SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


lunedì 1 agosto 2016

Due traversate in due giorni

Giovedì 28 luglio 2016 - 35° giorno di viaggio
Mitakas - Pollonia, Milos (11 km)
Vento N 20-30 nodi (F6-7) - Mare molto mosso con onde fino a 2 metri spesso frangenti - Temperatura 25°C
Mi sveglio col torcicollo. Forse ho dormito in una posizione scorretta o forse è l'umidità della notte che ha inzuppato la tenda. O forse entrambe le cose.
Ieri sera giocavano i nipoti, stamattina lavorano i nonni: la piccola spiaggia di Mitakas è sempre in piena attività. Nessuno fa caso a noi, che smontiamo con la solita pigrizia mattutina e che prendiamo il mare quando loro si siedono a tavola per il pranzo. Ci salutano tutti con le posate in mano.
Noi seguiamo il consiglio di Raphael e ci infiliamo nello stretto corridoio di Kofto, un piccolo e suggestivo canyon in mare che serpeggia tra scogliere bianche lavorate dal vento.
Curiosiamo anche nell'ennesimo porticciolo, questo con tutte le porte e finestre dipinte di blu ed una chiesetta bianca che domina la spiaggia dove i bambini hanno disseminato decine di formine e palette di tutti i colori.
Ci infiliamo poi sotto un arco naturale sul capo disseminato di scogli dorati modellati dall'acqua: c'è un'altra casetta dagli infissi blu e si uscirebbe anche in mare aperto, ma non ce la sentiamo di avventurarci tra gli scogli affioranti che chiudono la piccola insenatura, scelta dall'unico pescatore che ha preferito questo luogo suggestivo come ricovero per il suo caicco.
Andiamo a visitare le Isole Glaronissia, poco al largo di Milos, per vedere i rinomati basalti colonnari che sorgono dalle acque profonde sulle due isole gemelle. Tutte le altre isole satelliti di Milos le abbiamo "saltate": Prasonisi, sul capo sud-ovest, perché il suo nano-faro non sembrava meritare la pur breve traversata; Antimilos perché distante 5 miglia nautiche a nord-ovest, in un mare sempre troppo mosso e per giunta senza alcuna spiaggia in cui sbarcare per una sosta, men che meno per montarci un campo; le due isole Akradies di fronte all'ingresso del golfo interno di Milos, perchè due scogli brulli e dirupati, al di là del canale navigabile sempre molto trafficato. Le Isole Glaronissia, invece, meritano se non il periplo, perché il vento ingrossa il mare all'intorno, almeno un passaggio, per ammirare le colonne di lava nera, imponenti come quelle di un organo invecchiato. Per noi lo spettacolo è un po' deludente, forse perché dopo avere visto i basalti colonnari dell'isola di Staffa nelle Highlands scozzesi tutto il resto ci sembra trascurabile: su quei sedili posti a diverse altezze ci stavamo comodi in tre adulti, mentre su questi non c'è posto neanche per un bambino. Il confronto non regge.
Mentre è molto più suggestivo il capo di Akrotiri Kalogeros, sia per l'isoletta a faraglione che si erge alla sua estremità, tutta di basalti colonnari anche più affascinanti di quelli di Glaronissia, sia per le sfumature ramate delle rocce sul costone scosceso, aperte a ventaglio con perfette gradazioni cromatiche, rese ancor più vivide dal sole del primo pomeriggio.
Raggiungere il porto di Pollonia, all'estremità settentrionale di Milos, non è affatto facile, visto che il mare è già da un pezzo che ci sta rendendo la vita difficile. E' tutto un sali scendi che non ci concede alcuna tregua e ci tocca pure fare un appoggio triplo carpiato quando le onde si rincorrono a destra e a sinistra, come solo una lavatrice a centrifuga intrecciata riesce a fare. Ci allarghiamo per evitare le secche che circondano il capo sormontato dal piccolo faro di ingresso del porto, facciamo ciao ciao con la manina al primo capo sul quale siamo giunti ormai otto giorni fa e chiudiamo così idealmente il periplo di Milos.
Quando finalmente sbarchiamo nella cala protetta e disseminata di barche all'ancora il mio torcicollo ringrazia e peggiora!
Incontriamo ancora una volta Rod con il suo numeroso gruppo di kayaker americani: un paio di ragazze dimostrano un forte interesse per i nostri due Voyager e ci subissano di domande sulla linea di ispirazione groenlandese e sulla chiglia a V e sulla buona fattura. L'assistente di Rod si avvicina per chiedere lumi sui pannelli solari, ma purtroppo anche quello di Mauro ha deciso di andare in pensione. Un po' troppo in anticipo sulla fine del viaggio, ma vedremo di far fronte in qualche altro modo alla crisi energetica che ci sta colpendo, per esempio sacrificandoci ad andare in taverna ogni volta che ci servirà della corrente (come stasera!). Non siamo mai stati così poveri di energia ma così carichi di inventiva!

