Ormos Malta, Sikinos - Ormos Manganari, Ios (28 Km di cui 10 in traversata)
Vento NW 10-15 nodi (F4) - Mare da mosso a poco mosso a calmo in serata - Temperatura 28°C
L'ultima notte su Sikinos è l'ultimo regalo dell'isola.
Il nostro solito comodo si trasforma in una flemma tale che lasciamo il porto all'imbrunire e ci regaliamo una breve pagaiata notturna, sbarcando pochi chilometri più in là quando ormai brillano in cielo le prime stelle ed in mare le prime bioluminescenze.
La mattina dopo siamo ancora e sempre flemmatici: ci godiamo la caletta deserta senza nessuna fretta di traversare sulla vicina isola di Ios.
Il vento imbianca un po' lo stretto ma la confusione maggiore è creata dalla dozzina di catamarani veloci che incrociamo lungo la nostra rotta. Sono imbarcazioni di linea diverse da tutte quelle sin'ora incontrate: hanno due alettoni laterali molto larghi ed un rostro di prua molto pronunciato, simile ad un becco d'aquila che da qualunque angolazione incute un certo timore. Sono catamarani sponsorizzati e numerati, tutti coloratissimi, rumorosissimi, puzzolentissimi e velocissimi: l'unica possibilità è fermarci ed aspettare che passino.
Ogni volta, però, è una piccola stretta al cuore perché non siamo mai sicuri che ci abbiamo visto.
Ripariamo dopo un paio d'ore di battaglie navali nei pressi del confortevole isolotto di Diakofto, sul promontorio più orientale di Ios, e finalmente raggiungiamo la terra ferma.
Il porto di Ios è un profondo golfo naturale incassato tra due sottili lingue di terra rocciosa che si protendono in mare per un paio di chilometri. Lo chiamano "Little Malta" perché è uno dei più protetti delle Isole Cicladi. Ma è anche uno dei più trafficati e caotici. C'è divieto di ormeggio per le barche da diporto per non ostruire le manovre dei traghetti e dei catamarani che entrano ed escono senza sosta. C'è anche un piccolo porticciolo turistico per i caicchi che offrono escursioni giornaliere intorno all'isola e anche verso Sikinos e Folegandros. C'è la solita chiesetta che sormonta l'ultimo molo e le solite casine bianche della Chora che cingono a spirale la collina dietro il lungo mare.
Ma sull'isola di Ios regna un'atmosfera strana. Diversa. Sgradevole.
Sono tutti nervosi, maleducati, accigliati. Tutto è disordinato e disarmonico.
Resistiamo poco e male: visitiamo il porto e la Chora di Ios per puro dovere di cronaca.
Peccato perché le guide turistiche, di solito impietose e non sempre attendibili, stavolta sembrano avere ragione: l'isola sta cercando di scrollarsi di dosso la cattiva fama, conquistata alla fine degli anni Novanta, di paradiso dell'alcool e della droga, eliminando le tinte psichedeliche delle discoteche aperte tutta notte e recuperando a fatica le sue tradizioni culturali ma... non sembra ancora esserci riuscita del tutto. Almeno non in città.
Fortuna che c'è il mare, là fuori. Con le sue onde, il suo vento, la sua forza placida.
I bassi frangenti che accompagnano la nostra corsa fuori dal porto di Ios sono abbastanza gonfi da sovrastare col loro suono sincopato i rumori cacofoni che ancora per una buona mezz'ora ci raggiungono dalle due o tre spiagge attrezzate del golfo, quelle dotate di giochi d'acqua, urla e disco bar. Il venticello gentile che ci spinge lungo la costa meridionale dell'isola porta con sé l'odore della macchia mediterranea, che pur così rada da non ricoprire la scogliera rossastra è abbastanza intensa da coprire i nauseanti miasmi dei motorini che scorrazzano a terra e dei motoscafi che sfrecciano in acqua. La luce del tardo pomeriggio, poi, ci aiuta a disperdere le ombre della giornata.
