SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


venerdì 5 agosto 2016

Folegandros nell'arcobaleno!

Martedì 2 agosto 2016 - 40° giorno di viaggio
Ormos Fykiadha, Poliegos - Karavostassis, Folegandros (35 km)
Vento NW 17-28 nodi (F5) dalle ore 13 in attenuazione - Mare calmo - Temperatura 27°C
Siamo talmente impazienti di traversare su Folegandros che non aspettiamo neanche che suoni la sveglia delle sette e siamo pronti ben prima che il sole entri nella gola incassata tra le montagne ed aperta a sud-est. La nostra meta è là: 23 chilometri a sud-est di Poliegos c'è Folegandros, nascosta laggiù dietro una fitta coltre di foschia mattutina.
Lascio sull'isola disabitata il mio torcicollo, insieme alle decine di farfalle dalle ali maculate che svolazzano a lungo intorno ai nostri kayak, come a voler salutare la nostra partenza da Poliegos.
Noi salutiamo i velisti greci che ieri sera sono scesi in spiaggia poco dopo il nostro sbarco per un barbecue iper-organizzato, scaricando a più riprese dal tender cassette di legna per il fuoco, sacchi di carbonella per la brace, teglie di carne e verdure da abbrustolire, un frigo ricolmo di bibite ghiacciate ed una carrettata di bimbetti di tutte le età che, forse ipnotizzati dalle fiamme che scoppiettano tra i ciottoli bianchi proprio in riva al mare, si dimostrano incredibilmente taciturni e tranquilli. Gli adulti ci offrono da bere, una volta entrati in tenda non sentiamo più alcun rumore e la mattina dopo troviamo la spiaggia perfettamente in ordine e ripulita di ogni cosa.
Non lasciare traccia del proprio passaggio è davvero un bel gesto, sia in kayak che a vela, ed è una delle prime raccomandazioni che leggiamo sulla mappa di Folegandros: "Camp without leaving traces on the spot", che è un modo molto più intelligente di promuovere il rispetto e la cura dell'ambiente, insieme a "Keep the sea clean" e "Protect our natural and cultural heritage". Meglio sforzarsi di regolamentare in maniera responsabile, piuttosto che vietare in maniera autoritaria e miope. In campeggio nautico come in tanti altri campi...
Durante la traversata tra Poliegos e Folegandros le scie dei nostri kayak si disperdono in pochi istanti. Noi non lasciamo nessuna traccia in mare, ma neanche la traversata lascia su di noi alcuna traccia: le previsioni meteo-marine sono ampiamente rispettate e c'è appena una bava di vento ad increspare un poco il braccio di mare tra le due isole.
E' incredibile e sempre affascinante constatare quanto il mare possa cambiare tanto e tanto in fretta. Solo l'altro ieri c'erano montagne d'acqua che aggredivano le isole da ogni lato e ruggivano intorno ai nostri piccoli kayak. Ieri le ultime evoluzioni del Meltemi avevano schiacciato le onde, come spesso avviene nel Mar Mediterraneo, e reso il mare un po' meno impegnativo rispetto alla forza ancora possente del vento. Oggi è tutto un tavola blu. Non sembra neanche lo stesso tratto di mare: in appena due giorni è stato capace di passare dalla burrasca alla calma piatta. E noi due siamo ancora e sempre indecisi su quale sia lo stato del mare che preferiamo di più navigare, perché se è vero che le onde nervose ed irregolari rendono la giornata in kayak impegnativa e talvolta faticosa, è anche vero il contrario: l'assenza di onde rende tutto molto meno divertente. Anche se è innegabile il fascino senza tempo di ritrovarsi in mare aperto a meditare sulla quiete temporanea ed apparente di una natura bizzosa, spesso prevedibile ma sempre incontenibile.
Oggi ci è toccata in sorte, per averla a lungo attesa, una traversata tra le più tranquille di sempre, una breve finestra di quiete tra le molte giornate di sbuffate di Meltemi, il nostro immancabile compagno di viaggio.
Non abbiamo quasi nient'altro da fare se non pagaiare in silenzio, guardarci intorno e fotografare il riflesso dei Voyager sullo specchio d'acqua che ci circonda.
