Tatiyak SPOT
Latitudine:37.52866
Longitudine:24.27657
Posizione GPS Data/Ora:06/30/2016 21:30:59 CEST
Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...
Fai clic sul seguente collegamento per vedere dove mi trovo.
http://fms.ws/YXJpC/37.52866N/24.27657E
Se il link sopra non funziona , provate questo link:
http://maps.google.com/maps?f=q&hl=en&geocode=&q=37.52866,24.27657&ll=37.52866,24.27657&ie=UTF8&z=12&om=1
Tatiyak SPOT
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SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...
Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!
giovedì 30 giugno 2016
La tempesta perfetta!
Martedì 28 giugno 2016 - 5° giorno di viaggio
Ormos Xila - Ormos Spathi, Kea (25 km)
Vento NE 9-10 nodi (F3) - Mare poco mosso con onda di 0,5 metri - Temperatura 27°C
Il risveglio è lento come piace a noi.
Ci alziamo solo quando il sole si affaccia da dietro le colline ed infuoca la tenda fino al punto che dobbiamo per forza saltar fuori.
La prima parte della giornata scorre via veloce, con una pagaiata fino al porto principale di Kea, ricavato in una bella baia a forma di tridente tozzo e cicciotto sulla cui ansa meridionale si apre la cittadina di Livadhi.
Il versante nord-occidentale dell'isola è molto particolare, con un profilo basso di colline tondeggianti e levigate dal Meltemi, quasi del tutto prive di vegetazione se si escludono i bassi cespugli rinsecchiti della macchia mediterranea. Su ogni cucuzzolo sta appollaiata una villetta. Alcune non sono ancora terminate, altre hanno solo gli scheletri stranamente dipinti di un verde pastello. La maggior parte, però, sono ben rifinite e talmente ben mimetizzate che talvolta si faticano a riconoscere, se non fosse per i giardini fioriti di bouganville e oleandri. Quelle più vicine al mare hanno tappeti di piante succulente che dai terrazzi panoramici scendono fino alla scogliera.
Le case tradizionali di Kea hanno i tetti spioventi di tegole rosse ma quelle moderne sulla costa sembrano voler riprendere lo stile cicladico delle altre isole ed al tempo stesso mantenere una propria diversità: sono infatti costitutite da tanti cubi affiancati a diverse altezze, ma quasi nessuna casa qui è bianca e le finestre non sono dipinte di blu, ma di colori diversi sempre molto vivaci. Quasi tutte, poi, sono rivestite con la pietra locale, specie nei piani bassi, nei terrazzi ed in altri elementi architettonici comuni. Sono la nota caratteristica di Kea, l'isola più vicina all'Attica e frequentata dai greci della terraferma, che qui hanno costruito la seconda casa per le vacanze. Mauro non sembra apprezzarle molto, infastidito dalle opere incompiute, forse conseguenza della crisi economica. Gli faccio notare, però, che sono tutte simili, basse e distanziate le une dalle altre, sparpagliate sui punti strategici così da godere delle bellezze del paesaggio e da raggiungere facilmente il mare, anche scendendo lunghissime e ripidissime scalinate intagliate nella roccia. Non troviamo un accordo soddisfacente e rimaniamo di due idee diverse.
La costa è molto frastagliata, dietro ogni capo si nasconde una baia, al fondo della quale si apre una spiaggia di sabbia, quasi sempre isolata e deserta, come quella su cui abbiamo passato la notte scorsa (abbiamo aggiunto un post-scriptum ed un paio di foto alla tappa di ieri!)
Quando raggiungiamo la baia di Aghios Nikolaos, quella che ospita il porto dell'isola, io rimango affascinata dal panorama, con la successione di promontori bassi e morbidi, come tanti piccoli panettoni dorati su cui il sole ed il vento non hanno fatto crescere neanche un albero. Il faro è affiancato da una cappella bianca ed insieme si stagliano all'ingresso della baia, così protetta da sembrare quasi un bacino artificiale. E' una festa di linee curve e scogliere levigate e rocce verdi e rosse che si susseguono dentro e fuori le anse della costa - e che se ci fosse il mio fratellino geologo e kayaker saprebbe spiegarci perché hanno queste forme e questi colori tanto particolari... Chiamo Mauro per farlo partecipare allo spettacolo e lui, ferreo, mi fa: "Mbè, tutte le isole sono così!". Mi chiedo cosa lo porto in viaggio a fare, 'sto personaggio qua!
Il porto di Livadhi non è il capoluogo dell'isola di Kea.
Come in quasi tutte le Isole Cicladi, le scorribande dei pirati hanno costretto nei secoli passati la popolazione locale, pur numerosa e facoltosa, grazie ai frequenti e favorevoli scambi commerciali tra Oriente ed Occidente, a rifugiarsi sulle alture più interne e a costruire delle vere e proprie città fortificate nell'entroterra. Le Chora spiccano dall'alto sul mare, ma la Chora di Kea dal mare è invisibile. Le Chora portano tutte i segni delle dominazioni successive e Ioulidha, la Chora di Kea, vanta un leone veneziano scolpito nel marmo, lungo 6 metri ed alto 3, con il bel muso largo come quello di un gatto sornione. Si trova poco fuori dal centro abitato, un dedalo di viuzze strette e vicoli in salita, che si sviluppa sul bordo di un anfiteatro naturale tra le colline ricoperte di frutteti ed uliveti. Le guide turistiche consigliano tutte una visita al Museo Archeologico, per ammirare le statuine in terracotta, raffiguranti figure femminili stilizzate e formose, rinvenute in un insediamento dell'Età del Bronzo scoperto proprio sul versante settentrionale della baia del porto.
E niente, non vediamo niente.
Gli autobus che salgono da Livadhi a Ioulidha ci sono soltanto nel periodo estivo, dal 6 luglio al 25 settembre, e noi siamo arrivati troppo presto! Una corsa in taxi costa 16 euro andata e ritorno. Quando lo propongo a Mauro, lui mi risponde impassibile: "Preferisco bermeli tutti in birra".
Così finiamo a pranzo in una taverna del porto. Non una qualsiasi, ma la più bella di tutte: era un antico magazzino del vino e per qualche tempo è stato anche un cinema all'aperto e all'ingresso fa ancora bella mostra di sé un gigantesco proiettore nero, in stile "Vecchio Cinema Paradiso".
Il cameriere ci parla in italiano, ci dice che la nazionale di calcio ha battuto la Spagna nei campionati europei e ci consiglia i piatti del giorno, melanzane ripiene e pomodori e peperoni al riso con contorno di patate al forno. Ordiniamo e mangiamo tutto.
Ripartiamo un po' brilli, perché a fine pasto ci viene offerto un liquore dolce di cui non ricordiamo più il nome ma di cui abbiamo volentieri fatto il bis. IL Meltemi si è affacciato nella baia e ci accompagna fino alla tappa successiva, la cala tondeggiante di Odzias, dove ci fermiamo per una birra, quella tanto sospirata da Mauro. Qui si vedono finalmente degli alberi, si riconoscono gli uliveti sui terrazzamenti che segnano i versanti delle colline e si capisce perché l'isola è tanto famosa per le passeggiate nei boschi di mandorli e querce. La birra scende che è una meraviglia: salutiamo le due coppie di inglesi che sono venute a chiederci se navigare in kayak nell'Egeo non è troppo pericoloso, e ci rimettiamo al comando delle nostre piccole imbarcazioni.
Il versante nord-orientale dell'isola è completamente diverso, con alte scogliere che precipitano in mare, alcuni scogli isolati e qualche grotta poco interessante. La cosa interessante, invece, è che in molti tratti la costa è franata in mare, ma in blocchi massicci che hanno occupato le gole profonde come fossero tanti dadi gettati alla rinfusa.
Sui capi più pronunciati ci attende una lavatrice impostata sul programma delicati, con ondicelle di 30 centimetri, giuste giuste per tenerci svegli. All'orizzonte si profila un fronte nuvoloso che speriamo non ci segua... ma le nostre speranze vengono presto deluse.
Sbarchiamo nella bella baia di Spathi giusto in tempo per ammirare lo spettacolo terrificante di un temporale estivo come pochi.
Prima nuvoloni neri si accalcano ad oscurare l'orizzonte, poi dalle colline retrostanti salgono ad una velocità impressionante nuvole bianche che si tingono di rosso quando cominciano ad arrivare i primi lampi. I tuoni impiegano qualche secondo per farsi sentire ma la tempesta perfetta non tarda ad abbattersi sulla nostra baietta. E' tutto un sollevarsi di polveroni dallo sterrato che corre dietro la spiaggia, un turbinio di foglie e rami secchi ed uno svolazzare di cuscini dai vari lettini sistemati accanto agli ombrelloni... Uno degli ombrellone viene persino sollevato e scaraventato sulla battigia.
Gli ombrelloni greci non sono ombrelloni normali: non sono quelli classici in tela colorata che usiamo in Italia, ma hanno tutt'altra struttura. Sono costruiti in legno, ferro e paglia. Il palo centrale è grande come un palo della luce, la struttura in ferro è molto pesante ed il cappello in paglia è tenuto insieme da una fitta rete di tondini di ferro saldati, che di certo appesantisce il tutto. Insomma, quello greco è un ombrellone-mamozzio e per resistere al Meltemi è fissato a terra con una basamento di cemento... Non lo smuove neanche Maciste. La tempesta perfetta invece l'ha sradicato!
Rincuorati dall'arrivo in rada di due pescherecci, e poco prima che si scateni il putiferio, ci mettiamo di buona lena a costruire la nostra casetta, scegliendo il riparo provvidenziale offerto da una tamerice. Siamo preoccupati, più che impauriti: del resto, questo è il viaggio di pensionamento anche per la nostra tendina, regalo del mio fratellino per i miei 18 anni. Non è detto che possa sopportare a lungo le raffiche che piegano i paletti fino a terra. Né che il telo esterno possa reggere le secchiate d'acqua che in poco tempo si rovesciano sulla spiaggia. Non è neanche detto che funzioni il sistema che abbiamo appena inventato, di legare la base della tenda ai rami più bassi della tamerice con quel filo rosso di polipropilene che ho fortunatamente recuperato in mare proprio prima di Akrotiri Perlevos, il capo più settentrionale di Kea. Quella che si abbatte sull'isola stasera sembra davvero la tempesta perfetta.
E dire che il sito di previsioni meteorologiche che consultiamo quotidianamente dava da diversi giorni un avviso di tempesta con probabilità del 60%. Ieri era sceso al 40% e oggi, invece, la probabilità era pari a zero! Ma la tempesta perfetta è arrivata lo stesso!
Abbiamo fatto appena in tempo a infilare in tenda tutto l'occorrente per la notte, materassini, cuscini e sacchi a pelo, pigiama, vestiti di ricambio e il kit superstite di Mauro per l'igiene personale, qualche bottiglia d'acqua per zavorrare il tutto e... poche provviste. Non potendo accendere il fornello da campo dentro la tenda, proprio nell'occhio della tempesta perfetta, ci ritroviamo a mangiare pane ed acqua e qualche manciata di frutta secca, con una mano sul cibo e l'altra a trattenere i paletti!
Teniamo l'orecchio teso allo sviluppo della tempesta, sbirciamo fuori per capire se i due pescherecci sono ancora all'ancora nella baia, ascoltiamo il belato terrorizzato delle pecore nell'ovile poco lontano e il raglio dell'asino che così cerca forse di sentirsi meno solo. Nella notte appena iniziata non brilla neanche una stella, ma in compenso il cielo è squarciato da saette che scendono fino al mare. Adesso il rumore dei lampi è ravvicinato, alcuni sono così forti e vicini da illuminare a giorno tutta la cala, e la luce delle saette si vede perfino da sotto il doppio telo della nostra povera tendina. Ci affacciamo ancora un paio di volte, finché non è finito anche il pane e finché il temporale non si decide a trasferirsi sull'isola di fronte, forse Kithnos o forse Giaros...
Neanche a dirlo, ci addormentiamo in un secondo.
Mercoledì 29 giugno 2016 - 6° giorno di viaggio
Ormos Spathi - Platis Ghialos, Kea (23 km)
Vento NE 13-18 nodi (F4-5) - Mare mosso con onda fino a 1,5 metri - Temperatura 27°C
Il risveglio è ancora più lento del solito.