Fortuna che c'è il mare, sempre: è un training autogeno, una pratica yoga, una seduta di meditazione zen. Tutto riunito in questa dimensione liquida di ancestrale placenta planetaria. L'acqua calma e cura. E' un ritorno alle origini, alla nascita, alla primigenia pace dei sensi. In mare torniamo bambini, torniamo felici.
Peccato davvero, perché se il porto è stato per noi così caotico da risultare traumatico, il resto dell'isola di Ios è invece davvero molto bello. Il Pilot dell'Ammiragliato Britannico dice che l'isola è montuosa e brulla, ma con un aspetto più dolce ed ameno rispetto a Sikinos e Folegrandros, le due isole vicine che pure ci hanno stregato. I vari velisti che l'hanno visitata e che ne hanno descritto le bellezze sui pochi volumi in circolazione, ne parlano come di un'isola tra le più belle delle Cicladi, con un gran numero di spiagge magnifiche e levigati lastroni di granito rosato che ricordano, in parte ed in piccolo, alcuni paesaggi della costa sarda.
Quello che noi vediamo oggi dal mare, ancora un po' storditi dal disagio del primo approccio, è molto bello: per oltre quindici chilometri l'isola è disabitata, senza case o altre costruzioni di sorta, salvo un paio di ville bianche sulle prime spiagge di sabbia fine incassate tra gli scogli. I monti corrono alti lungo la dorsale centrale, si intravede un'isolata pala eolica e l'unica strada panoramica serpeggia ben mimetizzata tra le gole rocciose che scendono a zig zag verso il mare. Non ci sono alberi, solo bassi arbusti di macchia e forse neanche animali.
Insomma, il versante meridionale di Ios è tutt'altra cosa rispetto al suo porto.
Senza quasi accorgercene, dopo quasi venti chilometri col vento in poppa ed una rinnovata energia positiva, raggiungiamo l'ultimo capo meridionale di Ios, che sulla mappa riporta un faro ma che sulla terra sembra essere scomparso. Un piccolo caicco bianco e rosso di una famigliola di pescatori ci accompagna dentro la cala.
Sarà contento il nostro amico Toni di sapere che stiamo per sbarcare in una delle baie in cui Luc Besson pare abbia girato alcune riprese del film drammatico "Le Grand Bleu": se non lo avete ancora visto, cercatelo e godetevelo tutto, la storia di un'amicizia sportiva e di una competizione pulita negli abissi del mare alla ricerca della discesa ideale in apnea.
Bastano poche cose semplici per rendere felici due persone semplici: il dolce sciabordio del mare sulla battigia di perline dorate, il primo riflesso sull'acqua immota della mezza luna, il suo timido disegno di ombre sulla sabbia fine. Le luci in testa d'albero delle vele in rada si accendono quando noi iniziamo a montare il campo e quelle delle nostre costellazioni preferite si illuminano quando noi cominciamo le chiacchiere dimesse intorno ai fornelli.
Anche Ios, in fondo, ci regala una notte da sogno.
L'ultimo campo sull'isola di Sikinos |
L'ultimo saluto all'isola di Sikinos |
Il faro d'ingresso del porto di Ios |
Dopo aver messo piede su Sikinos iniziamo l'esplorazione di Ios (che concluderemo dopo Santorini ed Anafi) |
L'unica fotografia scattata al porto di Ios |
Mercoledì 10 agosto 2016 - 48° giorno di viaggio
Ormos Manganari, Ios - Akrotiri Kouloumbo, Santorini (23 km di traversata)
Vento NW 8-9 nodi (F3) - Mare da poco mosso a calmo - Temperatura 28°C
La colazione all'ombra di un frondoso ginepro coccolone ci rende ancora più lenti del solito.
La nostra partenza da Ios è salutata dall'allegro scampanare di un gregge di centinaia di capre che calano dalle alture circostanti per venire a leccare il sale sugli scogli.
Anche stamattina non abbiamo nessuna fretta di affrontare la traversata da Ios a Santorini.
E' una delle traversate più lente: cinque ore piene, tutte quasi monotone.