Se non ci fosse quel briciolo di corrente che ci impone di controllare la deriva ogni dieci minuti e di correggere la rotta anche fino a 15-20 gradi non avremmo davvero altra occupazione se non quella di contare le pagaiate che ci separano dalla nostra nona isola. Che dopo una buona oretta di navigazione si degna di mostrare il suo profilo all'orizzonte.
Per animare la traversata sin'ora più lunga e di certo più monotona, Mauro mi ripropone l'osservazione già fatta tra Serifos e Sifnos e quando legge sul GPS la profondità del mare di 240 metri esulta in modo rassicurante: "Meno male che c'è l'acqua, sennò sai che bel salto!"
Nessun traghetto in mare, nessuna barca a vela, nessun peschereccio o altra imbarcazione. Siamo soli in mezzo al mare. Solo noi e la sacchetta di "rumenta" compattata che ci portiamo dietro da tre isole diverse...
Dopo quattro ore esatte di poche parole, tante abluzioni e tantissime pagaiate, raggiungiamo Akrotiri Kyparissi, il capo sud-ovest di Folegandros caratterizzato, come tutta la breve costa occidentale dell'isola, da alte scogliere di pietra verde a faglie orizzontali.
La nostra meta ormai non è lontana: dopo un altro paio di chilometri sbarchiamo per una sosta nella bella caletta di Agios Georgios, incassata tra altri scogli grigio-verdi ed impreziosita dall'omonima chiesetta che sovrasta una serie di ricoveri per la barche dei pescatori locali.
Un parcheggio sterrato al fondo di una strada ripida e sconnessa, una lunga fila di quad all'ombra delle numerose tamerici, tanti italiani sdraiati a prendere il sole. E nient'altro. Nè una taverna, nè una kantina, né altro. Noi siamo rimasti con due scatolette di aringhe affumicate, due tozzi di pane secco e due litri d'acqua in due: dobbiamo proseguire, non abbiamo alternativa.
Scegliamo di costeggiare il versante settentrionale di Folegandros per due ragioni: perché il porto è più vicino, ed è così certa la possibilità di rifornimenti immediati, e perché le previsioni annunciano il Meltemi in aumento già da domani, con raffiche anche fino a 35 nodi. Sarebbe impegnativo, se non proibitivo, visitare il nord dell'isola in quelle condizioni, mentre sulla costa sud dovremmo essere più ridossati.
La costa di Folegandros si presenta alta e rocciosa, a tratti ancora verdastra, poi rossastra e finalmente di un bianco immacolato, specie sotto l'imponente scogliera rocciosa su cui sorge la Chora, che si solleva dal mare quasi in verticale e che rende l'avvicinamento al paese particolarmente suggestivo.
Ammiriamo l'ingresso a 10 metri sul livello del mare di una delle grotte che la mappa definisce tra le più grandi di tutta la Grecia, la grotta di Chrysospilia, lunga oltre 300 metri e per la maggior parte ancora inesplorata: pare conservi le tracce delle cerimonie di epoca romana del passaggio all'età adulta, come testimoniano gli oltre 400 nomi di adolescenti che riempiono di graffiti le pareti e le volte della grotta. Lo leggiamo ancora una volta sulla mappa, perché le visite, possibili solo dal mare e solo con mare calmo, temiamo siano state da tempo sospese, perché una corposa frana ostruisce gli scaloni d'ingresso.
Doppiamo di buona lena il nano-faro che segna l'ingresso del porto di Karavostassis, che letteralmente significa "scalo di navi", e restiamo basiti dall'esiguità del molo, uno dei più piccoli sin'ora incontrati. Ci persuadiamo della possibilità di montare il campo sull'estremità opporta della spiaggia di ciottoli che delimita il paesello portuale.
Ci precipitiamo in taverna, dopo cinque lunghi giorni di astinenza. Mangiamo tutto. Tutto quello che è esposto in cucina e che ci invita a scegliere la sorridente cameriera cicciottella che dimostra una sorprendete somiglianza con l'altrettanto procace cuoca dietro i fornelli: tatziki e souvlaki speziati, calamari fritti, pomodori fritti ed una deliziosa insalata di crema di fave, guarnita con pomodori, cipolle, capperi ed olive, che per colori, odori e sapori rimane a lungo ad allietare la rilassante serata di arrivo a Folegandros.
Il perfetto coronamento di una perfetta giornata di viaggio!