Dobbiamo lavare il telo esterno della tenda, diventato da blu e verde che era di un intenso grigio scuro per il terriccio e per la polvere. Dobbiamo asciugare il telo interno, ancora zuppo della pioggia notturna. E dobbiamo riporre ogni cosa nei gavoni.
Ma questa parte del lavoro non ci dispiace affatto, anzi ci diverte, perché ogni mattina cambiano gli spazi interni, anche se di poco, ed il gioco di incastri è sempre diverso.
Partiamo che è quasi mezzogiorno, ma decidiamo subito di andare direttamente alla baia di Poles, che ospita il sito archeologico più importante dell'isola. Non abbiamo visto la Chora ed il Museo Archeologico di Ioulidha, ma almeno riusciamo a visitare i templi di Apollo e di Atena, che sono proprio a due passi dal mare. Si tratta del sito originario di una delle quattro città-stato di Kea, abitata tra il V sec. A.C ed il VII sec. D.C. da 1500 persone (oggigiorno tutta l'isola ne conta circa 2000), come è ben spiegato sui pannelli esplicativi installati tra il 2008 ed il 2013 con un finanziamento della Comunità Europea. Le colonne del tempio di Atena, più piccolo ma più elevato, sono state parzialmente ricostruite per rendere l'idea della grandiosità del luogo. Girovaghiamo a lungo tra le antiche rovine, rimaste sepolte per secoli e riscoperte soltanto ai primi del Novecento dagli archeologi francesi. Gli scavi sono ancora in corso, affidati ora al Centro nazionale di ricerca e conservazione dell'Università di Atene e molti reperti sono allineati in perfetto ordine tra i massi megalitici che circondano l'antica polis greca. Gli spazi sono immensi, gli ingressi sempre aperti e liberi e non si vede l'ombra di un custode.
La visita ci ha davvero entusiasmato, persino Mauro ne è rimasto colpito, e ne parliamo a lungo...
Sulla spiaggia, proprio di fronte ai nostri due Voyager, c'è una struttura in legno che da lontano fatichiamo un poco a comprendere, ma che da vicino si mostra in tutto il suo splendore: una libreria da spiaggia, con tanto di reparto di libri e di giochi per bambini. Il risultato delle ultime attività creative è ancora perfettamente visibile tra le pietre piatte e levigate della spiaggia, dove spiccano decine di disegni a colori vivaci realizzati da manine infantili, proprio su quei sassi tondi che vorrei raccogliere e portare a casa. Il carico già eccessivo dei nostri kayak me lo impedisce. Per la stessa ragione devo lasciare a terra anche i 5 galleggianti e i diecimila sassolini che ho trovato lungo il cammino dai kayak alle rovine...
Quando riprendiamo il mare, il Meltemi decide di farci visita e di imbiancare il mare. Ecco i venti nodi annunciati da nord-est.
Ci spingono ben bene fino al capo meridionale dell'isola ma ci tengono impegnati per oltre un'ora: le onde alte più di un metro, spesso frangenti e che talvolta cercano di azzannare la mia girandolina fissata a poppa, sono molto irregolari, non solo perché a tratti gonfiate dalle raffiche del Meltemi ma anche perché spesso rimescolate sia dalle onde dei traghetti sia da quelle riflesse dalla costa rocciosa ed irregolare. Navighiamo per oltre 10 chilometri in un vero guazzabuglio.
La corrente che ieri vedevamo su ogni capo, ed i cui vortici riconoscevamo chiaramente nell'acqua calma, oggi la sentiamo ribollire sotto le chiglie dei nostri kayak, perché non appena ci avviciniamo ad una punta fatichiamo ad avanzare per il primo tratto, ma poi veniamo sparati fuori come noccioli di olive.
Secondo voi siamo riusciti a scattare qualche foto? Manco una!
E così per tutto il versante sud-orientale dell'isola, fino al promontorio di Vroulia, diverso da tutti gli altri, con i suoi picchi di pietra chiara lavorati in maniera molto irregolare e spigolosa.
Poco dopo appare il faro di Akrotiri Tamelos e tutto si placa.
Scegliamo di sbarcare in una piccola caletta di ciottoli bianchi ai piedi di aspre colline frequentate solo da capre e pecore, con qualche ovile ed un vecchio braccio meccanico ormai arrugginito e in disuso. Vogliamo capire se può andare bene per dormirci anche domani notte, prima della traversata su Kithnos, la nostra prossima meta. Prima ancora, però, dobbiamo completare il periplo di Kea, tornando verso nord fino alla baia di Pises in cui siamo sbarcati appena due giorni fa.
Questa sul capo meridionale dell'isola, invece, è la spiaggia dei millepiedi, dei ragni e dei grilli super-giganti. Si assiepano tutti sotto il masso su cui sono appollaiata col computer sulle ginocchia, come se non aspettassero altro che assaltarmi per spolparmi viva. Non vedo l'ora di chiudermi in tenda, sigillata dentro per evitare ogni loro possibile incursione notturna, anche perché Mauro, invece di intervenire per proteggermi a spada tratta da questi orribili mostri notturni, non fa altro che ridere a crepapelle e prendermi in giro per le mie fisime...
In pochi giorni di viaggio abbiamo vissuto così tante emozioni che per domani ne vorremmo chiedere una soltanto: trovare una taverna.
Sappiamo accontentarci, noi.
Ormos Xila - Ormos Spathi, Kea (25 km)
Vento NE 9-10 nodi (F3) - Mare poco mosso con onda di 0,5 metri - Temperatura 27°C
Il risveglio è lento come piace a noi.
Ci alziamo solo quando il sole si affaccia da dietro le colline ed infuoca la tenda fino al punto che dobbiamo per forza saltar fuori.
La prima parte della giornata scorre via veloce, con una pagaiata fino al porto principale di Kea, ricavato in una bella baia a forma di tridente tozzo e cicciotto sulla cui ansa meridionale si apre la cittadina di Livadhi.
Il versante nord-occidentale dell'isola è molto particolare, con un profilo basso di colline tondeggianti e levigate dal Meltemi, quasi del tutto prive di vegetazione se si escludono i bassi cespugli rinsecchiti della macchia mediterranea. Su ogni cucuzzolo sta appollaiata una villetta. Alcune non sono ancora terminate, altre hanno solo gli scheletri stranamente dipinti di un verde pastello. La maggior parte, però, sono ben rifinite e talmente ben mimetizzate che talvolta si faticano a riconoscere, se non fosse per i giardini fioriti di bouganville e oleandri. Quelle più vicine al mare hanno tappeti di piante succulente che dai terrazzi panoramici scendono fino alla scogliera.
Le case tradizionali di Kea hanno i tetti spioventi di tegole rosse ma quelle moderne sulla costa sembrano voler riprendere lo stile cicladico delle altre isole ed al tempo stesso mantenere una propria diversità: sono infatti costitutite da tanti cubi affiancati a diverse altezze, ma quasi nessuna casa qui è bianca e le finestre non sono dipinte di blu, ma di colori diversi sempre molto vivaci. Quasi tutte, poi, sono rivestite con la pietra locale, specie nei piani bassi, nei terrazzi ed in altri elementi architettonici comuni. Sono la nota caratteristica di Kea, l'isola più vicina all'Attica e frequentata dai greci della terraferma, che qui hanno costruito la seconda casa per le vacanze. Mauro non sembra apprezzarle molto, infastidito dalle opere incompiute, forse conseguenza della crisi economica. Gli faccio notare, però, che sono tutte simili, basse e distanziate le une dalle altre, sparpagliate sui punti strategici così da godere delle bellezze del paesaggio e da raggiungere facilmente il mare, anche scendendo lunghissime e ripidissime scalinate intagliate nella roccia. Non troviamo un accordo soddisfacente e rimaniamo di due idee diverse.
La costa è molto frastagliata, dietro ogni capo si nasconde una baia, al fondo della quale si apre una spiaggia di sabbia, quasi sempre isolata e deserta, come quella su cui abbiamo passato la notte scorsa (abbiamo aggiunto un post-scriptum ed un paio di foto alla tappa di ieri!)
Quando raggiungiamo la baia di Aghios Nikolaos, quella che ospita il porto dell'isola, io rimango affascinata dal panorama, con la successione di promontori bassi e morbidi, come tanti piccoli panettoni dorati su cui il sole ed il vento non hanno fatto crescere neanche un albero. Il faro è affiancato da una cappella bianca ed insieme si stagliano all'ingresso della baia, così protetta da sembrare quasi un bacino artificiale. E' una festa di linee curve e scogliere levigate e rocce verdi e rosse che si susseguono dentro e fuori le anse della costa - e che se ci fosse il mio fratellino geologo e kayaker saprebbe spiegarci perché hanno queste forme e questi colori tanto particolari... Chiamo Mauro per farlo partecipare allo spettacolo e lui, ferreo, mi fa: "Mbè, tutte le isole sono così!". Mi chiedo cosa lo porto in viaggio a fare, 'sto personaggio qua!
Il porto di Livadhi non è il capoluogo dell'isola di Kea.
Come in quasi tutte le Isole Cicladi, le scorribande dei pirati hanno costretto nei secoli passati la popolazione locale, pur numerosa e facoltosa, grazie ai frequenti e favorevoli scambi commerciali tra Oriente ed Occidente, a rifugiarsi sulle alture più interne e a costruire delle vere e proprie città fortificate nell'entroterra. Le Chora spiccano dall'alto sul mare, ma la Chora di Kea dal mare è invisibile. Le Chora portano tutte i segni delle dominazioni successive e Ioulidha, la Chora di Kea, vanta un leone veneziano scolpito nel marmo, lungo 6 metri ed alto 3, con il bel muso largo come quello di un gatto sornione. Si trova poco fuori dal centro abitato, un dedalo di viuzze strette e vicoli in salita, che si sviluppa sul bordo di un anfiteatro naturale tra le colline ricoperte di frutteti ed uliveti. Le guide turistiche consigliano tutte una visita al Museo Archeologico, per ammirare le statuine in terracotta, raffiguranti figure femminili stilizzate e formose, rinvenute in un insediamento dell'Età del Bronzo scoperto proprio sul versante settentrionale della baia del porto.
E niente, non vediamo niente.
Gli autobus che salgono da Livadhi a Ioulidha ci sono soltanto nel periodo estivo, dal 6 luglio al 25 settembre, e noi siamo arrivati troppo presto! Una corsa in taxi costa 16 euro andata e ritorno. Quando lo propongo a Mauro, lui mi risponde impassibile: "Preferisco bermeli tutti in birra".
Così finiamo a pranzo in una taverna del porto. Non una qualsiasi, ma la più bella di tutte: era un antico magazzino del vino e per qualche tempo è stato anche un cinema all'aperto e all'ingresso fa ancora bella mostra di sé un gigantesco proiettore nero, in stile "Vecchio Cinema Paradiso".
Il cameriere ci parla in italiano, ci dice che la nazionale di calcio ha battuto la Spagna nei campionati europei e ci consiglia i piatti del giorno, melanzane ripiene e pomodori e peperoni al riso con contorno di patate al forno. Ordiniamo e mangiamo tutto.
Ripartiamo un po' brilli, perché a fine pasto ci viene offerto un liquore dolce di cui non ricordiamo più il nome ma di cui abbiamo volentieri fatto il bis. IL Meltemi si è affacciato nella baia e ci accompagna fino alla tappa successiva, la cala tondeggiante di Odzias, dove ci fermiamo per una birra, quella tanto sospirata da Mauro. Qui si vedono finalmente degli alberi, si riconoscono gli uliveti sui terrazzamenti che segnano i versanti delle colline e si capisce perché l'isola è tanto famosa per le passeggiate nei boschi di mandorli e querce. La birra scende che è una meraviglia: salutiamo le due coppie di inglesi che sono venute a chiederci se navigare in kayak nell'Egeo non è troppo pericoloso, e ci rimettiamo al comando delle nostre piccole imbarcazioni.
Il versante nord-orientale dell'isola è completamente diverso, con alte scogliere che precipitano in mare, alcuni scogli isolati e qualche grotta poco interessante. La cosa interessante, invece, è che in molti tratti la costa è franata in mare, ma in blocchi massicci che hanno occupato le gole profonde come fossero tanti dadi gettati alla rinfusa.