Nel canyon di Kofto, Milos
Nella grotta passante
Nel porticciolo di Agios Konstantinos, Milos
Un altro arco naturale...
L'isola piccola delle Glaronissia, Milos
Verso il capo settentrionale di Milos
Scogli policromi ovunque...

Venerdì 29 luglio 2016 - 36° giorno di viaggio
Pollonia, Milos - Agioklima, Kimolos (12 km)
Vento N 22-32 nodi (F6-7) - Mare molto mosso - Temperatura 26°C
E'stata un'altra notte molto umida e anche se la piccola tamerice cresciuta sulla battigia ci offre la sua ombra fino alle nove del mattino noi ci alziamo un po' rattrappiti.
Dopo la colazione all'ombra di una tamerici più grande, torniamo a piedi in porto per finire di fare rifornimento di acqua, pane e companatico. Poi prendiamo il mare, ma tra una cosa e l'altra, la nostra rinomata lentezza prende il sopravvento e ci ritroviamo a traversare lo stretto tra Milos e Kimolos quando è ormai un tappeto di cavalloni bianchi: il Meltemi lo ha già riempito di frangenti corti, ravvicinati e nervosi. Passiamo il braccio di mare tra le due isole con un perfetto traghetto in corrente, ma per risalire appena sei chilometri lungo il versante occidentale di Kimolos, dopo essere passati accanto al capo dal quale giorni addietro avevamo traversato su Milos, impieghiamo la bellezza di due ore tonde tonde.
Saremmo anche contenti di sbarcare prima, ma le tre calette protette indicate sulla mappa non sono praticabili per diverse ragioni: ciottoli troppo grossi, scogliere retrostanti troppo incombenti, arbusti troppo bassi per potersi riposare all'ombra.
Ci sono anche un sacco di belle cose da ammirare lungo la costa frastagliata: piccoli faraglioni argentati, scogliere piene di grotte, capi rosso-ramati e giallo-dorati e persino un'isoletta che sorge davanti a due lunghe spiagge di sabbia bianca, sotto le cui tamerici pullulano le tende colorate di altri liberi campeggiatori, e le cui estremità sono separate da una piccola fila di scogli triangolari molto appuntiti ma molto levigati, che ospitano un'antica necropoli.
E' però il Meltemi a tenerci occupati più del panorama. Almeno fino a quel primo capo laggiù. Allora proseguiamo, chini, controvento. Ma ne vale la pena.
Non solo per la bellezza della baia che si apre sulla metà esatta della costa occidentale di Kimolos, Ormos Athinia, incassata al fondo di una gola verdeggiante modellata da terrazzamenti abbandonati e impreziosita da un piccolo uliveto accanto allo stagno, poco oltre la spiaggia occupata da un somaro molto socievole. Ma anche per l'incontro inaspettato e gradito con Spiros e Gunnel, una coppia greco-svedese di appassionati canoisti: ci vengono subito incontro, ci aiutano a tirare in secca i kayak e ci tengono compagnia per l'intera durata della sosta con chiacchiere interessanti ed intelligenti sulla vita e sull'andare per mare. Lasciano la pagliarella prendisole in pasto al ciuchino, che già l'aveva adocchiata ed avvicinata più volte, riducendola in brandelli e continuando a giocarci a lungo, e vanno via prima di noi: devono risalire a piedi lo sconnesso sentiero nella macchia per raggiungere la vespa lasciata sul ciglio dello sterrato al di là della collina, per poi prendere un primo traghetto per tornare a Milos ed un secondo traghetto notturno per rientrare ad Atene. Li attendo un'altra settimana di vacanza in kayak nel Peloponneso, di dove Spiros è originario e che programmiamo un giorno o l'altro di circumnavigare tutti e quattro insieme... Ma noi dobbiamo prima chiudere il periplo di Kimolos e di qualche altra isola!
Proseguiamo lungo la bella costa frastagliata e colorata dell'isola, ancora e sempre controvento, per passare la notte in una cala ridossata che sulla mappa, e anche dalle parole di Spiros, offre una sorgente di acqua termale dove poter fare un bagno caldo tra le bolle di una vecchia solfatara. Troviamo la spiaggia, troviamo anche il presunto luogo della sorgente, incassato tra alcuni scogli ambrati e così ben levigati da sembrare delle comode sedute arrotondate. Ma non troviamo le bolle: speravamo da giorni di poterci ritemprare nelle acque termali di Kimolos, da quando, rimasti bloccati sull'isola per un giorno intero, sulla cala 10 e lode, avevamo dovuto rinunciare a passare lungo la costa occidentale per via del vento troppo forte e del mare troppo grosso, ed avevamo ripiegato sulla costa orientale dell'isola passando il capo settentrionale tra le onde più gonfie del viaggio. Ci voleva proprio un bel bagno caldo per il mio torcicollo. Ma niente da fare, la sorgente non la troviamo.
Montiamo la tenda mentre il sole tramonta sul mare e ci godiamo una lunga serata di meritato riposo.