In partenza da Ormos Fykiadha su Poliegos
L'ultimo saluto ai faraglioni di Poliegos
La monotona traversata tra Poliegos e Folegandros
Le scogliere grigio verdi della costa settentrionale di Folegandros
Il raccolto porticciolo di Agios Georgios
Dopo aver messo piede su Kimolos e Poliegos passiamo ad esplorare Folegandros
L'alba sul porto di Karavostassis

Mercoledì 3 agosto 2016 - 41° giorno di viaggio
Karavostassis - Agios Nikolaos, Folegandros (13 km)
Vento NW 17-25 nodi (F5-6) dalle ore 15 in rinforzo - Mare calmo sul versante meridionale dell'isola - Temperatura 28°C
Smontiamo all'alba ed in tutta fretta la nostra tendina e torniamo a fare colazione nel bar della stessa taverna sul porto: yogurt con miele e frutta fresca per me e frittata di gamberetti e birra ghiacciata per Mauro.
Aspettiamo il primo autobus per salire alla Chora di Folegandros a fare spesa.
La cosa che più ci disturba dei nostri ripetuti rifornimenti alle Cicladi è quella di dover comprare sempre nuove bottiglie d'acqua, perché qui non vendono, come a Creta, quei comodi bottiglioni da 5 o 10 litri, né hanno attrezzato le spiagge pubbliche con docce e fontane di acqua potabile, come alle Isole Ioniche e all'Eubea, probabilmente per la cronica carenza d'acqua che specie in alta stagione costringe gli abitanti a raccogliere in cisterne persino la rara acqua piovana. Però troviamo spesso i classici "pasteli", i tradizionali pasticcini di sesamo tostato e miele locale, i dolci tipici dei matrimoni greci. Abbiamo anche preso l'abitudine di acquistare i famosi "lokumi", le gelatine di frutta affogate nello zucchero al velo o nelle scaglie di cocco che si sono rivelate il perfetto connubio serale con l'ingrediente segreto che Mauro conserva gelosamente nel suo gavone, quell'impareggiabile whisky scozzese dell'amico Henry che è ormai giunto agli sgoccioli e che presto dovremo sostituire con qualche grappa locale di più facile reperibilità, ouzo, tzipouro o raki che sia.
Approfittiamo della visita alla Chora anche per scattare qualche foto all'intrico di vicoli del Kastro, la cittadella medioevale costruita a strapiombo sul mare che ieri abbiamo ammirato passando in kayak. Neanche a dirlo, dopo pochi scatti Mauro adocchia una piccola taverna all'ombra delle piante che occupano una delle varie piazzette del centro pedonale e basta: la visita è conclusa. Passiamo il resto del tempo a mangiare tzatziki, souvlaki e falafel.
Torniamo più che satolli giù al porto, su un autobus infuocato che sembra volerci far rimpiangere quello del mattino, che aveva l'aria condizionata impostata sul congelatore. L'imbarco diventa pomeridiano, perché dobbiamo per forza riprenderci dalla scaldata con un gelato gustato all'ombra della panchina sistemata di fronte al porto deserto.
Pagaiamo lungo il versante meridionale di Folegandros, lasciandoci subito alle spalle la bella isoletta rocciosa di Agios Ioannis, che con la sua chiesetta bianca si staglia davanti alle altre isole che in perfetta fila indiana occupano lo stretto braccio di mare tra Folegandros e Sikinos, la nostra prossima meta (sempre che si apra, come speriamo, un'altra finestra di bel tempo nei prossimi giorni).
Il capo sud-est di Folegandros è interessato da forti correnti e qualche raffica di Meltemi, che per il momento ci spinge di infilata sotto le altissime scogliere bianche che circondano una delle poche spiagge di sabbia dell'isola, accessibile con un impervio sentiero di un'ora che sulla mappa è segnalato con un paio di grossi triangoli gialli e rossi di percorso accidentato e pericoloso. Molto meglio arrivarci dal mare, come facciamo noi o come fanno quasi tutti gli altri turisti, usando i caicchi che fanno regolare servizio dal vicino porto.
