SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


domenica 28 agosto 2016

Ios, l'isola delle due facce

Mercoledì 24 agosto 2016 - 62° giorno di viaggio
Agia Irini, Thirasia - Ormos Manganari, Ios (25 km)
Vento NW 5-6 nodi (F2) - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
E invece anche Thirasia ci riserva delle brutte sorprese.
Mentre siamo nell'unica taverna del porto a gustare la moussaka di melanzane e lo tzatziki fatto in casa più saporiti del viaggio, mentre i due gestori panciuti e rubicondi ci intrattengono con lunghe conversazioni in greco sul nostro giro in kayak e a fine cena ci regalano una bottiglia del loro vino bianco (buonissimo!), mentre brindiamo tutti insieme a raki per ben quattro volte, ripetendo "Yamas" ogni volta a voce più forte... beh, qualcun altro ha di nuovo "smanacciato" i nostri due kayak!
Ha aperto tutti i gavoni ed i pozzetti, spostato per bene ogni cosa e... lasciato tutto al suo posto! All'appello manca solo il costume di Mauro, quello a strisce bianche e blu come la bandiera greca. Più che un ladro, forse un feticista.
Quando però realizzo che è sparita anche una metà della mia pagaia divisibile mi prende un attacco isterico in piena regola: piango, urlo e strepito, gesticolo nella notte, mi sbraccio all'impazzata, divento una strega indiavolata che inveisce contro tutto e contro tutti. Finché Mauro non torna con la mia mezza pagaia di riserva, trovata dieci minuti dopo a dieci metri dai kayak sepolta sotto dieci centimetri di posidonia.
Boh! Un dispetto? Un avvertimento? Una ragazzata? Mistero!
Quei dieci minuti sono sufficienti a toglierci dieci giorni di vita: quelli trascorsi ad Anafi in terapia intensiva, quelli che ci sono serviti per strapparci di dosso la brutta sensazione del (pen)ultimo furto, quelli in cui abbiamo sperato con tutto il cuore che Santorini ci lasciasse un ricordo migliore.
Siamo sfatti.
La notte è insonne, nonostante il letto di posidonia più morbido e confortevole di sempre.
Ho incubi ricorrenti in cui torno a fare l'avvocato per mandare in galera tutti i ladri di costumi da bagno ed ogni volta che mi sveglio di soprassalto e madida di sudore trovo Mauro che, con la scusa dei quattro giri di raki, è la fuori che gironzola intorno alla tenda per controllare i kayak.
Al mattino siamo due pelli di stracchino.
Tornare verso casa: ecco il pensiero che ci aiuta a recuperare un minimo di spirito positivo.
Lasciarci il kaos di Santorini alle spalle e risalire le Cicladi orientali per fare lentamente ritorno verso casa!