Sui capi più pronunciati ci attende una lavatrice impostata sul programma delicati, con ondicelle di 30 centimetri, giuste giuste per tenerci svegli. All'orizzonte si profila un fronte nuvoloso che speriamo non ci segua... ma le nostre speranze vengono presto deluse.
Sbarchiamo nella bella baia di Spathi giusto in tempo per ammirare lo spettacolo terrificante di un temporale estivo come pochi.
Prima nuvoloni neri si accalcano ad oscurare l'orizzonte, poi dalle colline retrostanti salgono ad una velocità impressionante nuvole bianche che si tingono di rosso quando cominciano ad arrivare i primi lampi. I tuoni impiegano qualche secondo per farsi sentire ma la tempesta perfetta non tarda ad abbattersi sulla nostra baietta. E' tutto un sollevarsi di polveroni dallo sterrato che corre dietro la spiaggia, un turbinio di foglie e rami secchi ed uno svolazzare di cuscini dai vari lettini sistemati accanto agli ombrelloni... Uno degli ombrellone viene persino sollevato e scaraventato sulla battigia.
Gli ombrelloni greci non sono ombrelloni normali: non sono quelli classici in tela colorata che usiamo in Italia, ma hanno tutt'altra struttura. Sono costruiti in legno, ferro e paglia. Il palo centrale è grande come un palo della luce, la struttura in ferro è molto pesante ed il cappello in paglia è tenuto insieme da una fitta rete di tondini di ferro saldati, che di certo appesantisce il tutto. Insomma, quello greco è un ombrellone-mamozzio e per resistere al Meltemi è fissato a terra con una basamento di cemento... Non lo smuove neanche Maciste. La tempesta perfetta invece l'ha sradicato!
Rincuorati dall'arrivo in rada di due pescherecci, e poco prima che si scateni il putiferio, ci mettiamo di buona lena a costruire la nostra casetta, scegliendo il riparo provvidenziale offerto da una tamerice. Siamo preoccupati, più che impauriti: del resto, questo è il viaggio di pensionamento anche per la nostra tendina, regalo del mio fratellino per i miei 18 anni. Non è detto che possa sopportare a lungo le raffiche che piegano i paletti fino a terra. Né che il telo esterno possa reggere le secchiate d'acqua che in poco tempo si rovesciano sulla spiaggia. Non è neanche detto che funzioni il sistema che abbiamo appena inventato, di legare la base della tenda ai rami più bassi della tamerice con quel filo rosso di polipropilene che ho fortunatamente recuperato in mare proprio prima di Akrotiri Perlevos, il capo più settentrionale di Kea. Quella che si abbatte sull'isola stasera sembra davvero la tempesta perfetta.
E dire che il sito di previsioni meteorologiche che consultiamo quotidianamente dava da diversi giorni un avviso di tempesta con probabilità del 60%. Ieri era sceso al 40% e oggi, invece, la probabilità era pari a zero! Ma la tempesta perfetta è arrivata lo stesso!
Abbiamo fatto appena in tempo a infilare in tenda tutto l'occorrente per la notte, materassini, cuscini e sacchi a pelo, pigiama, vestiti di ricambio e il kit superstite di Mauro per l'igiene personale, qualche bottiglia d'acqua per zavorrare il tutto e... poche provviste. Non potendo accendere il fornello da campo dentro la tenda, proprio nell'occhio della tempesta perfetta, ci ritroviamo a mangiare pane ed acqua e qualche manciata di frutta secca, con una mano sul cibo e l'altra a trattenere i paletti!
Teniamo l'orecchio teso allo sviluppo della tempesta, sbirciamo fuori per capire se i due pescherecci sono ancora all'ancora nella baia, ascoltiamo il belato terrorizzato delle pecore nell'ovile poco lontano e il raglio dell'asino che così cerca forse di sentirsi meno solo. Nella notte appena iniziata non brilla neanche una stella, ma in compenso il cielo è squarciato da saette che scendono fino al mare. Adesso il rumore dei lampi è ravvicinato, alcuni sono così forti e vicini da illuminare a giorno tutta la cala, e la luce delle saette si vede perfino da sotto il doppio telo della nostra povera tendina. Ci affacciamo ancora un paio di volte, finché non è finito anche il pane e finché il temporale non si decide a trasferirsi sull'isola di fronte, forse Kithnos o forse Giaros...
Neanche a dirlo, ci addormentiamo in un secondo.
Il risveglio lento a Ormos Xila |
L'ingresso nel porto di Livadhi |
Il faro con cappella di Akrotiri Aghios Nikolaos |
Lungo il versante nord-occidentale dell'isola di Kea |
Sculture rocciose oltre la Baia di Odzias |
Le frane sulla costa settentrionale di Kea |
L'ingresso alla baia di Ormos Spathi |
Preludio alla tempesta |
La quiete dopo la tempesta |
Il trofeo della tempesta |
Pronti a ripartire |
C'è un albero di fico selvatico cresciuto nella grotta! |
Il dirupato versante nord-orientale dell'isola |
L'arrivo a Ormos Poles |
La visita agli scavi archeologici |
Presenze mitologiche! |
La libreria da spiaggia a Poles! |
La lavatrice ancora impostata sui delicati... |
Il faro di Akrotiri Tamelos |
Visita di cortesia |
Il cuoco dell'hotel |
Totem propiziatorio |
Mercoledì 29 giugno 2016 - 6° giorno di viaggio
Ormos Spathi - Platis Ghialos, Kea (23 km)
Vento NE 13-18 nodi (F4-5) - Mare mosso con onda fino a 1,5 metri - Temperatura 27°C
Il risveglio è ancora più lento del solito.
Dobbiamo lavare il telo esterno della tenda, diventato da blu e verde che era di un intenso grigio scuro per il terriccio e per la polvere. Dobbiamo asciugare il telo interno, ancora zuppo della pioggia notturna. E dobbiamo riporre ogni cosa nei gavoni.
Ma questa parte del lavoro non ci dispiace affatto, anzi ci diverte, perché ogni mattina cambiano gli spazi interni, anche se di poco, ed il gioco di incastri è sempre diverso.
Partiamo che è quasi mezzogiorno, ma decidiamo subito di andare direttamente alla baia di Poles, che ospita il sito archeologico più importante dell'isola. Non abbiamo visto la Chora ed il Museo Archeologico di Ioulidha, ma almeno riusciamo a visitare i templi di Apollo e di Atena, che sono proprio a due passi dal mare. Si tratta del sito originario di una delle quattro città-stato di Kea, abitata tra il V sec. A.C ed il VII sec. D.C. da 1500 persone (oggigiorno tutta l'isola ne conta circa 2000), come è ben spiegato sui pannelli esplicativi installati tra il 2008 ed il 2013 con un finanziamento della Comunità Europea. Le colonne del tempio di Atena, più piccolo ma più elevato, sono state parzialmente ricostruite per rendere l'idea della grandiosità del luogo. Girovaghiamo a lungo tra le antiche rovine, rimaste sepolte per secoli e riscoperte soltanto ai primi del Novecento dagli archeologi francesi. Gli scavi sono ancora in corso, affidati ora al Centro nazionale di ricerca e conservazione dell'Università di Atene e molti reperti sono allineati in perfetto ordine tra i massi megalitici che circondano l'antica polis greca. Gli spazi sono immensi, gli ingressi sempre aperti e liberi e non si vede l'ombra di un custode.
La visita ci ha davvero entusiasmato, persino Mauro ne è rimasto colpito, e ne parliamo a lungo...
Sulla spiaggia, proprio di fronte ai nostri due Voyager, c'è una struttura in legno che da lontano fatichiamo un poco a comprendere, ma che da vicino si mostra in tutto il suo splendore: una libreria da spiaggia, con tanto di reparto di libri e di giochi per bambini. Il risultato delle ultime attività creative è ancora perfettamente visibile tra le pietre piatte e levigate della spiaggia, dove spiccano decine di disegni a colori vivaci realizzati da manine infantili, proprio su quei sassi tondi che vorrei raccogliere e portare a casa. Il carico già eccessivo dei nostri kayak me lo impedisce. Per la stessa ragione devo lasciare a terra anche i 5 galleggianti e i diecimila sassolini che ho trovato lungo il cammino dai kayak alle rovine...
Quando riprendiamo il mare, il Meltemi decide di farci visita e di imbiancare il mare. Ecco i venti nodi annunciati da nord-est.
Ci spingono ben bene fino al capo meridionale dell'isola ma ci tengono impegnati per oltre un'ora: le onde alte più di un metro, spesso frangenti e che talvolta cercano di azzannare la mia girandolina fissata a poppa, sono molto irregolari, non solo perché a tratti gonfiate dalle raffiche del Meltemi ma anche perché spesso rimescolate sia dalle onde dei traghetti sia da quelle riflesse dalla costa rocciosa ed irregolare. Navighiamo per oltre 10 chilometri in un vero guazzabuglio.
La corrente che ieri vedevamo su ogni capo, ed i cui vortici riconoscevamo chiaramente nell'acqua calma, oggi la sentiamo ribollire sotto le chiglie dei nostri kayak, perché non appena ci avviciniamo ad una punta fatichiamo ad avanzare per il primo tratto, ma poi veniamo sparati fuori come noccioli di olive.
Secondo voi siamo riusciti a scattare qualche foto? Manco una!
E così per tutto il versante sud-orientale dell'isola, fino al promontorio di Vroulia, diverso da tutti gli altri, con i suoi picchi di pietra chiara lavorati in maniera molto irregolare e spigolosa.
Poco dopo appare il faro di Akrotiri Tamelos e tutto si placa.
Scegliamo di sbarcare in una piccola caletta di ciottoli bianchi ai piedi di aspre colline frequentate solo da capre e pecore, con qualche ovile ed un vecchio braccio meccanico ormai arrugginito e in disuso. Vogliamo capire se può andare bene per dormirci anche domani notte, prima della traversata su Kithnos, la nostra prossima meta. Prima ancora, però, dobbiamo completare il periplo di Kea, tornando verso nord fino alla baia di Pises in cui siamo sbarcati appena due giorni fa.
Questa sul capo meridionale dell'isola, invece, è la spiaggia dei millepiedi, dei ragni e dei grilli super-giganti. Si assiepano tutti sotto il masso su cui sono appollaiata col computer sulle ginocchia, come se non aspettassero altro che assaltarmi per spolparmi viva. Non vedo l'ora di chiudermi in tenda, sigillata dentro per evitare ogni loro possibile incursione notturna, anche perché Mauro, invece di intervenire per proteggermi a spada tratta da questi orribili mostri notturni, non fa altro che ridere a crepapelle e prendermi in giro per le mie fisime...
In pochi giorni di viaggio abbiamo vissuto così tante emozioni che per domani ne vorremmo chiedere una soltanto: trovare una taverna.
Sappiamo accontentarci, noi.
mercoledì 29 giugno 2016
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Doppia traversata su Makronissos e Kea
Domenica 26 giugno 2016 - 3° giorno di viaggio
Akrotiri Sounion, Attica - Ormos Angalistros, Makronissos (11 km)
Vento NE 17-26 nodi (F5-6) - Mare mosso con onda da 0,9 metri - Temperatura 27°C
Avremmo forse dovuto rendere omaggio a Poseidone salendo fino su al tempio: il Dio del Mare non sembra aver gradito il nostro pur partecipato saluto dal kayak, perchè la prevista giornata di bonaccia è arrivata con una giornata di ritardo.
La traversata su Kea, quindi, si è trasformata in una doppia traversata con tappa forzata su Makronissos, l'isola intermedia, disabitata e brulla e su cui Stavros ci aveva vivamente sconsigliato di sbarcare: "C'era un carcere, un tempo, e adesso l'isola emana un'energia negativa", ci aveva detto convinto, mentre al ricordo gli tornava la pelle d'oca.
Noi facciamo di necessità virtù e per una notte conviviamo coi fantasmi di Makronissos. Complici una serie di eventi che hanno reso la giornata interessante ed impegnativa.
