con una pagaiata fino al porto principale di Kea, ricavato in una bella baia a forma di tridente tozzo e cicciotto sulla cui ansa meridionale si apre la cittadina di Livadhi.
Il versante nord-occidentale dell'isola è molto particolare, con un profilo basso di colline tondeggianti e levigate dal Meltemi, quasi del tutto prive di vegetazione se si escludono i bassi cespugli rinsecchiti della macchia mediterranea. Su ogni cucuzzolo sta appollaiata una villetta. Alcune non sono ancora terminate, altre hanno solo gli scheletri stranamente dipinti di un verde pastello. La maggior parte, però, sono ben rifinite e talmente ben mimetizzate che talvolta si faticano a riconoscere, se non fosse per i giardini fioriti di bouganville e oleandri. Quelle più vicine al mare hanno tappeti di piante succulente che dai terrazzi panoramici scendono fino alla scogliera.
Le case tradizionali di Kea hanno i tetti spioventi di tegole rosse ma quelle moderne sulla costa sembrano voler riprendere lo stile cicladico delle altre isole ed al tempo stesso mantenere una propria diversità: sono infatti costitutite da tanti cubi affiancati a diverse altezze, ma quasi nessuna casa qui è bianca e le finestre non sono dipinte di blu, ma di colori diversi sempre molto vivaci. Quasi tutte, poi, sono rivestite con la pietra locale, specie nei piani bassi, nei terrazzi ed in altri elementi architettonici comuni. Sono la nota caratteristica di Kea, l'isola più vicina all'Attica e frequentata dai greci della terraferma, che qui hanno costruito la seconda casa per le vacanze. Mauro non sembra apprezzarle molto, infastidito dalle opere incompiute, forse conseguenza della crisi economica. Gli faccio notare, però, che sono tutte simili, basse e distanziate le une dalle altre, sparpagliate sui punti strategici così da godere delle bellezze del paesaggio e da raggiungere facilmente il mare, anche scendendo lunghissime e ripidissime scalinate intagliate nella roccia. Non troviamo un accordo soddisfacente e rimaniamo di due idee diverse.
La costa è molto frastagliata, dietro ogni capo si nasconde una baia, al fondo della quale si apre una spiaggia di sabbia, quasi sempre isolata e deserta, come quella su cui abbiamo passato la notte scorsa (abbiamo aggiunto un post-scriptum ed un paio di foto alla tappa di ieri!)
Quando raggiungiamo la baia di Aghios Nikolaos, quella che ospita il porto dell'isola, io rimango affascinata dal panorama, con la successione di promontori bassi e morbidi, come tanti piccoli panettoni dorati su cui il sole ed il vento non hanno fatto crescere neanche un albero. Il faro è affiancato da una cappella bianca ed insieme si stagliano all'ingresso della baia, così protetta da sembrare quasi un bacino artificiale. E' una festa di linee curve e scogliere levigate e rocce verdi e rosse che si susseguono dentro e fuori le anse della costa - e che se ci fosse il mio fratellino geologo e kayaker saprebbe spiegarci perché hanno queste forme e questi colori tanto particolari... Chiamo Mauro per farlo partecipare allo spettacolo e lui, ferreo, mi fa: "Mbè, tutte le isole sono così!". Mi chiedo cosa lo porto in viaggio a fare, 'sto personaggio qua!
Il porto di Livadhi non è il capoluogo dell'isola di Kea.
Come in quasi tutte le Isole Cicladi, le scorribande dei pirati hanno costretto nei secoli passati la popolazione locale, pur numerosa e facoltosa, grazie ai frequenti e favorevoli scambi commerciali tra Oriente ed Occidente, a rifugiarsi sulle alture più interne e a costruire delle vere e proprie città fortificate nell'entroterra. Le Chora spiccano dall'alto sul mare, ma la Chora di Kea dal mare è invisibile. Le Chora portano tutte i segni delle dominazioni successive e Ioulidha, la Chora di Kea, vanta un leone veneziano scolpito nel marmo, lungo 6 metri ed alto 3, con il bel muso largo come quello di un gatto sornione. Si trova poco fuori dal centro abitato, un dedalo di viuzze strette e vicoli in salita, che si sviluppa sul bordo di un anfiteatro naturale tra le colline ricoperte di frutteti ed uliveti. Le guide turistiche consigliano tutte una visita al Museo Archeologico, per ammirare le statuine in terracotta, raffiguranti figure femminili stilizzate e formose, rinvenute in un insediamento dell'Età del Bronzo scoperto proprio sul versante settentrionale della baia del porto.
E niente, non vediamo niente.
Gli autobus che salgono da Livadhi a Ioulidha ci sono soltanto nel periodo estivo, dal 6 luglio al 25 settembre, e noi siamo arrivati troppo presto! Una corsa in taxi costa 16 euro andata e ritorno. Quando lo propongo a Mauro, lui mi risponde impassibile: "Preferisco bermeli tutti in birra".
Così finiamo a pranzo in una taverna del porto. Non una qualsiasi, ma la più bella di tutte: era un antico magazzino del vino e per qualche tempo è stato anche un cinema all'aperto e all'ingresso fa ancora bella mostra di sé un gigantesco proiettore nero, in stile "Vecchio Cinema Paradiso".
Il cameriere ci parla in italiano, ci dice che la nazionale di calcio ha battuto la Spagna nei campionati europei e ci consiglia i piatti del giorno, melanzane ripiene e pomodori e peperoni al riso con contorno di patate al forno. Ordiniamo e mangiamo tutto.