La traversata da Santorini a Ios ci impensierisce da giorni perché è la prima che dobbiamo affrontare verso nord, controvento. Ed il Meltemi stamattina s'è svegliato più agguerrito di noi. Che siamo ancora più determinati a lasciare Santorini una volta per tutte!
Stiamo controllando le previsioni meteo-marine in continuazione, adesso ogni ora, ed i tre siti internet di riferimento sono tutti concordi nel concederci proprio oggi una buona finestra di bel tempo: vento in attenuazione e mare poco mosso ma... a guardare là fuori non sembra proprio che le cose stiano esattamente così.
Lo stretto tra Santorini e Thirasia è tutto imbiancato di frangenti, onde poderose raggiungono la nostra spiaggia rendendo l'imbarco pressocché impossibile e a giudicare dal trambusto generale sembra quasi che oggi non si possa andare proprio da nessuna parte.
Ma noi vogliamo andare via da Thirasia ad ogni costo, tanto che iniziamo a pensare di poter anche pagaiare per dieci ore contro vento, pur di raggiungere Ios, oppure di saltare al volo su uno di questi traghettini che di tanto in tanto attraccano in porto.
Scegliamo invece la nostro solita strategia marinara: aspettiamo.
Ogni ora, dalle nove a mezzogiorno, scrutiamo il mare per controllarne lo stato e per capire se qualcosa cambia e come e quanto... In effetti, con quattro ore di ritardo sulle previsioni, il Meltemi cala di botto, le onde pure e noi in mezz'ora siamo in kayak.
E in cinque ore e mezza arriviamo ad Ios!
La traversata sembra la copia rovesciata dell'altra.
Per la prima ora le onde incrociate ci fanno scodinzolare parecchio e ci costringono a continui aggiustamenti della rotta. Poi il vento aumenta del tutto inspiegabilmente, visto che le previsioni lo davano in attenuazione: il Meltemi riprende ad imbiancare di nuovo tutto il canale tra le isole. ma senza impensierirci troppo, perché nonostante spruzzi e frangenti, noi continuiamo ad avanzare a cinque chilometri orari come se niente fosse. Poi passa un unico traghetto ma talmente distante dalla nostra rotta da poterlo trascurare, mentre ci mette in agitazione un velista troppo curioso che, forse per leggere la marca delle barrette di sesamo e pistacchio che stiamo sgranocchiando, si avvicina un po' troppo ai nostri due kayak zatterati: vuole solo sapere se va tutto bene, ci augura buon viaggio e prima di riprendere la sua rotta ci fa notare con le mani che il mare "Is too rough!".
Grazie, lo vediamo anche da noi che le onde si stanno gonfiando sempre di più, tanto che nel breve intervallo di dieci minuti dedicato alla nostra pausa pranzo delle tre del pomeriggio deriviamo di oltre cinquecento metri. Ma siamo ormai nel bel mezzo della traversata e non possiamo fare altro che proseguire, sfruttando quel sali-scendi tra le onde per avanzare verso Ios, sempre e comunque a cinque chilometri orari.
Poi entriamo finalmente nel cono d'ombra dell'isola e tutto si placa, vento e onde cessano come d'incanto e per l'ultima ora pagaiamo risoluti e tranquilli verso la nostra meta finale, accolti da numerose berte che si librano in festa a pochi metri dai nostri kayak, come a volerci dare il benvenuto su Ios.
Conosciamo la baia, riconosciamo subito la "nostra" cala, ritroviamo anche la sua aura magica.
Sbarchiamo presto, poco dopo le cinque di pomeriggio: abbiamo tutto il tempo per rimetterci in sesto. Ci facciamo uno shampoo, una toletta completa di manicure e pedicure, una messa in piega sotto i raggi dell'ultimo sole, una sabbio-crematura e un'altra serie di piccole attenzioni per lavar via gli ultimi residui malumori che ancora provano a restarci attaccati addosso da Santorini.
Ceniamo presto e una volta in tenda ci arrivano le drammatiche notizie del terremoto in Italia centrale: di fronte a questi tragici eventi collettivi i nostri piccoli drammi personali svaniscono all'istante.

Appena oltre Ormos Manganari, sulla costa orientale di Ios
Le belle spiagge deserte dell'isola di Ios
Il vecchio Paliokastro sulla collina
La seconda visita alla Chora di Ios
Al tramonto verso il capo settentrionale di Ios