Ci siamo più volte svegliati nel cuore delle notte: per la prima volta abbiamo sentito freddo e ci siamo dovuti avvolgere nei sacchi a pelo, persino l'uomo di Ferro che di solito è molto meno freddoloso di me. Per riprendere sonno, ci siamo lasciati ammaliare dalla costellazione privata delle lucine in testa d'albero delle oltre trenta barche a vela alla fonda proprio davanti alla nostra tenda. Il risveglio definitivo è stato meno dolce del solito perché, per timore di "disturbare" gli ospiti del vicino resort, abbiamo puntato la sveglia alle 7 e abbiamo fatto sparire la tenda in meno di 10 minuti. Poi cincischiamo parecchio, come dice Mauro: colazione piena di comfort, accoccolati sui tronchetti levigati e sistemati all'ombra di un ginepro profumato, poco più in alto dei nostri Voyager, sempre di fronte al mare. Sul più bello, fa capolino una coppia di pennuti mai visti prima, una sorta di faraona cicciona con la maschera da bandito sugli occhi, rossa e nera fin dietro al collo, e col piumaggio sempre arruffato di un bel color caffellatte. Scattiamo un paio di foto ma, benché non sembri intimorita dalla nostra presenza, la coppia si dilegua in un baleno tra gli arbusti e corre via sulla scogliera, tanto che Mauro battezza la nuova razza come "Uccello-capra".
Poi anche lui si mette in marcia, ma in direzione contraria, per andare alla ricerca di acqua potabile. Io allora mi "regalo" una pratica yoga rivolta verso le rovine del tempio.
Quando ci stiamo preparando per partire, si stappa inopinatamente una bottiglia d'acqua nel gavone di poppa: devo tirar fuori tutto un'altra volta, asciugare e poi riporre ogni cosa al suo posto. Gli asciugatori che infiliamo sempre sul fondo dei gavoni assolvono egregiamente il loro compito ed assorbono la poca acqua fuoriuscita dalla bottiglia. E' l'ennesima occasione per risistemare il carico, che ora, dopo svariati tentativi, dovrebbe avere trovato la sua collocazione definitiva!
Nel mentre, si avvicina una coppia di giovani greci con un cane iperattivo che non la smette più di correre e nuotare e saltellare intorno ai kayak, senza mai alzare un granello di polvere: ci diventa subito simpatico, e ancor di più i suoi padroni che, con totale nonchalance, si rollano una canna e riempiono l'aria di aromi inebrianti.
Partiamo alle 11, allegri e sorridenti!
Qui nell'Egeo il Meltemi non ti concede il tempo di abituarti pian piano alle sue intemperanze: devi essere preparato sin dal primo giorno ad affrontare raffiche di 30 nodi su ogni capo. E pensare che noi volevamo iniziare gradualmente e, come per ogni altro viaggio, abituarci un po' alla volta a gestire il kayak nel mare mosso!
Oltre Capo Sounion, sul quale svettano le colonne di marmo del tempio di Poseidone, il mare ed il vento si fanno sentire subito. E da subito capiamo che le previsioni meteo anche per oggi sono sottostimate.
Mauro pagaia con la sua solita confidenza, come se non avesse mai smesso di navigare contro vento: il suo stile elegante non sembra mai subire nessuna variazione, neanche quando il Meltemi alza la voce. Io, invece, mi sento tornata una principiante: mi preoccupa tutto, il mare, il vento, la pagaia, la barca, il carico... Il Voyager è un kayak da navigazione, chiede mare e vento, chiede di scivolare veloce sulle onde, chiede di andare. Ma io lo tengo a freno, almeno per la prima mezz'oretta di traversata, quando ancora non è chiara la piega che prenderà questa giornata. Poi Mauro si avvicina, mi parla del più e del meno, della rotta tracciata sul GPS, della direzione da tenere, della foschia che rende tutto più distante ed indefinito, delle nuvole che coprono il cielo e rinfrescano l'aria, delle porta-container che passano al largo... Insomma, mi riporta coi piedi per terra, anzi in kayak, e mi invita a godere del "qui ed ora". Accetto il suggerimento e mi metto d'impegno a leggere il mare.
E proprio in quel preciso istante, quando entrambi volgiamo lo sguardo all'orizzonte, un esemplare mastodontico di Caretta caretta incrocia le nostre prue a pochi metri di distanza, nuota indifferente tra le onde e tira fuori la testa in maniera indolente almeno 3-4 volte. Non riusciamo a scattarle neanche una fotografia, impegnati come siamo a gestire il kayak nel vento. Quando si inabissa, decidiamo di portarci più al centro del canale che separa la terraferma dall'isola di Makronissos.
Devono esserci correnti di superficie non irrilevanti, anche se il portolano non ne fa menzione: noi stimiamo che siano almeno di 1,5-2 nodi, sia perché dobbiamo correggere di oltre 30° la nostra rotta e sia perché, anche quando cala il Meltemi, la nostra andatura di crociera rimane fissa ad appena 1-1,5 nodi, tanto che per coprire l'esigua distanza di 10 km impieghiamo circa quattro ore!
Le traversate sono una delle tante attrattive di questo viaggio. Pagaiare in mare aperto è sempre stato uno dei nostri piaceri più grandi: quando tutto è in movimento, bisogna trovare il giusto ritmo con il mare. Si impara a leggerlo, il mare, la sua trama fitta di mistero, il preludio carico di aspettative ed il lieto fine che (quasi) sempre accompagna ogni escursione. Stavolta il mare non è così facile da leggere: non appena si capisce la direzione e la frequenza delle onde e si inizia a pagaiare e a respirare in sincrono col sali scendi dell'acqua, qualcosa interviene a modificare l'equilibrio precario su cui galleggiamo. Un motoscafo che passa poco distante scompiglia le pagine del libro e bisogna ricominciare tutto d'accapo. Quando poi si ritrova un nuovo equilibrio, ecco che il vento gira, oppure cala o rinforza, e allora anche il mare cambia il suo profilo. Si deve ripartire alla ricerca della linea d'acqua da seguire e allora sono le correnti a rimescolare tutto. Per qualche tempo dobbiamo tenere d'occhio la costa lontana, quella appena lasciata e quella ancora da raggiungere, dobbiamo aggiustare più volte la rotta per evitare di derivare troppo e guardiamo spesso GPS, bussola e orologio per cercare di uscire da quel labirinto liquido. Infine, ritrovata la direzione e superata qualche secca, è la prossimità della scogliera rocciosa a scompaginare un'altra volta il libro che con tanta attenzione stavamo leggendo: oramai, però, siamo prossimi all'arrivo, già da qualche tempo riusciamo ad intravedere l'albero di una vela in rada e le finestre delle diroccate costruzioni in pietra ancora presenti sull'isola.
Sbarcare è come sempre molto bello, sospendere la fatica delle lettura un po' meno, ma domani potremo riprendere da dove abbiamo lasciato.
Una volta a terra, un ragazzone abbronzato e palestrato, capitano del motoscafo più grande tra quelli affiancati all'unica vela, si offre subito di aiutarci ad issare i kayak sulla spiaggia ripida e ci sommerge con le solite domande di rito (da dove venite, dove andate, dove dormite, quelli sono pannelli solari?). Rispondiamo molto volentieri, stupiti sempre un po' della facilità con cui da queste parti parlano sia l'inglese che l'italiano.
Ci dedichiamo poi ad amene attività da spiaggia: un pasto da leccarsi i baffi seduti accanto ai kayak, una pennichella sugli scogli in ombra, una "lavata di capo" con lo shampoo biodegradabile (la temperatura dell'acqua sarà pure di 26°C, ma quella da noi percepita sarà si e no prossima ai 12°C!). C'è pure il tempo per una passeggiata fino alla cappella ormai pericolante e per qualche foto lungo i sentieri che serpeggiano su per le colline brulle all'intorno (e che sono battuti da pecore bianche e nere che a decine transitano avanti e indietro all'ora del tramonto).
Prima che scenda la notte, e quando ormai la baia si è svuotata di ogni imbarcazione, Mauro monta la tenda e cucina per la prima volta da quando siamo partiti: pastina con passato di zucchine, insaporito con una spolverata di santoreggia raccolta appena più in là della tenda, dove abbondano i cespugli ancora fioriti di piccoli fiorellini violacei su cui volteggiano tante farfalle dorate e maculate. Io scrivo il post fino all'ora di cena e non appena il sole tramonta dietro le rovine più alte ci infiliamo in tenda e ci prepariamo ad una notte insonne in compagnia dei fantasmi!
Lunedì 27 giugno 2016 - 4° giorno di viaggio
Ormos Angalistros, Makronissos - Ormos Xila, Kea (23 km)
Vento N 6-8 nodi (F2-3) - Mare calmo appena increspato - Temperatura 27°C
Ringraziamo i fantasmi dell'isola per aver vegliato sul nostro sonno: dormiamo 9 ore filate, senza nessuna interruzione!
Miglioriamo nettamente anche le nostre prestazioni: appena 3 ore per smontare il campo e ripartire, 3 ore di traversata, 3 ore in taverna all'arrivo a Kea e altre 3 ore per cercare e montare il campo per la sera.
La giornata di bonaccia potrebbe riassumersi così.
Ma c'è anche dell'altro: le capre scalatrici che attirano la nostra curiosità mentre facciamo colazione, il nano faro del capo meridionale di Makronissos che sembra quasi intimorito dalla vastità del mare su cui svetta, le berte maggiori che volano radenti sull'acqua quasi sfiorando i nostri kayak, i due traghetti che incrociano al largo tra le 5 porta-container, i vari motoscafi che sfrecciano in ogni direzione, compreso quello che deve avere infastidito la porta-container blu, che per ben due volte fa squillare 5 suoni di tromba (che nel linguaggio dei segnali marittimi significa letteralmente "cosa minchia stai combinando!?!")
Poi c'è anche il doversi ricordare di mettere la lingua davanti al ciuccio per evitare di strozzarsi bevendo dal camel-bag, il discutere animatamente sulla rotta da tenere perché sembra che qualcuno abbia nascosto le Isole Cicladi (la foschia è così fitta che già dal mattino non si distingue la linea dell'orizzonte tra mare e cielo), il correggere continuamente la direzione fino a quando non capiamo che la mia bussola è impazzita e segna sempre e solo 45°, anche se il GPS di Mauro riporta 105° e come prova del nove noi stiamo pagaiando esattamente sulla scia del sole, quindi verso Est (ci sarà qualcosa nel quarto gavoncino che distorce il campo magnetico rilevato dalla bussola: dovrò rimettere mano al carico per l'ennesima volta!)
C'è inoltre lo sbarco nella caletta di Ormos Pises, ai piedi di una vallata che la guida descrive come ricoperta di frutteti e che noi però fatichiamo a scorgere (come anche le rovine dell'antica città di Poieessa o la chiesetta costruita sul precedente tempio di Apollo), il pranzo nella taverna a pochi passi dai nostri due Voyager, i tre succhi di frutta alla banana che fanno coppia con le tre birre locali scolate da Mauro, la panna cotta offerta dal ristoratore quando scopre che arriviamo in kayak da Atene, un giretto alla ricerca di tabacco e frutta fresca, il market del piccolo paesino nascosto dietro le tamerici, i muretti a secco costruiti in un modo mai visto prima, con le pietre più grandi messe in verticale a creare spazi geometrici che forse servono anche per far passare vento ed acqua, chissà...
Aggiorniamo il blog comodamente seduti a tavola, in attesa che passino le ore più calde della giornata: abbiamo in programma di pagaiare alla ricerca di un'altra baia isolata e deserta, dove restare da soli - e probabilmente senza nessuna possibilità di ricezione del segnale di connessione internet, motivo per cui non è riportata la destinazione finale nella tappa odierna!
Insomma, ci attende un'altra mezza giornata di esplorazione: hella, hella!
P.S. Abbiamo pagaiato solo un'altra oretta, facendo salire a 23 i chilometri totali percorsi.