Ripartiamo un po' brilli, perché a fine pasto ci viene offerto un liquore dolce di cui non ricordiamo più il nome ma di cui abbiamo volentieri fatto il bis. IL Meltemi si è affacciato nella baia e ci accompagna fino alla tappa successiva, la cala tondeggiante di Odzias, dove ci fermiamo per una birra, quella tanto sospirata da Mauro. Qui si vedono finalmente degli alberi, si riconoscono gli uliveti sui terrazzamenti che segnano i versanti delle colline e si capisce perché l'isola è tanto famosa per le passeggiate nei boschi di mandorli e querce. La birra scende che è una meraviglia: salutiamo le due coppie di inglesi che sono venute a chiederci se navigare in kayak nell'Egeo non è troppo pericoloso, e ci rimettiamo al comando delle nostre piccole imbarcazioni.
Il versante nord-orientale dell'isola è completamente diverso, con alte scogliere che precipitano in mare, alcuni scogli isolati e qualche grotta poco interessante. La cosa interessante, invece, è che in molti tratti la costa è franata in mare, ma in blocchi massicci che hanno occupato le gole profonde come fossero tanti dadi gettati alla rinfusa.
Sui capi più pronunciati ci attende una lavatrice impostata sul programma delicati, con ondicelle di 30 centimetri, giuste giuste per tenerci svegli. All'orizzonte si profila un fronte nuvoloso che speriamo non ci segua... ma le nostre speranze vengono presto deluse.
Sbarchiamo nella bella baia di Spathi giusto in tempo per ammirare lo spettacolo terrificante di un temporale estivo come pochi.
Prima nuvoloni neri si accalcano ad oscurare l'orizzonte, poi dalle colline retrostanti salgono ad una velocità impressionante nuvole bianche che si tingono di rosso quando cominciano ad arrivare i primi lampi. I tuoni impiegano qualche secondo per farsi sentire ma la tempesta perfetta non tarda ad abbattersi sulla nostra baietta. E' tutto un sollevarsi di polveroni dallo sterrato che corre dietro la spiaggia, un turbinio di foglie e rami secchi ed uno svolazzare di cuscini dai vari lettini sistemati accanto agli ombrelloni... Uno degli ombrellone viene persino sollevato e scaraventato sulla battigia.
Gli ombrelloni greci non sono ombrelloni normali: non sono quelli classici in tela colorata che usiamo in Italia, ma hanno tutt'altra struttura. Sono costruiti in legno, ferro e paglia. Il palo centrale è grande come un palo della luce, la struttura in ferro è molto pesante ed il cappello in paglia è tenuto insieme da una fitta rete di tondini di ferro saldati, che di certo appesantisce il tutto. Insomma, quello greco è un ombrellone-mamozzio e per resistere al Meltemi è fissato a terra con una basamento di cemento... Non lo smuove neanche Maciste. La tempesta perfetta invece l'ha sradicato!
Rincuorati dall'arrivo in rada di due pescherecci, e poco prima che si scateni il putiferio, ci mettiamo di buona lena a costruire la nostra casetta, scegliendo il riparo provvidenziale offerto da una tamerice. Siamo preoccupati, più che impauriti: del resto, questo è il viaggio di pensionamento anche per la nostra tendina, regalo del mio fratellino per i miei 18 anni. Non è detto che possa sopportare a lungo le raffiche che piegano i paletti fino a terra. Né che il telo esterno possa reggere le secchiate d'acqua che in poco tempo si rovesciano sulla spiaggia. Non è neanche detto che funzioni il sistema che abbiamo appena inventato, di legare la base della tenda ai rami più bassi della tamerice con quel filo rosso di polipropilene che ho fortunatamente recuperato in mare proprio prima di Akrotiri Perlevos, il capo più settentrionale di Kea. Quella che si abbatte sull'isola stasera sembra davvero la tempesta perfetta.
E dire che il sito di previsioni meteorologiche che consultiamo quotidianamente dava da diversi giorni un avviso di tempesta con probabilità del 60%. Ieri era sceso al 40% e oggi, invece, la probabilità era pari a zero! Ma la tempesta perfetta è arrivata lo stesso!
Abbiamo fatto appena in tempo a infilare in tenda tutto l'occorrente per la notte, materassini, cuscini e sacchi a pelo, pigiama, vestiti di ricambio e il kit superstite di Mauro per l'igiene personale, qualche bottiglia d'acqua per zavorrare il tutto e... poche provviste. Non potendo accendere il fornello da campo dentro la tenda, proprio nell'occhio della tempesta perfetta, ci ritroviamo a mangiare pane ed acqua e qualche manciata di frutta secca, con una mano sul cibo e l'altra a trattenere i paletti!
Teniamo l'orecchio teso allo sviluppo della tempesta, sbirciamo fuori per capire se i due pescherecci sono ancora all'ancora nella baia, ascoltiamo il belato terrorizzato delle pecore nell'ovile poco lontano e il raglio dell'asino che così cerca forse di sentirsi meno solo. Nella notte appena iniziata non brilla neanche una stella, ma in compenso il cielo è squarciato da saette che scendono fino al mare. Adesso il rumore dei lampi è ravvicinato, alcuni sono così forti e vicini da illuminare a giorno tutta la cala, e la luce delle saette si vede perfino da sotto il doppio telo della nostra povera tendina. Ci affacciamo ancora un paio di volte, finché non è finito anche il pane e finché il temporale non si decide a trasferirsi sull'isola di fronte, forse Kithnos o forse Giaros...
Neanche a dirlo, ci addormentiamo in un secondo.