Di ritorno sull'isola di Kimolos
Pranzo in compagnia
Il nuovo amico di Polpiak
Tramonto dalla cala di Agioklima, Kimolos
Dopo aver messo piede su Milos proseguiamo l'esplorazione di Kimolos e Poliegos
In navigazione verso il capo nord di Kimolos
Il capo settentrionale di Kimolos, quello più ridossato

Sabato 30 luglio 2016 - 37° giorno di viaggio
Agioklima, Kimolos - Ormos Maskoula, Poliegos (21 km di cui 4 in traversata)
Vento N 22-32 nodi (F6-7) - Mare molto mosso, specie sui capi - Temperatura 26° C
Proviamo ad alzarci prima che si alzi il Meltemi, puntando la sveglia alle sei del mattino, e ci riusciamo solo in parte perché già alle prime luci del giorno il capo settentrionale di Kimolos è imbiancato di frangenti e lo doppiamo per la seconda volta senza poter scattare neanche una fotografia!
Passiamo davanti alla baia dove abbiamo fatto campo, e dove siamo rimasti bloccati per una seconda lunghissima giornata, dopo la traversata da Sifnos: facciamo ciao ciao con la manina alla nostra spiaggia 10 e lode e chiudiamo idealmente anche il periplo dell'isola di Kimolos.
Dobbiamo pagaiare ben distanti dalla costa perché le onde di ritorno sono alte ed aggressive come quelle che arrivano dal mare aperto. Dobbiamo anche appoggiare spesso, sia a destra che a sinistra, ma dopo l'appoggio triplo carpiato eseguito ieri sul capo nord di Milos siamo ormai diventati dei veri esperti nell'arte di mantenere l'equilibrio sull'acqua. Dobbiamo anche usare spesso la deriva, per controllare la rotta che cambia continuamente man mano che giriamo intorno all'isola.
Constatiamo per l'ennesima volta che il Voyager è una gran bella barca, sicura, stabile e direzionale: passiamo il capo più esposto con grande tranquillità, perché il Voyager ci fa sentire tranquilli, perdonandoci anche qualche piccolo errore di impostazione nelle varie manovre. Non riusciamo ad immaginare un kayak migliore per questo tipo di spedizione: con nessuno dei nostri vecchi kayak ci saremmo forse azzardati a prendere questi mari...
La traversata su Poliegos è fattibile, e anche divertente: il mare di poppa ci fa prendere 6 nodi di velocità, il vento ci fa coprire la distanza di 4 km in poco meno di 40 minuti ed in men che non si dica sbarchiamo nella cala scelta per la pausa pranzo. E' però troppo ventosa per pensare di trascorrerci tutto il pomeriggio o per tentare di montarci il campo per la notte: non c'è un alberello sotto il quale riparare e fissare qualche tirante per proteggere la tenda, e non c'è neanche un minimo ridosso dal vento che imperversa senza sosta, sia in mare che a terra. Riesco solo a schiacciare un pisolino al riparo di un basso arbusto di ginepro ma Mauro scalpita e ci sbrighiamo a ripartire. Siccome il mare imbizzarrito ci ha divertito, scegliamo di proseguire lungo la costa settentrionale di Poliegos, anche se ancora molto esposta alle intemperanze del Meltemi. Le onde sono sempre gonfie, bianche e frangenti, le lavatrici sempre tutte irregolari e vorticose, le punte rocciose più pronunciate sempre tutte battute dalle sventagliate furiose che imperversano per tutta la giornata.
Peccato non riuscire a fare neanche una foto a questa costa alta e dirupata, piena di canaloni e picchi e menhir, prima bianchi poi gialli e poi rossi, tutti abbarbicati sulla costa alta e macchiata di alberelli ondeggianti nel vento. Scorgiamo un arco naturale di dimensioni impressionanti ma il mare non ci consente di avvicinarci troppo. Solo l'incontro con una grande tartaruga Caretta caretta ci fa dimenticare per qualche momento il trambusto in cui stiamo navigando da ore.
Quando avvistiamo il faraglione dell'estremità nord-orientale dell'isola, Mauro mi urla da dietro: "Proviamo a passarci dentro!" Ma io dico mai: con tanto mare che c'è, proprio lì dobbiamo andare ad infilarci, in quel bailamme di onde e correnti e turbini di vento?!? Vabbé, infiliamoci e non pensiamoci più.
Il faraglione nasconde l'ingresso protetto da una barriera di scogli affioranti della cala 10 e lode di Poliegos, anzi la cala che merita indubbiamente la menzione d'onore del viaggio: Ormos Maskoula è davvero incredibile. Eliot aveva proprio ragione, non solo è riparata ma è anche bellissima!
Le foto non rendono onore allo spettacolo dei picchi rocciosi che si innalzano su per la gola fino in cima alle montagne che incoronano la baia, alcuni talmente alti ed inclinati da dare l'impressione di essere sul punto di venire giù. Rossi, bianchi, gialli, marroni e verdi: tutti i colori possibili tingono la nostra dimora proprio sul far del tramonto.
E poi c'è sempre il vento, naturalmente: che pulisce aria e terra. E che fa alzare in volo un falco Eleonora proprio quando mettiamo piede sulla spiaggia di sassolini policromi come quelli che piacciono tanto a me (e anche a Mauro perché non restano attaccati a niente!)
L'unica incombenza della serata è quella di fissare bene i piedi della tenda e di tirantarla sia ai kayak che alla roccia vicina per evitare che voli via nel vento.
Il Meltemi non ci lascia se non a notte fonda.