Durante la prima ora soffia una leggera brezza da sud che ci rallenta.
Nel corso della seconda ora di navigazione ci raggiungono le onde incrociate che avvolgono l'isola di Ios ed arrivano al giardinetto, sia a destra che a sinistra, facendoci avanzare in maniera molto ondulatoria, quasi sculettando da un lato e dall'altro per oltre dieci chilometri.
Allo scoccare della terza ora appare all'orizzonte, alle nostre spalle, l'unico traghetto di linea che incrociamo in mare aperto: visto che le nostre rotte tendono ad intersecarsi, ci fermiamo in maniera strategica, sfruttando il cono d'ombra generato dai riflettori radar di due barche a vela che procedono a motore in direzione contraria. Funziona: il traghetto passa e noi riprendiamo a pagaiare in maniera serpeggiante.
La quarta ora si apre con la solita confortante affermazione di Mauro, quando legge sul GPS la profondità del mare: 360 metri. "Meno male che c'è l'acqua, sennò sai che salto!".
Alla quinta ora, la più difficile, si alza un gentile venticello a favore che però non è sufficiente a spingere i nostri kayak alla sua stessa velocità e ci costringe ad un continuo cambio di assetto e di rotta. Le onde lunghe ed incrociate che si generano nei pressi di Santorini rallentano ancora la nostra andatura e sembra che l'isola non voglia farsi raggiungere mai.
Mauro guida con perfetta maestria. E' un piacere pagaiare in sua compagnia, sempre, anche quando il suo Voyager scompare tra le onde più alte oppure quando emerge dal blu del mare soltanto la punta rossa della sua pagaia groenlandese. Ha un suo ritmo cadenzato e veloce che infonde sicurezza e tranquillità. Non avrei pensato mai a nessun altro con cui affrontare un viaggio del genere, né singole traversate né mesi di navigazione.
Finalmente Santorini si avvicina.
Costeggiamo il versante orientale dell'isola, lasciando l'ingresso della famosa e famigerata Caldera rigorosamente alle nostra destra, per evitare il via vai continuo di traghetti, catamarani e navi da crociera.
Entriamo a Santorini dalla porta di servizio.
E scoviamo il posto adatto per la nostra casa per una notte, incassato ai piedi di una bella scogliera cinerina lavorata dall'acqua e dal vento. Volevo trovare della sabbia nera, dopo quella bianca raccolta a Milos e quella rossastra di Sikinos, e sono stata subito accontentata. La spiaggetta incassata tra i massi di pietra lavica ha una sabbia fina e nerissima, ricoperta di un consistente strato di pietra pomice slavata dal mare.
"Mauro, non abbiamo mai dormito su un letto di pomici"
"Tatiana, non abbiamo mai dormito a Santorini!"
Fuga dal porto di Ios |
Ingresso nella baia in compagnia |
La cala da sogno di Ios |
Colazione all'ombra |
Saluti da terra |
Giovedì 11 agosto 2016 - 49° giorno di viaggio
Akrotiri Kouloumbo - Monolithos, Santorini (11 km)
Vento NW 8-9 nodi (F3) - Mare calmo - Temperatura 28°C
Ma dalla porta di servizio di Santorini entrano anche i ladri!
Subiamo un altro furto, il secondo del viaggio, stavolta non in tenda ma nei kayak.
Mani leste hanno aperto tutti i gavoni, frugato ovunque e sottratto nottetempo un bel po' di cose: la macchina fotografica di Mauro, il GPS con la relativa custodia, il coltello da sempre sistemato sul ponte posteriore, due scatolette di sugo concentrato ed una di funghetti sott'olio, oltre alla vecchia e sdrucita maglietta tecnica di Mauro, usata probabilmente per contenere tutta la refurtiva.
Quel che pensavamo di intitolare "Tre traversate in tre giorni" diventa purtroppo un titolo ben più triste e realistico per il nostro nuovo post di viaggio.
Questo secondo furto ci lascia molto provati.