Dalla carta dell'isola sapevamo di incontrare almeno 5 spiagge di sabbia, incastonate nel fondo di baiettte ridossate, ai piedi di vallate brulle che serpeggiano tra colline altrettanto brulle. Su questo tratto dell'isola ci sono solo strade sterrate ed un paio di calette sono accessibili soltanto a piedi, scendendo lungo sentieri ben segnalati e talvolta costeggiati da questi bassi muretti a secco così caratteristici sull'isola. Kea è anche famosa per i suoi sentieri escursionistici ed il retro della nostra mappa ne riporta ben 9, sia sulla costa che nell'entroterra, con percorrenze variabili dai 45 minuti alle 3 ore e mezza.
Noi scegliamo l'ultima della 5 spiagge, quella dove non passa né lo sterrato né il sentiero.
Siamo soli. Non abbiamo molta fame, visto che abbiamo trascorso mezzo pomeriggio a gozzovigliare in taverna: così ceniamo soltanto con uno yogurt greco arricchito di miele e noci.
Il tramonto infuocato sulla dirimpettaia isola di Makronissos è reso ancor più spettacolare da alcune nuvole basse che si tingono di arancione ed amaranto. La stellata notturna è talmente ricca che trascorriamo un'ora intera a ripassare le costellazioni conosciute e a cercarne qualcuna di nuova: abbiamo montato la tenda esattamente sotto al Drago.
Akrotiri Sounion, Attica - Ormos Angalistros, Makronissos (11 km)
Vento NE 17-26 nodi (F5-6) - Mare mosso con onda da 0,9 metri - Temperatura 27°C
Avremmo forse dovuto rendere omaggio a Poseidone salendo fino su al tempio: il Dio del Mare non sembra aver gradito il nostro pur partecipato saluto dal kayak, perchè la prevista giornata di bonaccia è arrivata con una giornata di ritardo.
La traversata su Kea, quindi, si è trasformata in una doppia traversata con tappa forzata su Makronissos, l'isola intermedia, disabitata e brulla e su cui Stavros ci aveva vivamente sconsigliato di sbarcare: "C'era un carcere, un tempo, e adesso l'isola emana un'energia negativa", ci aveva detto convinto, mentre al ricordo gli tornava la pelle d'oca.
Noi facciamo di necessità virtù e per una notte conviviamo coi fantasmi di Makronissos. Complici una serie di eventi che hanno reso la giornata interessante ed impegnativa.
Ci siamo più volte svegliati nel cuore delle notte: per la prima volta abbiamo sentito freddo e ci siamo dovuti avvolgere nei sacchi a pelo, persino l'uomo di Ferro che di solito è molto meno freddoloso di me. Per riprendere sonno, ci siamo lasciati ammaliare dalla costellazione privata delle lucine in testa d'albero delle oltre trenta barche a vela alla fonda proprio davanti alla nostra tenda. Il risveglio definitivo è stato meno dolce del solito perché, per timore di "disturbare" gli ospiti del vicino resort, abbiamo puntato la sveglia alle 7 e abbiamo fatto sparire la tenda in meno di 10 minuti. Poi cincischiamo parecchio, come dice Mauro: colazione piena di comfort, accoccolati sui tronchetti levigati e sistemati all'ombra di un ginepro profumato, poco più in alto dei nostri Voyager, sempre di fronte al mare. Sul più bello, fa capolino una coppia di pennuti mai visti prima, una sorta di faraona cicciona con la maschera da bandito sugli occhi, rossa e nera fin dietro al collo, e col piumaggio sempre arruffato di un bel color caffellatte. Scattiamo un paio di foto ma, benché non sembri intimorita dalla nostra presenza, la coppia si dilegua in un baleno tra gli arbusti e corre via sulla scogliera, tanto che Mauro battezza la nuova razza come "Uccello-capra".
Poi anche lui si mette in marcia, ma in direzione contraria, per andare alla ricerca di acqua potabile. Io allora mi "regalo" una pratica yoga rivolta verso le rovine del tempio.
Quando ci stiamo preparando per partire, si stappa inopinatamente una bottiglia d'acqua nel gavone di poppa: devo tirar fuori tutto un'altra volta, asciugare e poi riporre ogni cosa al suo posto. Gli asciugatori che infiliamo sempre sul fondo dei gavoni assolvono egregiamente il loro compito ed assorbono la poca acqua fuoriuscita dalla bottiglia. E' l'ennesima occasione per risistemare il carico, che ora, dopo svariati tentativi, dovrebbe avere trovato la sua collocazione definitiva!
Nel mentre, si avvicina una coppia di giovani greci con un cane iperattivo che non la smette più di correre e nuotare e saltellare intorno ai kayak, senza mai alzare un granello di polvere: ci diventa subito simpatico, e ancor di più i suoi padroni che, con totale nonchalance, si rollano una canna e riempiono l'aria di aromi inebrianti.
Partiamo alle 11, allegri e sorridenti!
Qui nell'Egeo il Meltemi non ti concede il tempo di abituarti pian piano alle sue intemperanze: devi essere preparato sin dal primo giorno ad affrontare raffiche di 30 nodi su ogni capo. E pensare che noi volevamo iniziare gradualmente e, come per ogni altro viaggio, abituarci un po' alla volta a gestire il kayak nel mare mosso!
Oltre Capo Sounion, sul quale svettano le colonne di marmo del tempio di Poseidone, il mare ed il vento si fanno sentire subito. E da subito capiamo che le previsioni meteo anche per oggi sono sottostimate.
Mauro pagaia con la sua solita confidenza, come se non avesse mai smesso di navigare contro vento: il suo stile elegante non sembra mai subire nessuna variazione, neanche quando il Meltemi alza la voce. Io, invece, mi sento tornata una principiante: mi preoccupa tutto, il mare, il vento, la pagaia, la barca, il carico... Il Voyager è un kayak da navigazione, chiede mare e vento, chiede di scivolare veloce sulle onde, chiede di andare. Ma io lo tengo a freno, almeno per la prima mezz'oretta di traversata, quando ancora non è chiara la piega che prenderà questa giornata. Poi Mauro si avvicina, mi parla del più e del meno, della rotta tracciata sul GPS, della direzione da tenere, della foschia che rende tutto più distante ed indefinito, delle nuvole che coprono il cielo e rinfrescano l'aria, delle porta-container che passano al largo... Insomma, mi riporta coi piedi per terra, anzi in kayak, e mi invita a godere del "qui ed ora". Accetto il suggerimento e mi metto d'impegno a leggere il mare.
E proprio in quel preciso istante, quando entrambi volgiamo lo sguardo all'orizzonte, un esemplare mastodontico di Caretta caretta incrocia le nostre prue a pochi metri di distanza, nuota indifferente tra le onde e tira fuori la testa in maniera indolente almeno 3-4 volte. Non riusciamo a scattarle neanche una fotografia, impegnati come siamo a gestire il kayak nel vento. Quando si inabissa, decidiamo di portarci più al centro del canale che separa la terraferma dall'isola di Makronissos.
Devono esserci correnti di superficie non irrilevanti, anche se il portolano non ne fa menzione: noi stimiamo che siano almeno di 1,5-2 nodi, sia perché dobbiamo correggere di oltre 30° la nostra rotta e sia perché, anche quando cala il Meltemi, la nostra andatura di crociera rimane fissa ad appena 1-1,5 nodi, tanto che per coprire l'esigua distanza di 10 km impieghiamo circa quattro ore!
Le traversate sono una delle tante attrattive di questo viaggio. Pagaiare in mare aperto è sempre stato uno dei nostri piaceri più grandi: quando tutto è in movimento, bisogna trovare il giusto ritmo con il mare. Si impara a leggerlo, il mare, la sua trama fitta di mistero, il preludio carico di aspettative ed il lieto fine che (quasi) sempre accompagna ogni escursione. Stavolta il mare non è così facile da leggere: non appena si capisce la direzione e la frequenza delle onde e si inizia a pagaiare e a respirare in sincrono col sali scendi dell'acqua, qualcosa interviene a modificare l'equilibrio precario su cui galleggiamo. Un motoscafo che passa poco distante scompiglia le pagine del libro e bisogna ricominciare tutto d'accapo. Quando poi si ritrova un nuovo equilibrio, ecco che il vento gira, oppure cala o rinforza, e allora anche il mare cambia il suo profilo. Si deve ripartire alla ricerca della linea d'acqua da seguire e allora sono le correnti a rimescolare tutto. Per qualche tempo dobbiamo tenere d'occhio la costa lontana, quella appena lasciata e quella ancora da raggiungere, dobbiamo aggiustare più volte la rotta per evitare di derivare troppo e guardiamo spesso GPS, bussola e orologio per cercare di uscire da quel labirinto liquido. Infine, ritrovata la direzione e superata qualche secca, è la prossimità della scogliera rocciosa a scompaginare un'altra volta il libro che con tanta attenzione stavamo leggendo: oramai, però, siamo prossimi all'arrivo, già da qualche tempo riusciamo ad intravedere l'albero di una vela in rada e le finestre delle diroccate costruzioni in pietra ancora presenti sull'isola.
Sbarcare è come sempre molto bello, sospendere la fatica delle lettura un po' meno, ma domani potremo riprendere da dove abbiamo lasciato.
Una volta a terra, un ragazzone abbronzato e palestrato, capitano del motoscafo più grande tra quelli affiancati all'unica vela, si offre subito di aiutarci ad issare i kayak sulla spiaggia ripida e ci sommerge con le solite domande di rito (da dove venite, dove andate, dove dormite, quelli sono pannelli solari?). Rispondiamo molto volentieri, stupiti sempre un po' della facilità con cui da queste parti parlano sia l'inglese che l'italiano.
Ci dedichiamo poi ad amene attività da spiaggia: un pasto da leccarsi i baffi seduti accanto ai kayak, una pennichella sugli scogli in ombra, una "lavata di capo" con lo shampoo biodegradabile (la temperatura dell'acqua sarà pure di 26°C, ma quella da noi percepita sarà si e no prossima ai 12°C!). C'è pure il tempo per una passeggiata fino alla cappella ormai pericolante e per qualche foto lungo i sentieri che serpeggiano su per le colline brulle all'intorno (e che sono battuti da pecore bianche e nere che a decine transitano avanti e indietro all'ora del tramonto).
Prima che scenda la notte, e quando ormai la baia si è svuotata di ogni imbarcazione, Mauro monta la tenda e cucina per la prima volta da quando siamo partiti: pastina con passato di zucchine, insaporito con una spolverata di santoreggia raccolta appena più in là della tenda, dove abbondano i cespugli ancora fioriti di piccoli fiorellini violacei su cui volteggiano tante farfalle dorate e maculate. Io scrivo il post fino all'ora di cena e non appena il sole tramonta dietro le rovine più alte ci infiliamo in tenda e ci prepariamo ad una notte insonne in compagnia dei fantasmi!
L'uccello-bandito che ci ha fatto visita a Akrotiri Sounion: che volatile è? |
L'omaggio dal mare al Tempio di Poseidone su Akrotiri Sounion |
Le capre-scalatrici dell'Isola di Makronissos |
Il nostro campo sulla bella spiaggia di Ormos Angalistros sull'Isola di Makronissos |
Cazzeggio mattutino... |
Il saluto dal mare all'Isola di Makronissos... |
Il nano-faro del capo meridionale di Makronissos |
Felici all'arrivo a Kea, dopo 17 km di traversata! |
Una delle baie solitarie del versante nord-occidentale di Kea |
Tramonto a Ormos Xila |
Ormos Angalistros, Makronissos - Ormos Xila, Kea (23 km)
Vento N 6-8 nodi (F2-3) - Mare calmo appena increspato - Temperatura 27°C
Ringraziamo i fantasmi dell'isola per aver vegliato sul nostro sonno: dormiamo 9 ore filate, senza nessuna interruzione!
Miglioriamo nettamente anche le nostre prestazioni: appena 3 ore per smontare il campo e ripartire, 3 ore di traversata, 3 ore in taverna all'arrivo a Kea e altre 3 ore per cercare e montare il campo per la sera.
La giornata di bonaccia potrebbe riassumersi così.
Ma c'è anche dell'altro: le capre scalatrici che attirano la nostra curiosità mentre facciamo colazione, il nano faro del capo meridionale di Makronissos che sembra quasi intimorito dalla vastità del mare su cui svetta, le berte maggiori che volano radenti sull'acqua quasi sfiorando i nostri kayak, i due traghetti che incrociano al largo tra le 5 porta-container, i vari motoscafi che sfrecciano in ogni direzione, compreso quello che deve avere infastidito la porta-container blu, che per ben due volte fa squillare 5 suoni di tromba (che nel linguaggio dei segnali marittimi significa letteralmente "cosa minchia stai combinando!?!")