Giovedì 25 agosto 2016 - 63° giorno di viaggio
Ormos Manganari - Ormos Agia Theodotis, Ios (22 km)
Vento NW 10-15 nodi (F4) - Mare da poco mosso a mosso - Temperatura 25°C 
Risveglio lento, come piace a noi.
Mauro dedica lunghi momenti alla manutenzione delle derive per sostituire i cordini ormai lisi.
Facciamo una seconda colazione all'ombra del "nostro" ginepro coccolone e soltanto all'ora di pranzo ci mettiamo in kayak per riprendere ad esplorare verso nord l'isola di Ios.
La costa orientale è bella come quella occidentale, se non forse di più. E' disabitata e costellata di spiagge idilliache e deserte, incassate in baie rocciose lambite da acque cristalline. Ios ha una fama immeritata, tutta discoteche e droghe e inquinamento, mentre dal mare offre un panorama invidiabile e tanti piccoli angoli tranquilli.
E' un piacere andare alla scoperta di quest'isola, specie oggi che non abbiamo alcun programma predefinito, se non provare a raggiungere la spiaggia di Agia Theodotis perché dobbiamo fare rifornimento di acqua e viveri e contiamo sul market del campeggio segnato sulla mappa.
Facciamo una sosta per il pranzo su una lunga spiaggia dorata aperta a mezza luna ai piedi di una vallata in cui scorgiamo soltanto un vecchio casale di mattoni. Ci arriva una strada sterrata ma gli unici altri bagnanti restano rintanati sotto il loro ombrellino blu all'estremità opposta della cala, ai piedi di una bella parete rocciosa che qui ad Ios è una costante tra una baia e l'altra. C'è qualche casa in costruzione e qualche affittacamere nel piccolo agglomerato di Psathi, l'unico borgo sul mare della costa orientale, ma per il resto, la costa è del tutto disabitata.
Risalendo contro vento l'ultimo tratto di costa frastagliata, raggiungiamo presto il capo roccioso sui cui svetta il vecchio Paleokastro. E' una roccaforte veneziana costruita sui resti di una torre di avvistamento bizantina, una di quelle usate per controllare le rotte dell'Egeo e collegata con un sistema di segnali di fuoco alle altre rocche di Naxos ed Amorgos. I pochi resti sono arroccati in cima ad una collina conica di 298 metri sul livello del mare, poche mura diroccate che dall'alto scrutano il mare ed il nostro passaggio silenzioso.
Pagaiamo fino al tramonto, il vento cala quel poco da lasciarci entrare senza fatica nell'ampia baia di Agia Theodotis con le ultime luci del giorno.
Abbiamo deciso di cambiare atteggiamento.
Ogni volta che ci allontaniamo dai kayak continuiamo a caricarci di tutta l'attrezzatura elettronica residua, computer e pannello solare di Manolis compresi. Sembriamo due muli da soma ed i nostri due zainetti da spalla sono sempre più gonfi e pesanti. Ma non possiamo portarci dietro i kayak, né possiamo rinunciare ad andare a cena in taverna, uno dei massimi piaceri di questo viaggio alle Cicladi. Lasciamo in kayak l'attrezzatura da campeggio, le creme solari ed il cibo... dovremo forse pensare ad un sistema di lucchetti o filari di campanelli ma i recinti non ci son mai piaciuti ed uno degli innegabili vantaggi di questo tipo di viaggio è proprio il senso di libertà che regala ogni giorno... ladri o feticisti permettendo!
Però non vogliamo più pensare a noi stessi come a due kayaker sfigati che devono nascondersi agli occhi del mondo: siamo invece due navigatori di lungo corso che devono riservare alle loro imbarcazioni il trattamento di favore che meritano. Non sono due semplici kayak, sono due panfili! E allora stasera li tiriamo in secca proprio lì, a due passi dalla fila di ombrelloni della spiaggia attrezzata, poco oltre il moletto di cemento dove sono attraccati altri due gommoni, vicino ai due bei gozzi colorati e spiaggiati da chissà quanto. Staranno in compagnia tutta sera, tra simili.
Noi ci vestiamo di tutto punto e saliamo in taverna come due veri signori.
La cena è regale, anche se le porzioni di pasticcio e moussaka sono più adatte a due scaricatori di porto, quali noi siamo, forse, a giudicare dalla velocità con cui lucidiamo il fondo dei piatti.
Vabbè, non è che possiamo cambiare pelle in una serata soltanto!

Le prime nuvole del viaggio si addensano sul nostro campo 
In pellegrinaggio alla tomba di Omero
La "Manna di Manolis": look at the perfect coordination of colours between your knife and my plate, Manolis!!!
Il kayak c'è ma non si vede!
Onda su onda, il mare ci porterà alla deriva in balia di una sorte bizzarra e cattiva...