In effetti, le guide consigliano tutte l'escursione in barca intorno all'isola per ammirare dal mare le scogliere e le falesie che senza soluzione di continuità si rincorrono lungo tutto il suo pur breve perimetro costiero di appena 40 chilometri. Una delle guide, o forse era il portolano, parlava anche delle ormai abbandonate casette di esuli politici spediti quaggiù da Atene e da Salonicco e che durante la dittatura dei colonnelli, e fino al 1974, mettevano in scena spettacoli teatrali per gli isolani, animando così la vita culturale di un luogo tanto desolato ed inospitale. Ci ricorda la storia italiana delle isole di Ventotene e Santo Stefano, dove durante il ventennio fascista erano stati mandati al confino politico Pertini, Spinelli e tanti altri illustri padri fondatori non solo della democrazia repubblicana ma anche di quell'ideale di Europa Unita che in questi tempi bui di referendum, respingimenti e muri di filo spinato non sembra avere avuto il seguito che in tanti speravamo... E dire che pochi anni or sono la Comunità Europea è stata insignita del prestigioso Premio Nobel per la Pace, per avere saputo eliminare le frontiere e per avere rapidamente creato un clima di reciproca collaborazione tra decine di paesi tanto diversi e tanto lontani: chissà che non sia già troppo lontano il ricordo del premio, di cui nessun ormai parla quasi più...
Questi ed altri pensieri accompagnano il nostro procedere lungo le imponenti scogliere rocciose che si innalzano a strapiombo fino a 200 metri sul livello del mare. Lo spettacolo è davvero impressionante, specie quando alcuni scogli nerastri movimentano cromaticamente la monotonia bianca della costa frastagliata. Che monotona non è affatto, sia per la fitta serie di pinnacoli e guglie e picchi rocciosi dalle forme curiose e fantasiose, sia per l'arrivo delle famigerate raffiche dei venti catabatici!
Sappiamo per esperienza che quando il vento contrario non ci permette di avanzare è un bel Forza 7 e quando inizia a provocare mulinelli sull'acqua è già diventato un pieno Forza 8. Tra i tre capi che precedono l'ampio golfo di Angali, distanti tra loro appena un paio di chilometri, restiamo bloccati per oltre un'ora a combattere contro venti impetuosi e impertinenti.
Quando il Meltemi soffia in mare aperto è sempre abbastanza regolare. Quando invece si avvicina alla costa può diventare del tutto imprevedibile, specie se incontra una conformazione morfologica particolare, come è quella di quasi tutte le Isole Cicladi, caratterizzate da dorsali montuose che offrono al vento delle perfette piste di lancio. Quando il Meltemi investe le isole, allora sale su per i monti e precipita giù in mare con una forza anche più che raddoppiata. I venti catabatici che ne derivano possono facilmente raggiungere, ed in pochissimo tempo, una forza anche di due Beaufort superiore. Oggi il Meltemi alimenta dei venti catabatici di tutto rispetto, che per alcune ore spazzano l'isola di Folegandros da nord a sud, specie nel Golfo di Angali che si apre proprio al centro dell'isola e che offre un'ineguagliabile canale di accelerazione: i 25 nodi previsti arrivano tutti amplificati, anche fino a 40 nodi!
Noi ci inchiniamo reverenti alla furia potente del Meltemi e non possiamo fare altro che rimetterci umilmente al suo volere: aspettiamo che ci lasci tempo e modo di passare oltre i capi investiti dalle raffiche.
I Voyager rispondono in maniera eccellente ad ogni nostra richiesta e quando iniziamo a giocare a nascondino col Meltemi loro partecipano in maniera immediata e collaborativa: non appena lasciamo che il nasone dei kayak scivoli un poco nel vento, per permetterci di allontanarci dai punti raggiunti dai mulinelli, i kayak scarrocciano all'istante che è una meraviglia; quando invece cerchiamo di ripararci in qualche rara zona d'ombra, per trovare un minimo di riparo almeno per qualche istante, allora i Voyager seguono i nostri comandi come due cagnolini ben addomesticati. Se non fosse che per quei lunghi momenti, che ci sembrano interminabili, in cui restiamo bloccati sempre nello stesso punto, ad osservare gli stessi picchi rocciosi o a pagaiare con tutte le nostre forza accanto agli stessi faraglioni inamovibili, ci sarebbe da esulate per questa gran bella esperienza di navigazione contro vento. A fatica, a gran fatica (!), superiamo gli ultimi scogli semi sommersi che da tempo scorgevamo all'ingresso della baia e capiamo che col Meltemi non abbiamo altra scelta: dobbiamo solo prendere tempo, tirare fiato e dosare le forze.