La tartaruga incontrata sulla costa settentrionale di Poliegos
L'esultanza dell'arrivo a destinazione
Ormos Maskoula, la cala 10 e lode con menzione d'onore
Il campo ai piedi del faro
Verso il faro
Selfie al faro
Altro pranzo in compagnia

Domenica 31 luglio 2016 - 38° giorno di viaggio
Ormos Maskoula - Ormos Epano Mersini, Poliegos (11 km)
Vento N-NW 24-35 nodi (F6-7) - Mare molto mosso - Temperatura 27°C
Ce la siamo presa molto comoda, ieri sera, perché siamo arrivati presto, abbiamo cenato presto e siamo andati a letto presto. Ce la prendiamo molto comoda anche stamattina, tanto il mare è impraticabile. Le operazioni di smontaggio della tenda e del campo sono più lunghe del solito e anche la colazione all'ombra della tamerice che sorge imponente al centro della spiaggia diventa molto lenta.
Il faro che ci guarda dall'alto del capo ci invita ad una scarpinata su per il sentiero che corre a zig zag per la costa rocciosa a strapiombo sul mare profondo. Alcuni tratti sono in parte crollati e ci costringono a passaggi alternativi che superiamo con estrema attenzione. Impieghiamo oltre un'ora per raggiungere la cima e per godere di un panorama mozzafiato: dall'altro i nostri due kayak scompaiono quasi alla vista e sembrano diventare due granelli di sabbia che facilmente si confondo con quelli policromi all'intorno. La roccia assume le gradazioni più varie, dal rosso intenso al bianco abbacinante, e le macchie di verde donano un tocco di vitalità all'insieme. Quando arriviamo finalmente al faro, rapiti dalla bellezza del paesaggio, scattiamo una sola foto al suo codice ma dimentichiamo di immortalare la sua cupola ramata.
Scendiamo in tempo per il pranzo, consumato in compagnia di un bel caprone "selvatico" che viene a mangiare pomodori e peperoni direttamente dalle nostre mani. Poliegos deve il suo nome alle capre che abitano l'isola, le uniche abitanti di quest'isola disabitata, una delle più grandi della Grecia, e sembra di tutta Europa, a non essere stata "invasa dagli umani": Poliegos significa infatti "molte capre" e la capra pezzata dalle belle corna ritorte viene a salutarci in rappresentanza del piccolo gregge che la segue e che staziona a lungo tra lo stagno e l'ombra della tamerice accanto alla nostra.
Tardiamo a risalire in kayak, sia per godere quanto più possibile del panorama che nessuna cartolina di Poliegos ha incorniciato (ma che rimarrà a lungo stampata nella nostra mente!), sia per concedere al mare e al vento, oggi davvero grossi ed infuriati, di calare quel poco da permetterci di ripartire. Quando sono ormai le cinque del pomeriggio, ed il Meltemi sembra avere perduto un poco della sua forza, noi ci decidiamo, anche se a malincuore, a lasciare la cala della menzione d'onore.