Non è tanto per le cose che si sono state rubate: avremo occasione di ricomprarle, anche più belle ed aggiornate ed efficienti. Non è nemmeno per le fotografie che si volatilizzate e che faremo fatica a recuperare dalla nostra sempre più labile memoria emozionale. Non è neanche per il senso di inadeguatezza che ci assale ancora una volta: stiamo forse imparando a controllare i (pochi) pericoli in mare, ma siamo ancora del tutto incapaci di gestire i (troppi) pericoli a terra.
E' che ci sentiamo proprio sprovveduti e vulnerabili.
Inoltre, il disagio che ci procura il furto è certamente superiore al guadagno del ladro, che stavolta si dimostra anche un gran farabutto: rubando insieme al GPS anche la sacca stagna, peraltro vecchia e rattoppata, sapeva perfettamente di sottrarci un importante strumento per la navigazione sicura in mare aperto...
Facciamo colazione in silenzio, riassettiamo i kayak in silenzio, ci rivestiamo in silenzio. Per tenere mani e testa occupate ci dedichiamo a ripulire un breve tratto di spiaggia dalle pietre laviche più grandi, così da poter far scivolare i kayak in acqua senza grossi sforzi.
Vogliamo lasciare il luogo del misfatto per rifugiarci quanto prima in mare.
Sul più bello arriva a passo deciso un ragazzo in short arancioni che senza neanche un saluto, uno yassas o un kalimera, comincia a sbracciarsi e ad urlare al nostro indirizzo: gli abbiamo distrutto la spiaggia. Sulle prime pensiamo che stia scherzando: la spiaggia non è la sua, lo scivolo creato per alare i kayak è di appena un metro ed il mare in due ore rimetterà tutte le pietre esattamente al loro posto. Invece quello continua con fare sempre più minaccioso e quando solleva al petto una delle pietre più grandi e affronta Mauro a muso duro per fargli intendere che vuole riavere la "sua" spiaggia nelle stesse condizioni, capiamo che ogni ragionevole discussione è impossibile e tagliamo corto con un "OK, bye bye!"
A parte la più elementare ignoranza delle regole di accoglienza dei naviganti, la scena è stata una delle più cruente dell'intero viaggio e fatico a lungo per togliermela dagli occhi e dalla mente.
Si vede che dalla porta di servizio di Santorini entrano kayaker ingenui, ladri senza scrupoli e pure pazzi esaltati.
Oggi è dura. Molto dura.
Mauro non parla. Io non piango.
Non è buon segno, significa che non troviamo ancora il modo di elaborare il trauma.
Chissà come faremo a recuperare un minimo di energia positiva.
Pagaiamo afflosciati in avanti, le mani pigramente abbandonate in acqua, lo sguardo fisso sulle prue dei Voyager. Lo zen del mare oggi non funziona, non aiuta.
E neanche la costa di Santorini.
Le belle scogliere di tufo cinerino sono state erose in maniera artistica dall'acqua e dal vento, con una lunga sequenza di canaloni scavati in verticale che dallo zoccolo alto una ventina di metri scendono irregolari fino alla stretta lingua di sabbia nera. Si intravedono qua e là una bella serie di vecchi mulini a vento in pietra imbiancata a calce e anche alcune delle rinomate chiesette di Santorini, più grandi e ricche delle altre costruite ovunque sulle Isole Ciclad,i e tutte con le cupole di un bel blu intenso e traslucido. Ma l'abusivismo edilizio, o comunque il proliferare incontrollato di edifici i più diversi e diversificati, ha fatto scempio di ogni cosa e le villette sul mare, compresa forse quella del pazzo gesticolante, sono state costruite sopra, dentro e sotto le scogliere, rovinando il panorama e deturpando tutta la costa orientale dell'isola. Poco oltre si intravedono anche le ciminiere delle centrale elettrica ed i tanti aerei che atterranno e decollano dall'aeroporto retrostante.
L'uomo è capace di grandi nefandezze, sugli altri uomini e sulla natura stessa.
Poi avvistiamo un porticciolo.
Un breve sguardo d'intesa con Mauro ed entriamo.