Per quanto possiamo essere diventati bravi a giocare a nascondino col Meltemi, lui è sempre più bravo di noi a scovarci ovunque e comunque.
La cala che si apre ad anfiteatro sotto il paesino di casette bianche di Angali è troppo esposta alla furia incontenibile del Meltemi, che non accenna a calare neanche al tramonto, ed è ancora troppo animata per essere ormai giunte le otto di sera: alcuni caicchi dondolano all'ancora davanti alla spiaggia di ciottoli e non scorgiamo alcun luogo adatto per lo sbarco e per il campo.
Proseguiamo ancora un poco verso nord e scoviamo il posto giusto: arriviamo un'ora più tardi del previsto ma all'ora giusta, quando ormai la bella caletta ridossata di Agios Nikolaos si è svuotata degli ultimi bagnanti. E' una larga spiaggia di ciottolini policromi con la netta predominanza di un inusuale colore verde, profonda abbastanza da ospitare sotto il boschetto di tamerici un colorato campeggio libero organizzato, con tende che spuntano sotto ogni pianta, anche nei pressi di una delle due taverne aperte ai piedi ed in cima alla chiesetta che dà il nome alla cala.
E' la nostra casa per una notte.
Peccato solo per il rumorosissimo generatore che resta acceso fino a notte fonda, ma noi siamo così stanchi per la pagaiata contro vento ma anche così soddisfatti per l'esaltante esperienza in mare, che ceniamo soltanto con due lokumi e due sorsi dell'ingrediente segreto. Ed in pochi minuti crolliamo in tenda, ben tirantata tra due tamerici libere proprio di fronte al mare e ai nostri due inseparabili kayak...

Creatività isolana
L'attrattivo pranzo alla Chora di Folegandros
Alla scoperta della costa meridionale di Folegandros
Uno degli imponenti archi naturali incontrati lungo costa...
L'arrivo al tramonto
Il nostro temporaneo contributo al campeggio libero organizzato di Agios Nikolaos
C'è qualcun altro che va in giro per il Mediterraneo ad impilare sassi!
Grazie infinite, Carla e Roberto, per la compagnia e per la fotografia!

Giovedì 4 agosto - 42° giorno di viaggio
Agios Nikolaos - Ormos Livadi, Folegandros (22 km)
Vento NW 28-35 nodi (F7-8) - Mare da poco mosso a molto mosso, agitato sui capi - Temperatura 28°C
Durante la mattina la spiaggia si riempie lentamente ma inesorabilmente di bagnanti, scaricati a frotte dai carri bestiame che fanno la spola dal poco distante villaggio di Angali. Due giovani lombardi, invece, giungono dal sentiero che costeggia la scogliera e passa tra le due piccole cappelle bianche che avevamo scorto ieri dal kayak: ci avvicinano subito per dirci di averci già visto su una spiaggia di Milos e di essere ammirati dal nostro modo di viaggiare. Chiacchieriamo a lungo, scambiandoci informazioni sulle isole, ma quando il generatore delle taverne riparte col suo rumore assordante, anche noi ripartiamo.
Destinazione nord, verso il bel faro di Livadaki, alto sulla scogliera sempre impervia e strapiombante. Ora che il Meltemi non si è ancora del tutto svegliato pagaiamo tranquilli a pochi metri dalla costa lineare, godendoci questi primi momenti di calma mattutina.
Sbarchiamo poco dopo tre chilometri nell'unica caletta praticabile, per una breve sosta per il pranzo. E' raggiunta ogni dieci minuti da caicchi stracolmi di turisti e ci tratteniamo per poco, giusto il tempo di conoscere un'altra bella coppia di italiani, stavolta di Lecco, Carla e Roberto, che si offre di farci una delle pochissime foto insieme che possiamo vantare in tutto il viaggio.
Risaliamo gli ultimi due chilometri per andare a fare ciao ciao con la manina al primo capo sul quale siamo giunti dopo la traversata da Poliegos e per chiudere così idealmente il periplo di Folegandros. Dopo di che, viriamo le prue dei nostri due Voyager di 180° e ci facciamo sputare giù dal vento, che nel frattempo è cresciuto tanto quanto annunciato dalle precisissime previsioni meteorologiche. Impieghiamo poco più di un'ora per coprire i dodici chilometri che separano i due capi meridionali dell'isola e viviamo un'altra esperienza emozionante ed indimenticabile.