Il risveglio lento a Ormos Xila
L'ingresso nel porto di Livadhi
Il faro con cappella di Akrotiri Aghios Nikolaos
Lungo il versante nord-occidentale dell'isola di Kea 
Sculture rocciose oltre la Baia di Odzias
Le frane sulla costa settentrionale di Kea
L'ingresso alla baia di Ormos Spathi
Preludio alla tempesta
La quiete dopo la tempesta
Il trofeo della tempesta
Pronti a ripartire
C'è un albero di fico selvatico cresciuto nella grotta!
Il dirupato versante nord-orientale dell'isola
L'arrivo a Ormos Poles
La visita agli scavi archeologici
Presenze mitologiche!
La libreria da spiaggia a Poles!
La lavatrice ancora impostata sui delicati...
Il faro di Akrotiri Tamelos
Visita di cortesia
Il cuoco dell'hotel
Totem propiziatorio

Mercoledì 29 giugno 2016 - 6° giorno di viaggio
Ormos Spathi - Platis Ghialos, Kea (23 km)
Vento NE 13-18 nodi (F4-5) - Mare mosso con onda fino a 1,5 metri - Temperatura 27°C
Il risveglio è ancora più lento del solito.
Dobbiamo lavare il telo esterno della tenda, diventato da blu e verde che era di un intenso grigio scuro per il terriccio e per la polvere. Dobbiamo asciugare il telo interno, ancora zuppo della pioggia notturna. E dobbiamo riporre ogni cosa nei gavoni.
Ma questa parte del lavoro non ci dispiace affatto, anzi ci diverte, perché ogni mattina cambiano gli spazi interni, anche se di poco, ed il gioco di incastri è sempre diverso.
Partiamo che è quasi mezzogiorno, ma decidiamo subito di andare direttamente alla baia di Poles, che ospita il sito archeologico più importante dell'isola. Non abbiamo visto la Chora ed il Museo Archeologico di Ioulidha, ma almeno riusciamo a visitare i templi di Apollo e di Atena, che sono proprio a due passi dal mare. Si tratta del sito originario di una delle quattro città-stato di Kea, abitata tra il V sec. A.C ed il VII sec. D.C. da 1500 persone (oggigiorno tutta l'isola ne conta circa 2000), come è ben spiegato sui pannelli esplicativi installati tra il 2008 ed il 2013 con un finanziamento della Comunità Europea. Le colonne del tempio di Atena, più piccolo ma più elevato, sono state parzialmente ricostruite per rendere l'idea della grandiosità del luogo. Girovaghiamo a lungo tra le antiche rovine, rimaste sepolte per secoli e riscoperte soltanto ai primi del Novecento dagli archeologi francesi. Gli scavi sono ancora in corso, affidati ora al Centro nazionale di ricerca e conservazione dell'Università di Atene e molti reperti sono allineati in perfetto ordine tra i massi megalitici che circondano l'antica polis greca. Gli spazi sono immensi, gli ingressi sempre aperti e liberi e non si vede l'ombra di un custode.
La visita ci ha davvero entusiasmato, persino Mauro ne è rimasto colpito, e ne parliamo a lungo...
Sulla spiaggia, proprio di fronte ai nostri due Voyager, c'è una struttura in legno che da lontano fatichiamo un poco a comprendere, ma che da vicino si mostra in tutto il suo splendore: una libreria da spiaggia, con tanto di reparto di libri e di giochi per bambini. Il risultato delle ultime attività creative è ancora perfettamente visibile tra le pietre piatte e levigate della spiaggia, dove spiccano decine di disegni a colori vivaci realizzati da manine infantili, proprio su quei sassi tondi che vorrei raccogliere e portare a casa. Il carico già eccessivo dei nostri kayak me lo impedisce. Per la stessa ragione devo lasciare a terra anche i 5 galleggianti e i diecimila sassolini che ho trovato lungo il cammino dai kayak alle rovine...