Venerdì 26 agosto 2016 - 64° giorno di viaggio
Ormos Agia Theodotis - Kalo Avlaki, Ios (6 km)
Vento NW 10-15 nodi (F4) - Mare da poco mosso a mosso - Temperatura 25°C
Del campeggio non c'è neanche l'ombra, figuriamoci del suo market.
La mappa deve essere la più sbagliata di tutte, è la stessa che oltre a segnare il faro inesistente sul capo meridionale riporta anche informazioni fuorvianti.
Saliamo alla taverna anche per la prima colazione.
Suscitiamo l'immediato interesse degli unici altri quattro avventori greco-tedeschi, che non solo ci interrogano a lungo sul nostro viaggio in kayak ma ci forniscono anche una serie infinita di preziose informazioni sull'isola. Prima fra tutte, che un campeggio lì non c'è mai stato.
Dobbiamo risolvere il problema dei rifornimenti ma è presto fatto: il gestore della taverna deve andare in auto alla Chora e si offre di darci un passaggio, sia all'andata che al ritorno.
Ecco, questa è la sensazione che più ci sorprende di questo viaggio alle Cicladi: c'è chi ci apre i kayak e chi ci accoglie a braccia aperte, chi ci deruba e chi ci aiuta, chi ci stravolge le giornate con emozioni negative e chi invece ci regala solo emozioni positive. E non sono solo gli amici di kayak, come Stavros ad Atene, Raphael a Milos o Manolis ad Anafi, ma anche illustri sconosciuti che si appassionano alla nostra piccola avventura alle Cicladi e ci regalano cetrioli freschi, sorrisi calorosi e mappe turistiche di Ios più aggiornate delle nostre!
Forse per apprezzare i secondi servono anche i primi, chissà...
Oggi ce la prendiamo davvero comoda.
La seconda visita alla Chora di Ios è meno traumatica della prima, anzi addirittura piacevole. Mentre attendiamo il passaggio per il ritorno, ci addentriamo tra i vicoletti in salita e le casine bianche dalla classica architettura cicladica, ci perdiamo un po' tra le scalinatelle ed i sottoportici, curiosiamo nelle piccole piazzette che si aprono di quando in quando e saliamo fino alle quattro chiesette che sormontano il cucuzzolo conico della collina. Lo spettacolo dall'alto sul porto, sulla baia e sullo stretto braccio di mare fino a Sikinos è molto suggestivo e tra una foto e l'altra mandiamo un saluto immaginario a Nico e Roberta, che in questi giorni sono in vacanza sull'isola di fronte, una delle nostre preferite.
Facciamo provviste per cinque giorni. E troviamo anche qualche prelibatezza per allietare le nostre prossime serate in spiaggia.
Ritorniamo nella stessa taverna per un lungo pranzo ristoratore, stavolta a base di peperoni e pomodori ripieni di riso, e gozzovigliamo al tavolo sulla terrazza panoramica fino alle cinque del pomeriggio. Alla fine, un po' controvoglia, ci decidiamo a tornare ai kayak, che nessuno ha importunato, e a stivare con accortezza ogni cosa nei gavoni, con qualche piccolo gioco di prestigio per farci entrare tutto.
Prendiamo il mare che è ormai sopraggiunto il tramonto. Giusto per il gusto di continuare ad esplorare l'isola. Facciamo rotta verso nord, diretti all'ultima cala, quella più ridossata dal Meltemi. Che non ha mai smesso di sbraitare per l'intera giornata e che ancora imbianca e ingrossa il mare.
Sul primo capo appena fuori il golfo di Agia Theodotis devono esserci forti correnti di ritorno perché per un buon quarto d'ora pagaiamo alla velocità critica di 0.0.
Allora ci portiamo sotto la scogliera battuta da una movimentata lavatrice e sfruttiamo un poco le onde che, dopo aver colpito la costa alta e rocciosa, se ne tornano in mare aperto con una buona carica di energia, spandendo all'intorno tanti picchi d'acqua fresca in cui è divertente fare un po' di gimcana. E' poco più di un'ora e mezza di navigazione che ci regala emozioni forti: le onde grosse che spesso frangono sui nostri ponti, il vento fresco che ci contrasta ma non ci blocca, le prime ombre della sera che avvolgono l'isola in un velo di raso e soprattutto il sole che tramonta dietro il capo settentrionale e che ammanta ogni cosa di rosso carminio.
Lo iodio deve avere l'effetto di una droga, su di me: quando respiro l'odore del mare a pieni polmoni mi scopro eccitata e felice. Sbarchiamo in perfetta sincronia, in una piccola caletta isolata dove le ultime onde si smorzano dolcemente. Tiriamo in secca i kayak sui ciottoli policromi e ci prepariamo per la notte. Saltello intorno al campo come una bimbetta, riempio Mauro di bacetti finchè non grugnisce di disappunto e sono talmente elettrica che lo precedo persino nei lavori di spianamento, quelli che di solito esegue lui prima di montare la tenda. In confronto al suo livello di alto perfezionamento io sono ancora una principiante alle prime armi: anche se seguo i suoi consigli non riesco ancora a fare un piano decente, così strappo la promessa che il prossimo Caterpillar, il legno che usiamo per questi lavori di sbancamento, sarà dotato di una piccola livella incorporata.
La tenda si apre sul mare nero e sulla piccola luce del faro dell'isola antistante di Iraklia, la più occidentale delle Piccole Cicladi e la nostra prossima meta: sembra un primo invito ad andare, un richiamo nella notte, un saluto da lontano di tre lampi ogni dieci secondi.
Ceniamo con un pugno di frutta secca e tre loukoumi a testa, i più buoni fin'ora assaggiati, forse perché aromatizzati al raki!