La costa est e sud di Poliegos è anche più bella di quella nord, tutta piena di faraglioni bianchi e arancioni. Le rocce in ogni ansa riprendono i colori della panna e della cannella e ci sono alcuni punti in cui si tingono persino di viola. E' talmente spettacolare, e ridossata finalmente dal vento, che impieghiamo più del solito a percorrere pochi chilometri, tutti presi come siamo a scattare una foto dietro l'altra. Intravediamo anche la stessa tartaruga che ieri abbiamo incrociato sulla costa settentrionale, almeno così ci pare a giudicare dai denti di cane che punteggiano il suo bel carapace giallo-verde.
Proseguiamo lungo tutta la costa meridionale di Poliegos, e risaliamo anche un tratto di quella occidentale, aperta sulla vicina isola di Kimolos, nella speranza di ritrovare la connessione che già avevamo scovato nella caletta della prima sosta, così da poter controllare per l'ennesima volta le previsioni meteo-marine.
Gli ultimi due chilometri sono i più sudati, contro un vento che soffia imperterrito a venti nodi e che sembra intenzionato a non lasciarci passare. La prima cala, che si chiama Kato Mersini, è del tutto priva di piante ed in rada stazionano chissà da quanto tre grossi yacth, tutti con le loro belle cime tirate a terra. Le tre calette successive si aprono nella splendida baia di Epano Mersini, protetta da una piccola isola bassa e spoglia, che offre un buon ridosso a tante altre barche a vela. A terra, invece, non c'è alcun riparo: la sabbia fine è di quella che frusta le gambe e mentre tiriamo i kayak in secca subiamo le ultime sfuriate del Meltemi che ci fa rimpiangere di non esserci fermati più a sud. Poi però Mauro scova una piccola nicchia tra gli arbusti, ai piedi di un giovane ginepro coccolone, che offre un angolino sufficiente per montare la tenda e per sottrarci un poco alle sempre più rade raffiche serali.
Poco dopo si accendono le lucine sulla costa di fronte, si illumina tutta la Chora di Kimolos e il porto più lontano di Pollonia su Milos. Una vela in rada accende ben sei piani di luci sull'albero maestro e un grosso panfilo maltese, con tutte le luci accese, viene a gettare l'ancora proprio davanti a noi quando ormai è notte fonda. La baia si riempie di luci, ma le più belle sono comunque quelle che si accendono in cielo: la via lattea è lunghissima e brillantissima e ci tiene compagnia mentre ceniamo sotto le stelle...

Siesta con le capre di Poliegos
La costa orientale di Poliegos
La costa settentrionale di Poliegos
I faraglioni di Poliegos
Panna e cannella
Giornata di aggiornamento e di trasferimento
Ormos Epano Mersini in tutto il suo splendore