Poi c'è anche il doversi ricordare di mettere la lingua davanti al ciuccio per evitare di strozzarsi bevendo dal camel-bag, il discutere animatamente sulla rotta da tenere perché sembra che qualcuno abbia nascosto le Isole Cicladi (la foschia è così fitta che già dal mattino non si distingue la linea dell'orizzonte tra mare e cielo), il correggere continuamente la direzione fino a quando non capiamo che la mia bussola è impazzita e segna sempre e solo 45°, anche se il GPS di Mauro riporta 105° e come prova del nove noi stiamo pagaiando esattamente sulla scia del sole, quindi verso Est (ci sarà qualcosa nel quarto gavoncino che distorce il campo magnetico rilevato dalla bussola: dovrò rimettere mano al carico per l'ennesima volta!)
C'è inoltre lo sbarco nella caletta di Ormos Pises, ai piedi di una vallata che la guida descrive come ricoperta di frutteti e che noi però fatichiamo a scorgere (come anche le rovine dell'antica città di Poieessa o la chiesetta costruita sul precedente tempio di Apollo), il pranzo nella taverna a pochi passi dai nostri due Voyager, i tre succhi di frutta alla banana che fanno coppia con le tre birre locali scolate da Mauro, la panna cotta offerta dal ristoratore quando scopre che arriviamo in kayak da Atene, un giretto alla ricerca di tabacco e frutta fresca, il market del piccolo paesino nascosto dietro le tamerici, i muretti a secco costruiti in un modo mai visto prima, con le pietre più grandi messe in verticale a creare spazi geometrici che forse servono anche per far passare vento ed acqua, chissà...
Aggiorniamo il blog comodamente seduti a tavola, in attesa che passino le ore più calde della giornata: abbiamo in programma di pagaiare alla ricerca di un'altra baia isolata e deserta, dove restare da soli - e probabilmente senza nessuna possibilità di ricezione del segnale di connessione internet, motivo per cui non è riportata la destinazione finale nella tappa odierna!
Insomma, ci attende un'altra mezza giornata di esplorazione: hella, hella!
P.S. Abbiamo pagaiato solo un'altra oretta, facendo salire a 23 i chilometri totali percorsi.
Dalla carta dell'isola sapevamo di incontrare almeno 5 spiagge di sabbia, incastonate nel fondo di baiettte ridossate, ai piedi di vallate brulle che serpeggiano tra colline altrettanto brulle. Su questo tratto dell'isola ci sono solo strade sterrate ed un paio di calette sono accessibili soltanto a piedi, scendendo lungo sentieri ben segnalati e talvolta costeggiati da questi bassi muretti a secco così caratteristici sull'isola. Kea è anche famosa per i suoi sentieri escursionistici ed il retro della nostra mappa ne riporta ben 9, sia sulla costa che nell'entroterra, con percorrenze variabili dai 45 minuti alle 3 ore e mezza.
Noi scegliamo l'ultima della 5 spiagge, quella dove non passa né lo sterrato né il sentiero.
Siamo soli. Non abbiamo molta fame, visto che abbiamo trascorso mezzo pomeriggio a gozzovigliare in taverna: così ceniamo soltanto con uno yogurt greco arricchito di miele e noci.
Il tramonto infuocato sulla dirimpettaia isola di Makronissos è reso ancor più spettacolare da alcune nuvole basse che si tingono di arancione ed amaranto. La stellata notturna è talmente ricca che trascorriamo un'ora intera a ripassare le costellazioni conosciute e a cercarne qualcuna di nuova: abbiamo montato la tenda esattamente sotto al Drago.
domenica 26 giugno 2016
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Longitudine:24.10405
Posizione GPS Data/Ora:06/26/2016 17:22:13 CEST
Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...
Fai clic sul seguente collegamento per vedere dove mi trovo.
http://fms.ws/YNGjx/37.65172N/24.10405E
Se il link sopra non funziona , provate questo link:
http://maps.google.com/maps?f=q&hl=en&geocode=&q=37.65172,24.10405&ll=37.65172,24.10405&ie=UTF8&z=12&om=1
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sabato 25 giugno 2016
Siamo in viaggio, finalmente!
Venerdì 24 giugno 2016 - 1° giorno di viaggio
Varkiza - Kalivia Thorikou, Attica (6 km)
Vento N 15-20 nodi (F4-5) - Mare quasi mosso - Temperatura 28°C
Abbiamo ritirato la copia della denuncia di furto con un giorno di anticipo perché fremevamo per partire. Quando abbiamo cominciato ad organizzare il carico dei Voyager, ci siamo accorti che, insieme al telefono e all'orologio di Mauro, i ladri hanno rubato anche il mio kit di igiene personale: addio crema idratante, deodorante, burro cacao, sapone di Aleppo e necessaire per la manicure. Ma soprattutto addio al mio amato dentifricio secco. Spero che nell'aprire quello che speravano fosse un portafoglio, i ladri ci siamo rimasti così male da perdere qualche dente!
E' stata la partenza più lenta di sempre: dopo una settimana dall'inizio del viaggio, riusciamo finalmente a prendere il mare.
Ma sono stati anche i preparativi più lunghi di sempre: sei ore per stivare ogni cosa nei kayak, ancora e sempre sorpresi dalla capacità di carico dei Voyager, che pure avendo una bassa linea groenlandese, hanno una chiglia a V talmente pronunciata da contenere l'inverosimile.
E' stato anche l'imbarco notturno più felice di sempre: mai avevamo iniziato un viaggio in kayak partendo al tramonto, ma stavolta non perdiamo l'occasione di navigare di notte pur di allontanarci dalla spiaggia del misfatto.
Salutiamo Stavros e Ion, che si prenderanno cura della Mauromobile per i prossimi mesi, e controlliamo di avere stivato tutto, comprese le magliette di Cannibals, che Stavros ci ha assicurato essere un ottimo lasciapassare nelle Isole Cicladi, specie con la guardia costiera...
Pagaiamo per poco tempo, dalle ventuno alle ventidue e trenta, lungo la costa che ormai conosciamo a menadito. Stiamo attenti ad ogni riflesso sul mare nero, con l'orecchio teso ai fragori delle onde che rompono qua e là sugli scogli semi sommersi. Quando scorgiamo una serie di ondicelle biancastre, illuminate dalla prima luna, capiamo di essere arrivati al nostro campo per la notte: una piccola caletta di ciottoli intagliata tra la costa rocciosa ed una serie di secche aperte verso il mare aperto. Impieghiamo un'eternità per sbarcare, preoccupati di non toccare gli scogli affioranti neanche con la punta della pagaia, ma poi ci godiamo la prima tappa cenando al chiaro di luna e chiacchierando fitto fitto. Finisce che ce ne andiamo a dormire che è ormai il giorno dopo, all'una e mezza appena passata, stanchi ma contenti.
Sabato 25 giugno 2016 - 2° giorno di viaggio
Kalivia Thorikou - Akrotiri Sounion, Attica (26 km)
Vento N-NW 17-26 nodi (F5-6) - Mare quasi mosso - Temperatura 27°C
Risveglio lento, anzi lentissimo, come si addice al primo giorno di viaggio. Ci alziamo solo quando il sole fa capolino nella tenda e ci imbarchiamo che è quasi ora di pranzo.
I kayak restano a lungo appaiati sulla spiaggetta perché noi abbiamo già rifatto il carico almeno tre volte, spostando nel gavone di prua quel che era a poppa e viceversa, e riordinando il contenuto di quasi tutte le sacche stagne. Ora forse ci siamo.
I frequentatori abituali della caletta sono visibilmente infastiditi dalla nostra presenza: i due Voyager occupano il posto in cui solitamente sistemano le loro seggioline. Ma basta poco, qualche parola nel nostro greco traballante, per strappare sorrisi ripetuti. Quando fanno per andarsene, due vecchietti più spigliati di altri ci passano attorno e ci salutano: la vecchina, per essere sicura, mi batte due volte sulla spalla la manina paffuta e poi la muove nell'aria con insistenza, ripetendo "Yià sas, yià sas" finché non raggiunge le scalette.
Ecco, questi piccoli segnali di affetto ci scaldano il cuore e ci fanno recuperare la fiducia nel genere umano!
La giornata procede tra raffiche di Meltemi, che ci accompagnano fino all'isoletta disabitata di Arsida, una piacevole sosta all'ombra con annesso pisolino, e poi ancora frangenti al traverso fino a Capo Sounion, dove arriviamo bagnati e imbiancati di salsedine poco prima del tramonto.
Le 17 colonne di marmo bianco del famoso Tempio di Poseidone svettano sulla baietta già ingombra di decine di barche a vela. Sbarchiamo nell'unico pezzetto di spiaggia libera, tra un mostruoso resort e una folta schiera di lettini e ombrelloni. Ci cambiamo al volo e sempre volando atterriamo nella più vicina taverna: tavolino vista mare proprio di fronte al tempio illuminato: avremmo voluto salirci a piedi, per rendere omaggio al Dio del Mare, che tanto ha sempre fatto per noi, ma dobbiamo rinunciare perché il sito archeologico è recintato con filo spinato e l'ingresso è troppo lontano. Preferiamo riempirci la pancia, gli occhi dovranno accontentarsi dell'immagine da cartolina che ci godiamo dal campo e Poseidone del saluto che gli abbiamo già rivolto dal kayak e che domani ripeteremo.
Ceniamo con la "solita" insalata greca, diventata già il nostro piatto abituale, e sfruttiamo le prese elettriche della taverna per aggiornare il blog con queste righe......
La notte sarà breve e lieve.
Domani traversiamo su Kea, la prima isola delle nostre Cicladi!
Varkiza - Kalivia Thorikou, Attica (6 km)
Vento N 15-20 nodi (F4-5) - Mare quasi mosso - Temperatura 28°C
Abbiamo ritirato la copia della denuncia di furto con un giorno di anticipo perché fremevamo per partire. Quando abbiamo cominciato ad organizzare il carico dei Voyager, ci siamo accorti che, insieme al telefono e all'orologio di Mauro, i ladri hanno rubato anche il mio kit di igiene personale: addio crema idratante, deodorante, burro cacao, sapone di Aleppo e necessaire per la manicure. Ma soprattutto addio al mio amato dentifricio secco. Spero che nell'aprire quello che speravano fosse un portafoglio, i ladri ci siamo rimasti così male da perdere qualche dente!
E' stata la partenza più lenta di sempre: dopo una settimana dall'inizio del viaggio, riusciamo finalmente a prendere il mare.
Ma sono stati anche i preparativi più lunghi di sempre: sei ore per stivare ogni cosa nei kayak, ancora e sempre sorpresi dalla capacità di carico dei Voyager, che pure avendo una bassa linea groenlandese, hanno una chiglia a V talmente pronunciata da contenere l'inverosimile.
E' stato anche l'imbarco notturno più felice di sempre: mai avevamo iniziato un viaggio in kayak partendo al tramonto, ma stavolta non perdiamo l'occasione di navigare di notte pur di allontanarci dalla spiaggia del misfatto.
Salutiamo Stavros e Ion, che si prenderanno cura della Mauromobile per i prossimi mesi, e controlliamo di avere stivato tutto, comprese le magliette di Cannibals, che Stavros ci ha assicurato essere un ottimo lasciapassare nelle Isole Cicladi, specie con la guardia costiera...
Pagaiamo per poco tempo, dalle ventuno alle ventidue e trenta, lungo la costa che ormai conosciamo a menadito. Stiamo attenti ad ogni riflesso sul mare nero, con l'orecchio teso ai fragori delle onde che rompono qua e là sugli scogli semi sommersi. Quando scorgiamo una serie di ondicelle biancastre, illuminate dalla prima luna, capiamo di essere arrivati al nostro campo per la notte: una piccola caletta di ciottoli intagliata tra la costa rocciosa ed una serie di secche aperte verso il mare aperto. Impieghiamo un'eternità per sbarcare, preoccupati di non toccare gli scogli affioranti neanche con la punta della pagaia, ma poi ci godiamo la prima tappa cenando al chiaro di luna e chiacchierando fitto fitto. Finisce che ce ne andiamo a dormire che è ormai il giorno dopo, all'una e mezza appena passata, stanchi ma contenti.