L'ultimo tratto di Ios per concludere il periplo (all'orizzonte Sikinos!)
Le ombre della sera
L'ultimo campo sull'isola di Ios
L'ultimo risveglio sull'isola di Ios
Colazione in tenda perché l'aria è troppo frizzante... 

Sabato 27 agosto 2016 - 65° giorno di viaggio     
Kalo Avlaki - Ormos Diamoudia, Ios (23 km)
Vento N 14-16 nodi (F4) - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
Colazione lentissima.
Per la prima volta da quando siamo in viaggio compaiono delle nuvolette batuffolose ad offuscare il primo sole del mattino. Non è neanche spiacevole: smorzano un po' l'arsura della giornata e ci convincono a salire sulla collinetta affianco.
Gli abitanti di Ios sono molto orgogliosi di ospitare sull'isola la tomba di Omero. Ci tengono in maniera particolare a precisare che non si tratta di una leggenda: Omero era figlio di una donna di Ios dal nome bellissimo, Klimeni, sono state ritrovate sei monete con l'effige dello scrittore su un lato e l'antico nome dell'isola dall'altro, e molte pare siano le citazioni in documenti antichi di altri illustri storici come Plinio, Erodoto e Pausania. La tomba è poco valorizzata, giusto una lapide tra alcuni massi di marmo e qualche monetina abbandonata qua e là, oltre ad un matita per scrivere il proprio nome: l'elemento di indiscutibile fascino è il numero elevatissimo di omini di pietra che circondano la tomba, il segno tangibile dell'omaggio lasciato nel tempo dai vari visitatori che sono saliti quassù per un ultimo saluto al più grande scrittore epico di tutti i tempi, non solo il padre dell'Iliade e dell'Odissea ma anche l'ispiratore di tanti navigatori che nei secoli hanno percorso questi ed altri mari.
Torniamo ai kayak in tempo per il pranzo, scendendo, come eravamo saliti, seguendo percorsi tracciati dalle capre lungo il crinale che scende verso il mare.
Ci imbarchiamo alle tre del pomeriggio, dopo una meritata pennichella, e pagaiamo lungo l'ultimo tratto della costa occidentale di Ios, incontrando un po' tutte le andature da crociera: dapprima un bel mare al traverso, con le solite onde frangenti che si rovesciano sui ponti dei nostri kayak, poi un giardinetto nervoso che ci fa scodinzolare attorno agli ultimi capi dell'isola, poi ancora una poppa piena che ci spinge d'infilata fino alle ultime baie prima del porto. E' un bel modo per tenersi in allenamento, per non perdere il contatto col mare, per capire se la situazione ci è congeniale, visto che anche domani si preannunciano condizioni analoghe e noi vorremmo traversare sulla vicina Iraklia.
Scendiamo fino all'Isola di Diakofto, dove eravamo arrivati in traversata da Sikinos quasi venti giorni addietro, il 9 agosto: facciamo ciao ciao con la manina all'ultimo sperone roccioso di Ios e chiudiamo idealmente il periplo dell'isola.