E l'atmosfera cambia all'istante: tutti ci accolgono con grandi feste e ci fanno capire di essere arrivati finalmente nel posto giusto. Tre giovani pescatori che stanno uscendo a motore dal porto ci scattano delle foto: "From Athens by kayak: you're very braves!" Un altro giovane velista ateniese scende subito sul molo per aiutarci a tirare i Voyager in secca sull'unico moletto di legno. Le due coppie di attempati greci sul grosso motoscafo affianco non la finiscono più di farci domande: "You're crazy but we want to be like you!"
E' questa la Grecia che vogliamo tenere nel cuore. Queste sono le emozioni che speriamo di continuare a vivere. Questi i ricordi che vogliamo conservare del viaggio!
Acconto al porticciolo c'è uno stabilimento balneare all'ultima moda.
Non è esattamente quello dei nostri sogni ma la musica è soffusa, l'ombra diffusa e l'atmosfera rilassata. E poi ci sono palle ovunque, che mi aiutano a recuperare un po' di tono.
Tonde sono le tensostrutture degli ombrelloni, tonde le ombre che proiettano sulla sabbia fine, tonde le passerelle adagiate in terra tra i tavolini tondi e le sedioline tonde coi cuscini tondi. Tondeggianti persino i bagni del locale, ricavati nelle grotte interne come fossero un piccolo alveare, con pavimenti, pareti e soffitti a volta intonacati in quel modo particolare da sembrare una sorta di cera d'api ambrata.
E' fatta. La mia amica Giovanna direbbe forse che sono la solita insopportabile ottimista, ma stiamo recuperando la capacità di scovare un briciolo di bellezza nelle cose e nelle persone.
Inoltre, ci avvicinano a più riprese coppie di greci, inglesi, spagnoli ed italiani che, avendoci visti arrivare e sbarcare dal mare, si avvicinano curiosi per sapere del nostro viaggio, attratti anche dalle varie carte nautiche e dalle superstiti attrezzatura elettroniche che ingombrano il tavolo della nostra lentissima pausa pranzo.
Adesso Mauro può dedicare tutto il tempo necessario a riorganizzare per la terza volta la spedizione alle Isole Cicladi: attivare il vecchio GPS di scorta, trasferire i dati aggiornati delle rotte, studiare il vecchio sistema di funzionamento, riesumare la vecchissima macchina fotografica, la prima dei nostri viaggi in kayak, ragionare con calma sul nostro prossimo futuro...
Ci serve un giorno di fermo, una giornata di cuscinetto per riprendere il controllo della situazione prima di proseguire verso Anafi...
E poi anche il giorno più nero si scioglie nel nero della notte.
In traversata tra Ios e Santorini |
Il luogo del misfatto |
Lo scivolo di alaggio |
Uno dei tratti meno deturpati della costa orientale di Santorini |
Recupero psico-fisico |
Venerdì 12 agosto 2016 - 50° giorno di viaggio
Monolithos, Santorini - Ormos Klisidhi, Anafi (29 km di traversata)
Vento NW 9-10 nodi (F3) - Mare da calmo a poco mosso - Temperatura 28°C
Oggi è l'ultima giornata di bel tempo per traversare su Anafi.
Prevediamo tra le cinque e le sei ore, con una calma piatta che al primo mattino ci fa temere di dovere affrontare una lunga navigazione in mare aperto "forza olio". Invece poi sopraggiunge una leggera brezza che increspa la superficie, la solita corrente ci tiene occupati a controllare la rotta.
Peccato solo per la perdita della nostra ritualità scaramantica: a metà strada Mauro non può più alludere alla profondità del mare perché il vecchio GPS rimesso in uso non fornisce né questo né altri dati. Troviamo invece a galleggiare sulla nostra rotta un bel paio di pantaloni in neoprene mimetico da sub e li facciamo subito nostri.
Manteniamo un'andatura costante di cinque chilometri orari per tutte e cinque le ore di traversata.
Sotto le prime dirupate scogliere di Anafi, la più meridionale delle Isole Cicladi, il vento cresce tanto da farci filare dritti in porto senza alcuna fatica e anche l'ultima ora di pagaiata scorre via veloce.