Il Meltemi si alterna e si unisce ai venti catabatici.
Per una buona ora imbianca di frangenti la baia aperta di Angali, dove ripassiamo a spron battuto per goderci le onde di poppa che ci fanno correre gratis verso sud in un perfetto "taglione" al largo. Poi comincia a mescolare la sua forza con quella accelerata ed imprevedibile dei venti catabatici, che scendono all'impazzata dalla cresta montuosa e che si abbattono sul mare e sui nostri kayak, con una direzione ed un'intensità sempre imprevedibile e sorprendente. Infine inizia a nebulizzare l'acqua, sollevata davanti alle nostre prue in volute alte e bianche simili a trasparenti tende di garza strapazzate dalle evoluzioni del vento. Non vorremmo proprio finire nel bel mezzo di quegli embrioni di trombe d'aria, ma non abbiamo nessuna scelta: gli embrioni crescono in fretta ed in men che non si dica diventano dei piccoli mostriciattoli di mulinelli rotanti.
L'acqua diventa di ferro, punge le braccia e ci piega in avanti. Non facciamo a tempo a sentire la raffica che siamo già avvolti in un turbine vorticoso di goccioline fredde e taglienti come spade. Ci ritroviamo nel pieno di un Forza 8: i venti che avvolgono l'isola da nord e da sud si incontrano e scontrano sulla punta sud-orientale e danno vita ad uno spettacolo terrificante ed esaltante al tempo stesso. Ci rendiamo subito conto della differenza: risalire questi venti impetuosi di prua è pressocchè impossibile, si resta fermi a lungo nella stessa posizione e si combatte con la frustrazione di non poter avanzare di un metro se non a costo di grandi sforzi; ridiscendere gli stessi venti aggressivi di poppa è tutt'altra storia, si fila nel vento come dei razzi e non c'è neanche bisogno di pagaiare che in pochi istanti si coprono distanze impensabili.
E lo spettacolo migliore deve ancora arrivare.
Quando abbiamo ormai preso la mano alle raffiche più potenti, quelle che di tanto in tanto ci costringono a qualche appoggio di sicurezza, ne arrivano altre ancora più aggressive, che non solo sollevano le onde tutt'intorno ai nostri kayak, ma creano anche dei vortici così grandi da farci sentire piccoli piccoli. E succede l'impensabile: ad ogni passaggio di acqua nebulizzata, un arcobaleno ci raggiunge alle spalle, ci avvolge come in un'immensa aureola e si richiude in un baleno sulle prue davanti a noi. E' come entrare in un caleidoscopio, i colori sono nitidi e netti come in una delle migliori fotografie del National Geografic, peccato non avere modo di scattarne neanche mezza. L'arcobaleno appare e scompare in un istante, ma ricompare per almeno altre 3 o 4 volte. Ed ogni volta ci toglie il fiato dall'emozione!
Verrebbe quasi voglia di tornare indietro, risalire quel vento impossibile per qualche metro, esaurire tutte le energie residue e poi rientrare in uno di quei vortici per godere ancora una volta, un'altra soltanto, di quello spettacolo così unico ed irripetibile!
Ma il capo meridionale ormai è vicino, le raffiche diminuiscono e le trombe d'aria scompaiono. Quel che il Meltemi regala poi richiede indietro: per coprire gli ultimi due chilometri e doppiare gli ultimi due capi dell'isola impieghiamo quasi due ore! La nostra velocità di crociera cala inesorabilmente e miseramente, specie sull'ultimo sperone roccioso, coperto da onde mastodontiche che nascondono anche parte della scogliera che digrada in mare e che ora capiamo bene perché è così ben levigata.
Quando finalmente entriamo nella protetta caletta di Ormos Livadi non ci sembra neanche di essere tanto stanchi: ai piedi di alcune tamerici, oltre la rete di un animato ovile, è stato allestito un tavolo in legno con due comodissime poltroncine che ci fanno pregustare una serata da re e regina, seduti ad osservare le stelle in alto ed il mare di fianco, quelle paciose come non mai e questo impetuoso più che mai, perché stanotte il Meltemi non stacca dal servizio.

Proviamo a cercare zone d'ombra...