Quest'isola ha davvero due facce: la bellezza selvaggia delle sue coste disabitate e piene di calette paradisiache e la bruttura di una cava gigantesca e di una discarica a cielo aperto, a pochi metri l'una dall'altra e a pochi chilometri dal porto.
Risaliamo verso nord, contro vento, per dimenticare la faccia brutta dell'isola e per sbarcare nella caletta più bella ed isolata, senza neanche un sentiero che la raggiunge.
Tirare in secca i kayak stasera è più faticoso del solito. E' il momento della giornata (e del viaggio) che più mi pesa in assoluto. Riesco sempre a sollevare il kayak di Mauro, il mio invece è talmente pesante, anche ora che ho raccolto solo due legnetti, tre ricci ed un pugnetto di pomici, che riesco a malapena a farlo strusciare sulla sabbia. Al mattino è diverso: trovo sempre la giusta carica per far tornare il kayak in mare, forse perché siamo tutti impazienti di riprendere a pagaiare e a navigare e ad esplorare. La sera, invece, per quanti sforzi faccia, sono sempre una pappa-molla. E spero sempre che faccia capolino dal quarto gavoncino un folletto-schiavetto che sollevi il mio kayak con un ditino e lo deponga a dieci metri dalla battigia, lassù accanto a quello di Mauro. Pagherei per un servizio del genere. Ma il folletto non compare mai e stasera sono di nuovo lacrime e sangue. L'unica consolazione è che il mio Voyager ha la chiglia rinforzata a regola d'arte, dopo le migliorie eseguite da Fabrizio D'Angelo, e non pare risentire troppo di tutti questi trascinamenti sulla sabbia.
E' presto e, visto che siamo soli, possiamo montare il campo con la luce del giorno, cenare prima ancora del tramonto e cominciare a scrivere il nostro solito diario di viaggio.
Abbiamo da giorni preso l'abitudine di montare la tenda tra i due kayak e ad ogni sbarco Mauro prende le misure per distanziarli a sufficienza. Usiamo le prue e le poppe dei Voyager per legare i tiranti rossi alla nostra povera tendina, così che possa resistere meglio alle sfuriate notturne del Meltemi. E' un sistema che ci aiuta anche a pensare di poter tenere a distanza i ladri, ma la soluzione migliore sarebbe sempre quella di sbarcare in calette isolate e non raggiungibili da terra. Non sempre è possibile, specie sulle isole più frequentate o quando noi non possiamo resistere al richiamo di una cena in taverna, ma in questo Ios ci sta regalando una grande varietà di sbarchi sicuri e tranquilli.
L'ultima notte sull'isola è la più serena. Ma anche la più fredda: per la prima volta Mauro indossa la giacca d'acqua per completare le ultime faccende prima di coricarsi a dormire, avvolto ben bene nel sacco a pelo perché l'arietta che penetra in tenda è fredda quanto quella che l'avvolge dall'esterno. E se ha freddo l'Uomo di Ferro figurarsi io...