Lunedì 1° agosto 2016 - 39° giorno di viaggio
Ormos Epano Mersini - Ormos Fykiadha, Poliegos (8 km)
Vento N-NW 17-28 nodi (F5-6) in attenuazione - Mare da mosso a poco mosso, specie sul versante sud di Poliegos - Temperatura di 27°C     
Un giorno di riposo in attesa che il Meltemi ci permetta di traversare su Folegandros.
Un giorno di quasi riposo, per dire la verità: nel pieno rispetto della legge di Murphy, tutta l'attrezzatura elettronica necessaria per aggiornare il blog sembra andare in tilt proprio oggi che, dopo giorni di assenza, abbiamo una connessione decente. La qual cosa fa imbestialire Mauro oltre ogni sua tollerabile misura.
A niente serve lo spettacolo della baia e della sua acqua cristallina.
Almeno le previsioni meteorologiche sembrano confermate: domani dovremmo riuscire a spostarci su un'altra isola che dalle carte e dalle guide sembra bellissima. Ricordo che prima di partire, mentre studiavo il percorso e prendevo appunti, Folegandros mi aveva colpito più di altre isole ed è da tempo che aspetto di scoprirla.
Da 40 giorni, per l'esattezza.
Siamo ormai entrati ufficialmente nel nostro viaggio in kayak più lungo di sempre, più lungo del giro della Sicilia durato 33 giorni e di quello della Scozia nel lontano 2008. Otto anni dopo, però, ci sentiamo addosso tutto il peso degli anni.
Festeggiamo il pensionamento di Mauro e ci sentiamo proprio due vecchietti in vacanza.
Abbiamo collezionato così tanti acciacchi prima di partire che adesso pensiamo che questo lungo peregrinare intorno alle Isole Cicladi potremmo anche chiamarlo "Geriatric Kayak Tour"!
E' il viaggio del 3x3: Mauro ha 3 vecchie ernie al disco, 3 operazioni più recenti per le ernie inguinali recidive e 3 operazioni chirurgiche alle spalle per tendini vari. Io ho scoperto da poco di avere 3 protrusioni cervicali, ma grazie all'inventore del cortisone in gocce non ho sentito (quasi) alcun dolore e gli esercizi con le bande elastiche colorate suggeriti dal mio fisioterapista sono risultati molto efficaci, tanto che la ricca dotazione di medicinali di scorta giace ancora intonsa sul fondo dell'ultimo gavone del mio kayak.
Abbiamo poi sperimentato alcuni piccoli inconvenienti del campeggio nautico: 3 unghie dei piedi si sono rotte per avere avvicinato con troppo slancio alcuni dei miei sassi da impilare (l'alluce di Mauro è rimasto nero per un'intera settimana); 3 spine di ricci di mare, una per piede e una nella mano sinistra, tutte collezionate mentre ripulivo alcuni splendidi esemplari ritrovati in spiaggia; 3 frustate che hanno lasciato per giorni dei segni rossi sul mio pancino ancora bianco, procurate con l'elastico di sicurezza con cui avvolgiamo la tenda prima di riporla nella sua sacca stagna; 3 punture di vespe, una sul mio gluteo e due sulla pancia di Mauro, sempre mentre si sedeva sul suo amato sgabellino 3-piedato; 3 buchi di chiodi arrugginiti sotto le piante dei piedi, l'ultimo che ha fatto imprecare Mauro per la successiva mezz'ora e che lo ha indotto ad ipotizzare dei calzari antinfortunistici per il kayak.
In compenso, nessuna vescica sulle mani per l'uso prolungato della pagaia, nessuna scottatura da eccessiva esposizione al sole né irritazioni cutanee di vario tipo come ci era capitato in altri viaggi. Tutto sommato, siamo contenti così.
Oggi ci attende una tappa di trasferimento.
Abbiamo intenzione di risalire verso nord per un paio di chilometri, giusto per andare a fare ciao ciao con la manina alla cala della prima sosta su Poliegos e per completare così idealmente il periplo dell'isola. E poi di ritornare verso sud per ammirare ancora una volta gli stupefacenti panorami costieri dell'isola disabitata e per fare campo sulla caletta in posizione più favorevole per la traversata di domani su Folegandros.
Speriamo di godere di un'altra lunga serata di tutto relax.

1 commento:

  1. I commenti su Facebook (1 agosto 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1164097383611166
    Lasciata Milos, esploriamo le strepitose Kimolos & Poliegos!

    Giovanna D'angelo: :-*

    Marco Xwarz Bonomi: lettotuttodiufiato...wow!

    Achille Rosberti: Continua così, Mauro.

    Agostino Di Parma: Magnifici.

    Marco Valle: Ormai sono dipendente ...bello tutto ! Ma una maschera sub l'avete?
    [Mauro Ferro: Certo che ce l'abbiamo... ma, per il vento, siamo riusciti ben raramente a farci un bagno e ad usarla...]

    Eugenio Costanzo: Che avventura...

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