Quando riprendiamo il mare, il Meltemi decide di farci visita e di imbiancare il mare. Ecco i venti nodi annunciati da nord-est.
Ci spingono ben bene fino al capo meridionale dell'isola ma ci tengono impegnati per oltre un'ora: le onde alte più di un metro, spesso frangenti e che talvolta cercano di azzannare la mia girandolina fissata a poppa, sono molto irregolari, non solo perché a tratti gonfiate dalle raffiche del Meltemi ma anche perché spesso rimescolate sia dalle onde dei traghetti sia da quelle riflesse dalla costa rocciosa ed irregolare. Navighiamo per oltre 10 chilometri in un vero guazzabuglio.
La corrente che ieri vedevamo su ogni capo, ed i cui vortici riconoscevamo chiaramente nell'acqua calma, oggi la sentiamo ribollire sotto le chiglie dei nostri kayak, perché non appena ci avviciniamo ad una punta fatichiamo ad avanzare per il primo tratto, ma poi veniamo sparati fuori come noccioli di olive.
Secondo voi siamo riusciti a scattare qualche foto? Manco una!
E così per tutto il versante sud-orientale dell'isola, fino al promontorio di Vroulia, diverso da tutti gli altri, con i suoi picchi di pietra chiara lavorati in maniera molto irregolare e spigolosa.
Poco dopo appare il faro di Akrotiri Tamelos e tutto si placa.
Scegliamo di sbarcare in una piccola caletta di ciottoli bianchi ai piedi di aspre colline frequentate solo da capre e pecore, con qualche ovile ed un vecchio braccio meccanico ormai arrugginito e in disuso. Vogliamo capire se può andare bene per dormirci anche domani notte, prima della traversata su Kithnos, la nostra prossima meta. Prima ancora, però, dobbiamo completare il periplo di Kea, tornando verso nord fino alla baia di Pises in cui siamo sbarcati appena due giorni fa.
Questa sul capo meridionale dell'isola, invece, è la spiaggia dei millepiedi, dei ragni e dei grilli super-giganti. Si assiepano tutti sotto il masso su cui sono appollaiata col computer sulle ginocchia, come se non aspettassero altro che assaltarmi per spolparmi viva. Non vedo l'ora di chiudermi in tenda, sigillata dentro per evitare ogni loro possibile incursione notturna, anche perché Mauro, invece di intervenire per proteggermi a spada tratta da questi orribili mostri notturni, non fa altro che ridere a crepapelle e prendermi in giro per le mie fisime...
In pochi giorni di viaggio abbiamo vissuto così tante emozioni che per domani ne vorremmo chiedere una soltanto: trovare una taverna.
Sappiamo accontentarci, noi.

1 commento:

  1. I commenti su Facebook (30 giugno 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1143865768967661
    Quante emozioni in soli sei giorni di viaggio!

    Ailien Rhijnsburger: I start to think I should have chosen a different adventure for this summer. Jealous of your sunshine. Here: hard wind and storm, rain and cold. I think mother nature thinks it is autumn in England... :-(
    [George Karpathios: Be careful what you wish for, sunshine is an understatement, scorching sun would be a more accurate description]

    Marco Valle: Queste vostre letture serali sono molto belle, spero anch'io un giorno o l'altro di vivere esperienze così con il mio kajak.... buon mare!

    Antonio Colantuoni: Grazie ragazzi.... sto vivendo una vita parallela...

    George Karpathios: Enjoy Kea island. Don't miss the restored ancient temples at Karthea and of course a stroll in Ioulida's narrow alleys.

    Andrea Bresil: D'accordo con Mauro, meglio la birra 🍺 che il taxi. Anche se siamo distanti e' come fossi lì con te 🍻😃

    RispondiElimina