Risaliamo verso nord prima di traversare da Ios a Iraklia
Un piccolo "esbufador" sulla costa occidentale di Ios
A tu per tu col traghetto della Little Ciclades Lines
Verso Iraklia
Dopo aver messo piede su Ios iniziamo ad esplorare Iraklia e le Piccole Cicladi

Domenica 28 agosto 2016 - 66° giorno di viaggio 
Ormos Diamoudia, Ios - Ormos Alimnias, Iraklia (21 km, di cui 12 in traversata)
Vento NW 13-16 nodi (F4) - Mare mosso con onde frangenti di un metro - Temperatura 25°C
Ci svegliamo con le previsioni meteo che annunciano un rischio di tempesta al 50%.
L'ultima volta che erano arrivate notizie del genere era pure arrivata la tempesta perfetta di Kea. Ma quella volta la percentuale era del 60%, magari stavolta ce la scampiamo.
Oggi traversiamo da Ios ad Iraklia, la più occidentale delle Piccole Cicladi.
E' la prima volta che affrontiamo una traversata senza portarci nella cala più vicina al capo. Volevamo goderci la faccia bella di Ios per un'ultima serata ed abbiamo fatto bene.
Risalire contro vento gli otto chilometri che ci separano dall'estremità settentrionale dell'isola non è poi così faticoso, un po' perché ieri ci avevamo preso la mano, anche se la navigazione era in favore di vento, ed un po' perché ci piace sempre molto girare un'isola, anche un breve tratto, in senso contrario, così da rivedere le stesse coste da una prospettiva differente. Ios è sempre bella, in un senso o nell'altro.
Dopo due ore di navigazione lungo costa, tra lavatrici che sui capi si intensificano, arriviamo nel canale tra le due isole ed iniziamo la traversata. Ieri avevamo scorto due traghetti di linea, oggi passano gli stessi due traghetti, altre due navi cisterna, due catamarani veloci, un piccolo traghetto di linea delle Piccole Cicladi ed un grosso panfilo privato che beccheggia in maniera preoccupante. Tutte imbarcazioni che seguono rotte molto distanti dalla nostra e che possiamo quindi serenamente ignorare.
Quel che non possiamo ignorare, invece, è il mare. Le onde si gonfiano sempre più, man mano che ci portiamo al centro del canale, e molte volte frangono direttamente sulle nostre teste, arricciolandosi proprio sugli occhi e nelle orecchie. E' la traversata più ventosa, più bagnata e più fredda di tutte. Ma anche una delle più brevi.
E' così bello quando la terra lentamente si avvicina, quando vedi che la costa pian piano si definisce in ogni suo dettaglio, quando poggi piedi sulla battigia. Guardi indietro, alla traversata e alla giornata appena trascorsa, e ti basta davvero poco per sentirti appagato.
In poco meno di tre ore siamo ad Iraklia, sbarchiamo in una cala da sogno e ci godiamo l'isola in perfetta solitudine.

3 commenti:

  1. Mauro, vedi cosa succede a diventare famoso, ci sono le fans che ti rubano il costume al grido di " Nudo ! Nudo ! Nudo !" al termine dei concerti ... ma state facendo una tournée con i Rolling Stones o la crociera in kayak ? Se io fossi in voi penserei ad adottare un bel cane da guardia, magari che sa anche nuotare, così non lo dovete caricare in kayak, si un bel pescecane! Siamo tutti con voi!

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  2. Ciao mi chiamo Mirko e vi ho appena conosciuto sulla spiaggia di koufonissi, seguirò i vostri passi, buon viaggio

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  3. I commenti su Facebook (28 agosto 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1185149288172642
    Un'altra intrusione nei kayak e un'altra isola da sogno!

    Danilo Tulone: A leggere i racconti è quasi come essere con voi! :D

    Daniel Forcier: Superbe

    Toni Pusateri: Mettete la bandierina della Sicilia....

    Marco Valle: 🖒🐬🖒

    Alessandro De Grandis: Vi leggo da quando siete partiti ed è proprio vero... sembra essere li con voi... I miei complimenti alla blogger

    Paolo Petrucci: L'anno scorso noi abbiamo due notti dormito qui... A tre cento metri a ovest c'è un campeggio libero con una sorgente d'acqua. Continuate così...

    Vincenzo Stuppia: Mauro forse la Grecia è un po' troppo a sud..😉

    Marco Garbetta: Bel racconto!! In bocca al lupo per la conclusione del viaggio!!!

    Andrea Bresil: Avete le calamite per le visite improvvise 😃

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