Sbarchiamo in una bella spiaggia occupata da decine di tende colorate, nel perfetto stile del campeggio libero organizzato che tanto ci piace. Lottizziamo subito due metri quadri di sabbia rossa e ci dirigiamo all'istante nell'unica taverna del porto.
Il Meltemi arriva ad Anafi insieme a noi. Resteremo qui a riprenderci e a rilassarci per i prossimi giorni, finché le previsioni meteo marine non annunceranno un'attenuazione.
Sistemazione anti-rapina |
Pronti per traversare da Santorini ad Anafi |
In avvicinamento ad Anafi |
Il nostro angolino tra le tende del campeggio libero organizzato di Anafi |
La terrazza di Nico e Roberta sul mare di Anafi |
Sabato 13 agosto 2016 - 51° giorno di viaggio
Ormos Klisidhi - Ormos Klisidhi, Anafi (0 km)
Vento NW 25-35 nodi (F6-8) - Mare agitato - Temperatura 28°C
Ad Anafi siamo in ottima compagnia.
Gli amici romani ci hanno raggiunto già per cena, poi ritornano per la prima colazione e ci aprono le porte di casa. Laviamo e asciughiamo non solo i vestiti ed i sacchi a pelo ma anche gli ultimi residui cattivi pensieri.
Ci godiamo il primo giro in auto da 50 giorni a questa parte e soprattutto lo spettacolare panorama che si apre ai piedi della terrazza adiacente la loro casetta arroccata sull'alto della Chora di Anafi.
E niente, non facciamo niente. Nient'altro che goderci il riposo e la compagnia.
Lasciamo che il tempo scorra tra chiacchiere, brindisi di raki, racconti di mare e... pace!
Erano giorni che desideravamo arrivare ad Anafi, non solo per visitare l'isola ma soprattutto per incontrare Nico e Roberta: l'accoglienza non poteva essere più calorosa e l'emozione non poteva essere più grande. E' un'altra bella emozione che si aggiunge alle già tante belle emozioni di questo bellissimo viaggio!
I commenti su Facebook (14 agosto 2016):
RispondiEliminahttps://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1173169336037304
Ladri e amici: così è la vita...
Eugenio Costanzo: É sempre bellissimo leggervi ... siete mitici.
Marco Valle: Mi dispiace per il furto, ma con l'avanzare dell'età mi rendo conto che più i luoghi sono frequentati dalla "massa" più i rischi di "delusioni umane" crescono ... forza e buon viaggio!
Marisa Asola: Gli imprevisti fanno parte del viaggio ... ma siete bravissimi e carichi di energia ugualmente! Vi ammiro :)
Agostino Schiavo: Grandissimi .....bello seguirvi ......
Toni Pusateri: Sì, e non so se ancora esisterà il ristorante dedicato al film che hai citato. Buon ferragosto fanciulli acquatici
Daniel Forcier: Bravo
Daniel Forcier: Vraiment superbe je vous envie
Leandro Aiuto: Mi spiace per questo inconveniente, siete grandissimi, pieni di energie! Bello seguirvi!
Marco Xwarz Bonomi: quasi quasi passo da Palermo a prendere Vincenzo Stuppia e vi raggiungiamo per il " servizio notti serene " :-) comunque se vi può servire qualcosa da qui facciatecelo sapere!!!
Vincenzo Stuppia: un mio amico aveva sperimentato un antifurto da campo...un po pericoloso però..
Vincenzo Stuppia: una lenza circonda la tenda e alla fine collegata al grilletto di una lanciarazzi🚀...
Danilo Tulone: Incredibile... un altro furto. Mi dispiace tanto! :(
Mettete dei chiodi attorno al kayak quando bivaccate!
Claudio Castellano: antifurto non elettronico...
Simonetta Biagini: Che viaggio meraviglioso vi siete organizzati! Siete mitici!
Antonio Colantuoni: I racconti di Tatiana sono belli, coinvolgenti.... un grazie speciale per regalarceli