Caos migrante: incredibilmente entrerà tutto! |
Cosa non si fa per risparmiare le batterie del GPS! |
Miglioramento continuo del carico... |
Con la maglietta a maniche lunghe ho indossato i colori della nazionale... |
Il Tempio di Poseidone si avvicina! |
Sabato 25 giugno 2016 - 2° giorno di viaggio
Kalivia Thorikou - Akrotiri Sounion, Attica (26 km)
Vento N-NW 17-26 nodi (F5-6) - Mare quasi mosso - Temperatura 27°C
Risveglio lento, anzi lentissimo, come si addice al primo giorno di viaggio. Ci alziamo solo quando il sole fa capolino nella tenda e ci imbarchiamo che è quasi ora di pranzo.
I kayak restano a lungo appaiati sulla spiaggetta perché noi abbiamo già rifatto il carico almeno tre volte, spostando nel gavone di prua quel che era a poppa e viceversa, e riordinando il contenuto di quasi tutte le sacche stagne. Ora forse ci siamo.
I frequentatori abituali della caletta sono visibilmente infastiditi dalla nostra presenza: i due Voyager occupano il posto in cui solitamente sistemano le loro seggioline. Ma basta poco, qualche parola nel nostro greco traballante, per strappare sorrisi ripetuti. Quando fanno per andarsene, due vecchietti più spigliati di altri ci passano attorno e ci salutano: la vecchina, per essere sicura, mi batte due volte sulla spalla la manina paffuta e poi la muove nell'aria con insistenza, ripetendo "Yià sas, yià sas" finché non raggiunge le scalette.
Ecco, questi piccoli segnali di affetto ci scaldano il cuore e ci fanno recuperare la fiducia nel genere umano!
La giornata procede tra raffiche di Meltemi, che ci accompagnano fino all'isoletta disabitata di Arsida, una piacevole sosta all'ombra con annesso pisolino, e poi ancora frangenti al traverso fino a Capo Sounion, dove arriviamo bagnati e imbiancati di salsedine poco prima del tramonto.
Le 17 colonne di marmo bianco del famoso Tempio di Poseidone svettano sulla baietta già ingombra di decine di barche a vela. Sbarchiamo nell'unico pezzetto di spiaggia libera, tra un mostruoso resort e una folta schiera di lettini e ombrelloni. Ci cambiamo al volo e sempre volando atterriamo nella più vicina taverna: tavolino vista mare proprio di fronte al tempio illuminato: avremmo voluto salirci a piedi, per rendere omaggio al Dio del Mare, che tanto ha sempre fatto per noi, ma dobbiamo rinunciare perché il sito archeologico è recintato con filo spinato e l'ingresso è troppo lontano. Preferiamo riempirci la pancia, gli occhi dovranno accontentarsi dell'immagine da cartolina che ci godiamo dal campo e Poseidone del saluto che gli abbiamo già rivolto dal kayak e che domani ripeteremo.
Ceniamo con la "solita" insalata greca, diventata già il nostro piatto abituale, e sfruttiamo le prese elettriche della taverna per aggiornare il blog con queste righe......
La notte sarà breve e lieve.
Domani traversiamo su Kea, la prima isola delle nostre Cicladi!
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Ancora ladri, stavolta in tenda!
Dura la vita del canoista, specialmente a terra!
Dopo la visita delle blatte sulla spiaggia di Dervéni e dei millepiedi su quella di Vàrkiza, alle porte di Atene, abbiamo ricevuto anche un'altra visita, la più spiacevole di tutte, più schifosa di ogni animale nero, strisciante e ripugnante.
I ladri si sono intrufolati in tenda e hanno rubato il cellulare di Mauro e l'orologio che i colleghi di lavoro gli avevano regalato per la pensione appena una settimana fa. Dormivamo in spiaggia, cullati dal vento di Meltemi e dallo sciabordio dell'Egeo: una mano lesta, veloce e silenziosa ha violato il nostro piccolo spazio privato nel cuore della notte e ha sottratto ciò che ha trovato, le uniche due cose che, ahi noi (!!!), non avevamo riposto nella sacca stagna sotto il cuscino...
E' stato scioccante: io ho pianto per tutto il giorno e Mauro mastica rabbia ancora adesso.
Ci siamo sentiti impreparati ed ingenui, troppo fiduciosi per affrontare a cuore leggero un viaggio tanto lungo...
Mauro cerca di convincermi che abbiamo una considerazione troppo alta del genere umano, mentre dovremmo cominciare a pensare di essere circondati da personaggi senza scrupoli che ci vedono non come loro simili ma come "bancomat ambulanti", come dice mio fratello.
Sarà la crisi, che qui in Grecia si fa sentire da anni più che in ogni altro paese europeo, sarà la disparità evidente tra noi e chi ha più bisogno di noi, sarà che è sempre più difficile svestire i panni del turista per vestire quelli del viaggiatore, sarà che non avevamo accanto i nostri amati kayak (almeno loro, grazie alla disponibilità dell'amico Ion, dormivano al sicuro nel deposito del vicino circolo canoistico), sarà che la terra è più pericolosa del mare... Sarà quel che sarà, ma noi ci siamo sentiti piccoli, indifesi e imbecilli. Almeno fino a quando non abbiamo bevuto un caffè shakerato ghiacciato, non ci siamo fatti una doccia fredda e non ci siamo cambiati d'abito!
Il poliziotto che ha raccolto la denuncia è stato molto cortese, ci ha quasi consolato, forse perché sapeva di doverci dire che per ritirare la copia dovevamo attendere altri due giorni!
L'assistenza Wind per bloccare il numero telefonico è pressoché inesistente, dall'estero è impossibile comporre i vari numeri riportati sul sito, l'applicazione per comunicare con un operatore si scarica in un baleno ma poi resta silente per sempre, come pure la pagina Facebook: se non fosse stato per il salvifico intervento di mio fratello e della sua compagna, che hanno tempestato di telefonate il servizio di assistenza italiano, tanto da ottenere di essere richiamati qui ad Atene, saremmo ancora attaccati all'altro telefono superstite per cercare di risolvere il problema...
Insomma, un inizio non proprio incoraggiante.
Ma adesso non potrà che migliorare (?)
Abbiamo conosciuto Stavros, il simpatico titolare del negozio di attrezzatura canoistica di Atene, il famoso Cannibals: ci ha accolto a braccia aperte, ci ha ricoperto di attenzioni, ci ha regalato un cappellino tecnico e due magliette col bellissimo logo del negozio, ci ha fornito un'infinità di informazioni utili su tutte le isole vicine e lontane, ci ha fatto tornare il sorriso nel giorno più infelice da quando abbiamo iniziato il viaggio. Soprattutto, ci ha invitato alla sua festa di compleanno in spiaggia, ci ha presentato i suoi amici, ci ha fatto sentire come a casa, ci ha offerto la cena e ci ha fatto ubriacare di tzipouro.
Il Meltemi ha soffiato con tale intensità ed insistenza, fino a notte fonda, da spazzare via anche ogni altro nostro residuo pensiero negativo.
Oggi è un nuovo giorno e siamo pronti per ritirare la denuncia e per prendere il mare! Hella, hella!
Dopo la visita delle blatte sulla spiaggia di Dervéni e dei millepiedi su quella di Vàrkiza, alle porte di Atene, abbiamo ricevuto anche un'altra visita, la più spiacevole di tutte, più schifosa di ogni animale nero, strisciante e ripugnante.
I ladri si sono intrufolati in tenda e hanno rubato il cellulare di Mauro e l'orologio che i colleghi di lavoro gli avevano regalato per la pensione appena una settimana fa. Dormivamo in spiaggia, cullati dal vento di Meltemi e dallo sciabordio dell'Egeo: una mano lesta, veloce e silenziosa ha violato il nostro piccolo spazio privato nel cuore della notte e ha sottratto ciò che ha trovato, le uniche due cose che, ahi noi (!!!), non avevamo riposto nella sacca stagna sotto il cuscino...
E' stato scioccante: io ho pianto per tutto il giorno e Mauro mastica rabbia ancora adesso.
Ci siamo sentiti impreparati ed ingenui, troppo fiduciosi per affrontare a cuore leggero un viaggio tanto lungo...
Mauro cerca di convincermi che abbiamo una considerazione troppo alta del genere umano, mentre dovremmo cominciare a pensare di essere circondati da personaggi senza scrupoli che ci vedono non come loro simili ma come "bancomat ambulanti", come dice mio fratello.
Sarà la crisi, che qui in Grecia si fa sentire da anni più che in ogni altro paese europeo, sarà la disparità evidente tra noi e chi ha più bisogno di noi, sarà che è sempre più difficile svestire i panni del turista per vestire quelli del viaggiatore, sarà che non avevamo accanto i nostri amati kayak (almeno loro, grazie alla disponibilità dell'amico Ion, dormivano al sicuro nel deposito del vicino circolo canoistico), sarà che la terra è più pericolosa del mare... Sarà quel che sarà, ma noi ci siamo sentiti piccoli, indifesi e imbecilli. Almeno fino a quando non abbiamo bevuto un caffè shakerato ghiacciato, non ci siamo fatti una doccia fredda e non ci siamo cambiati d'abito!
Cannibals' male & female t-shirts: you can paddle everything you want! |
Qui è sempre facile riprendersi dallo choc!!! |
Varkiza sailing & kayaking club |
Happy birthday, Stavros! |
Oggi è un nuovo giorno... |
Il poliziotto che ha raccolto la denuncia è stato molto cortese, ci ha quasi consolato, forse perché sapeva di doverci dire che per ritirare la copia dovevamo attendere altri due giorni!
L'assistenza Wind per bloccare il numero telefonico è pressoché inesistente, dall'estero è impossibile comporre i vari numeri riportati sul sito, l'applicazione per comunicare con un operatore si scarica in un baleno ma poi resta silente per sempre, come pure la pagina Facebook: se non fosse stato per il salvifico intervento di mio fratello e della sua compagna, che hanno tempestato di telefonate il servizio di assistenza italiano, tanto da ottenere di essere richiamati qui ad Atene, saremmo ancora attaccati all'altro telefono superstite per cercare di risolvere il problema...
Insomma, un inizio non proprio incoraggiante.
Ma adesso non potrà che migliorare (?)
Abbiamo conosciuto Stavros, il simpatico titolare del negozio di attrezzatura canoistica di Atene, il famoso Cannibals: ci ha accolto a braccia aperte, ci ha ricoperto di attenzioni, ci ha regalato un cappellino tecnico e due magliette col bellissimo logo del negozio, ci ha fornito un'infinità di informazioni utili su tutte le isole vicine e lontane, ci ha fatto tornare il sorriso nel giorno più infelice da quando abbiamo iniziato il viaggio. Soprattutto, ci ha invitato alla sua festa di compleanno in spiaggia, ci ha presentato i suoi amici, ci ha fatto sentire come a casa, ci ha offerto la cena e ci ha fatto ubriacare di tzipouro.
Il Meltemi ha soffiato con tale intensità ed insistenza, fino a notte fonda, da spazzare via anche ogni altro nostro residuo pensiero negativo.
Oggi è un nuovo giorno e siamo pronti per ritirare la denuncia e per prendere il mare! Hella, hella!
mercoledì 22 giugno 2016
Gioie e dolori dell'elettronica a bordo
Da quando viaggiamo insieme, Mauro ed io, abbiamo preso l'abitudine di stivare in kayak una grande quantità di attrezzatura elettronica, che cresce di anno in anno. In occasione del lungo viaggio estivo alle Isole Cicladi abbiamo aggiunto anche delle "scorte", per non farci trovare impreparati in caso di necessità (rottura e/o esaurimento, sperando di poter escludere l'ipotesi del furto com'era successo a Barcellona).
Il nostro primo pensiero è rivolto alla sicurezza in navigazione: abbiamo quindi due VHF, due GPS e ben quattro telefoni cellulari (Mauro è convinto, e non ha neanche tutti i torti, che abbiano vita breve, specie in viaggio!), uno SPOT, un anemometro e due orologi.
Il nostro primo pensiero è rivolto alla sicurezza in navigazione: abbiamo quindi due VHF, due GPS e ben quattro telefoni cellulari (Mauro è convinto, e non ha neanche tutti i torti, che abbiano vita breve, specie in viaggio!), uno SPOT, un anemometro e due orologi.
VHF - rice-trasmettitore per ricevere informazioni meteorologiche ed eventualmente per comunicare con le locali capitanerie di porto (il canale 16, come nel resto del mondo, è comune anche a tutte le Isole Cicladi, ma ognuna ha poi un canale dedicato per le comunicazioni di servizio tra i naviganti).
GPS - ricevitore con le mappe nautiche e con tutti i punti di possibile sbarco, utilizzato anche per memorizzare gli effettivi punti di sbarco (che non sempre coincidono con i primi) e le tracce dei percorsi effettuati.
SMARTPHONE - apparecchi multifunzione ormai da tutti conosciuti, che noi usiamo per scattare e trattare le fotografie, per scrivere e pubblicare i post sul blog, per controllare la posta elettronica e per un'altra pressocché infinita serie di funzioni che a me risulta ancora misteriora...
SPOT - ricevitore GPS e trasmettitore satellitare, normalmente utilizzato per inviare le coordinate geografiche delle nostre posizioni, ed in via del tutto eccezionale (sin'ora mai verificatasi) per chiedere soccorso.
ANEMOMETRO - interessante strumento di misurazione della forza del vento, resistente all'acqua e quindi utilissimo anche e soprattutto in navigazione (e che ci consente di scrivere con precisione sul blog l'intensità del vento).
OROLOGIO multifunzione, che noi usiamo come barometro, bussola e indicatore di marea, oltre che per l'orario :-)
LUCI frontali, stroboscopiche e di sicurezza (che portiamo con noi da quando abbiamo scoperto che incorpora un messaggio automatico di richiesta di aiuto in codice morse)
RESCUE STREAMER - una banda galleggiante, riflettente e di grande visibilità per rendere evidente la posizione in mare in caso di salvataggio e recupero dall'elicottero.
Siamo sempre interessati a documentare il viaggio e non ci facciamo mancare macchine fotografiche, videocamere e computer, con relative batterie di riserva e caricabatterie e con memorie di grande capienza.
Siamo sempre interessati a documentare il viaggio e non ci facciamo mancare macchine fotografiche, videocamere e computer, con relative batterie di riserva e caricabatterie e con memorie di grande capienza.
MACCHINE FOTOGRAFICHE - robuste ed impermeabili, con varie memorie di riserva, un hard-disk per il salvataggio delle fotografie e due mini-cavalletti per i tempi di posa più lunghi.
VIDEOCAMERA - due con diverse caratteristiche e funzioni ma utilizzate quasi esclusivamente da Mauro, che poi monta i filmati per ricostruire la storia del viaggio (adesso che è finalmente andato in pensione avrà tempo a sufficienza anche per i viaggi passati!). Abbiamo anche un hard-disk di grande capacità per il salvataggio dei vari filmati.
COMPUTER - piccolo, compatto e resistente: abbiamo scelto di portarlo con noi per scrivere più facilmente il diario di viaggio e per consultare con altrettanta facilità le guide turistiche ed il portolano, che abbiamo scansionato per la parte relativa alle isole di nostro interesse)
BATTERIE - per tutte le apparecchiature richiamate abbiamo batterie di scorta e caricatori a 12V, che possiamo usare con le batterie tampone dei pannelli solari, compresi due power-bank di grande capacità.
In viaggio portiamo anche un e-reader per tenerci occupati negli eventuali periodi di ozio, anche se in viaggio i momenti di ozio sono molto rari, non solo perché c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire o di cui parlare, ma anche perché la cura e la manutenzione di tutta questa attrezzatura elettronica ci tiene impegnati a lungo...
lunedì 20 giugno 2016
Ultimi preparativi prima della partenza...
Mauro è finalmente andato in pensione!
Venerdì 17 giugno è stato il suo ultimo giorno di lavoro: ha ricevuto diverse visite di amici e colleghi ed una piccola serie di simpatici regali.
Sabato 18 ci siamo messi in viaggio: prima tappa Latina, per salutare la famiglia e gli amici di Tatiana e per partecipare ai festeggiamenti dello storico ballottaggio nelle elezioni comunali.
Ripartiamo il lunedì 20 alla volta di Ancona per salire sul traghetto delle 17 per Patrasso: arrivo previsto ad Atene per il giorno successivo, martedì 21, in tarda serata...
Lasciamo l'Italia con un misto di nostalgia e di trepidazione, dispiaciuti di salutare gli amici per un così lungo periodo ma anche felici di iniziare il nostro viaggio in kayak alle Cicladi.
Venerdì 17 giugno è stato il suo ultimo giorno di lavoro: ha ricevuto diverse visite di amici e colleghi ed una piccola serie di simpatici regali.
Sabato 18 ci siamo messi in viaggio: prima tappa Latina, per salutare la famiglia e gli amici di Tatiana e per partecipare ai festeggiamenti dello storico ballottaggio nelle elezioni comunali.
Ripartiamo il lunedì 20 alla volta di Ancona per salire sul traghetto delle 17 per Patrasso: arrivo previsto ad Atene per il giorno successivo, martedì 21, in tarda serata...
I regali di Carmine e Franco (che grappa!) |
La cambusa alla rinfusa |
Le magliette del viaggio realizzate a mano da Tatiana |
Lasciamo l'Italia con un misto di nostalgia e di trepidazione, dispiaciuti di salutare gli amici per un così lungo periodo ma anche felici di iniziare il nostro viaggio in kayak alle Cicladi.
La pioggia che ci accoglie in porto lava via ogni cosa, compresa la polvere che si era accumulata sui due Voyager nel corso delle ultime settimane di forzata inattività: ora che i preparativi sono finalmente terminati e che il viaggio sembra avere inizio, anche i nostri kayak, come noi, si stanno
preparando ad affrontare l'imprevisto...
Acqua sopra e acqua sotto: speriamo non sia una costante del viaggio ma soltanto un preludio un po' stonato!
venerdì 17 giugno 2016
Il kit per l'igiene personale
Qualche tempo fa ho iniziato ad utilizzare il dentifricio secco.
Grazie ad una mia vecchia amica di Latina, ho scoperto i prodotti naturali della linea Matricaria e ho provato a lavare i denti con qualcosa di più accettabile della solita gommosa pasta dentifricia.
Il dentifricio secco è un composto di argilla verde ed olio essenziale di menta: l'argilla favorisce lo sbiancamento, la menta ha proprietà balsamiche e antisettiche. Ha una durata nettamente superiore a quella di una normale dose di pasta dentifricia ed il suo utilizzo è semplice ed intuitivo: si bagna lo spazzolino nell'acqua, lo si immerge nell'argilla e lo si usa come un normale dentifricio. Mi sono ricordata di quando usavo le foglie di mentuccia e mi sono subito innamorata del dentifricio secco: ho così travasato il contenuto del barattolino di vetro (quello nel centro della foto, sopra lo specchietto) in un contenitore stagno da portare in viaggio.
Nel kit di igiene personale trovano spazio anche il filo e lo scovolino interdentale, un set per la cura delle unghie di mani e piedi, un piccolo panetto di sapone di Aleppo per lavare sia i vestiti che la persona, una serie completa di stick per la protezione delle labbra (normale, e con fattore da 20 a 50!), deodorante, profumo e varie creme solari, anche queste con diversi gradi di protezione.
Non manca poi lo spray anti-zanzare, particolarmente aggressive nelle sere d'estate, ed una dose consistente di sciampo biodegradabile: si tratta di un particolare sciampo per acqua dolce e salata, con ingredienti naturali che non producono schiuma e che non lasciano traccia in mare. In estate abbiamo la fortuna di lavare i capelli direttamente in mare (anche se conosciamo più di un canoista che ha bisogno di completare la toletta in maniera tradizionale almeno una volta al giorno): quando la salsedine e la sabbia arrivano a rendere indistricabile la massa di capelli al vento, allora ricorriamo all'uso dello sciampo, prediligendo le giornate di sole caldo e calma di vento, così da asciugarli all'aria senza timore di prenderci un raffreddore.
Abbiamo anche stivato un asciugacapelli da viaggio (che non è entrato nella foto): accanto alla spazzolina blu fanno bella mostra alcuni flaconcini con shampoo, balsamo e olio per i capelli, che probabilmente risentiranno, quanto e come la pelle, delle alte temperature estive delle isole greche.
Mauro ha un kit molto più fornito del mio, non solo perché usa quotidianamente il rasoio per la barba, con tutti gli inevitabili accessori, ma anche perché è sempre molto più previdente di me: lui ha già riposto in confezioni separate bastoncini per le orecchie, fazzoletti di carta e salviette umidificate.
Io ho invece raccolto gli ultimi assorbenti igienici che ancora sopravvivevano in giro per casa e li ho aggiunti all'insostituibile "Coppitiello", ormai diventato un must dei miei viaggio in kayak.
E poi ci sono altri barattolini sparsi che contengono quanto serve per personalizzare il kit...
Grazie ad una mia vecchia amica di Latina, ho scoperto i prodotti naturali della linea Matricaria e ho provato a lavare i denti con qualcosa di più accettabile della solita gommosa pasta dentifricia.
Il dentifricio secco è un composto di argilla verde ed olio essenziale di menta: l'argilla favorisce lo sbiancamento, la menta ha proprietà balsamiche e antisettiche. Ha una durata nettamente superiore a quella di una normale dose di pasta dentifricia ed il suo utilizzo è semplice ed intuitivo: si bagna lo spazzolino nell'acqua, lo si immerge nell'argilla e lo si usa come un normale dentifricio. Mi sono ricordata di quando usavo le foglie di mentuccia e mi sono subito innamorata del dentifricio secco: ho così travasato il contenuto del barattolino di vetro (quello nel centro della foto, sopra lo specchietto) in un contenitore stagno da portare in viaggio.
Nel kit di igiene personale trovano spazio anche il filo e lo scovolino interdentale, un set per la cura delle unghie di mani e piedi, un piccolo panetto di sapone di Aleppo per lavare sia i vestiti che la persona, una serie completa di stick per la protezione delle labbra (normale, e con fattore da 20 a 50!), deodorante, profumo e varie creme solari, anche queste con diversi gradi di protezione.
Una parte del kit per l'igiene personale prima dello stivaggio in kayak |
Non manca poi lo spray anti-zanzare, particolarmente aggressive nelle sere d'estate, ed una dose consistente di sciampo biodegradabile: si tratta di un particolare sciampo per acqua dolce e salata, con ingredienti naturali che non producono schiuma e che non lasciano traccia in mare. In estate abbiamo la fortuna di lavare i capelli direttamente in mare (anche se conosciamo più di un canoista che ha bisogno di completare la toletta in maniera tradizionale almeno una volta al giorno): quando la salsedine e la sabbia arrivano a rendere indistricabile la massa di capelli al vento, allora ricorriamo all'uso dello sciampo, prediligendo le giornate di sole caldo e calma di vento, così da asciugarli all'aria senza timore di prenderci un raffreddore.
Abbiamo anche stivato un asciugacapelli da viaggio (che non è entrato nella foto): accanto alla spazzolina blu fanno bella mostra alcuni flaconcini con shampoo, balsamo e olio per i capelli, che probabilmente risentiranno, quanto e come la pelle, delle alte temperature estive delle isole greche.
Mauro ha un kit molto più fornito del mio, non solo perché usa quotidianamente il rasoio per la barba, con tutti gli inevitabili accessori, ma anche perché è sempre molto più previdente di me: lui ha già riposto in confezioni separate bastoncini per le orecchie, fazzoletti di carta e salviette umidificate.
Io ho invece raccolto gli ultimi assorbenti igienici che ancora sopravvivevano in giro per casa e li ho aggiunti all'insostituibile "Coppitiello", ormai diventato un must dei miei viaggio in kayak.
E poi ci sono altri barattolini sparsi che contengono quanto serve per personalizzare il kit...
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