... e a giocare a nascondino con il Meltemi ma... 
... lui ci scova ovunque e comunque! 
Grande motto: consiglio seguitissimo!
Il Kastro di Folegandros
In fondo al tunnel si vede la luce!
Salita alla Panagia di Folegandros
Al lavoro!

Venerdì 5 agosto - 43° giorno di viaggio
Ormos Livadi - Ormos Livadi, Folegandros (0 km)
Vento NW 18-28 nodi (F5-6) - Mare molto mosso - Temperatura 28°C  
Oggi ci prendiamo un giorno di riposo.
Vogliamo tornare a visitare la Chora di Folegandros che i souvlaki dell'altro giorno ci avevano impedito di scoprire in ognuno dei suoi angoli più suggestivi.
Soprattutto vogliamo prenderci una pausa dal Meltemi, che là fuori continua ad imperversare come niente fosse.
Peccato solo che le folate ci riempiono la tenda di quintali di posidonia prima ancora che si riesca a richiuderla. E peccato anche per la sabbio-crematura a cui ci dobbiamo sottoporre: spalmarci la crema idratante mentre il Meltemi solleva nuvole di sabbia fine e grigia non è proprio la cosa più gradevole del mondo, ma vogliamo fare bella figura in una della nostre poche giornate da "terragni" pseudo-civilizzati.
Saliamo col solito autobus, dopo avere incontrato alla stessa fermata Carla e Roberto, la sempre sorridente coppia di Lecco che ci racconta e ci chiede un'altra infinità di cose.
Saliamo anche al Kastro, infilandoci sotto scalinate, arcate e passaggi segreti che mi rubano decine di scatti fotografici. Mauro mi fa sottilmente notare che la sua fotocamera segna appena 400 scatti circa, mentre la mia ha bellamente superato quota 2000: "cerca di non esagerare, visto che siamo in crisi energetica!".
Saliamo anche fin su alla chiesa di Panagia, costruita in una posizione davvero scenografica sui resti di un antico tempio di Apollo ed Artemisia, e con un sentiero pavimentato ed incorniciato di bianco che sale a zig zag sullo scosceso versante di uno dei monti più alti dell'isola. Da lassù, tra uno sbuffo e l'altro del Meltemi, e tra le imprecazione di Mauro che sotto il sole a picco di mezzogiorno non incontrano più alcun freno inibitorio, si gode un panorama impagabile: con la sguardo si riesce ad abbracciare l'intera isola di Folegandros, dalla piccola isoletta ad est di Agios Ioannis, di fronte alla quale attendono pazienti i nostri due kayak, fino all'estremo capo nord-occidentale, dove siamo passati ormai tre giorni or sono.
Il resto della giornata è dedicato alla prolungata sosta in una tra le più accoglienti taverne di sempre, dotata di due prese di corrente perfette per ricaricare tutte le nostre carabattole elettroniche. Le frittate di pomodori e formaggio sono tra le più gustose del viaggio, i caffè frappè tra i più zuccherati di sempre e le birre ghiacciate di Mauro tra le più numerose di tutti i tempi!
C'è sempre modo di scoprire le abitudini del posto, sia leggendo le tovaglie ricche di informazioni locali, come quella che ci hanno apparecchiato l'altro giorno in piazza, sia osservando le abitudini di lavoro e di riposo degli abitanti dell'isola. Dalla tovaglia, per dire, abbiamo appreso che Folegandros, che deve il suo nome al figlio del re cretese Minosse, è stata nel corso dei secoli dominata da un'impressionante varietà di popoli: egiziani, fenici, cretesi, dori, persiani, macedoni, romani, bizantini, veneziani, pirati turchi che per un paio di secoli hanno occupato e distrutto quasi ogni cosa, russi e ancora turchi fino alla rivoluzione d'indipendenza greca del 1822. C'è stata anche la triste parentesi dell'occupazione nazi-fascista italo-tedesca dal 1940 al 1944, ma tutti i greci mostrano con noi italiani una sorprendente simpatia ed empatia. Ci capita sempre più spesso di sentirci ripetere l'intercalare ormai diventato familiare "Italiani e greci, una faza una raza". Deve essere stato il confronto tra gli occupanti militari italiani e tedeschi ad avere lasciato un ricordo positivo sui greci, soprattutto su quelli più anziani, perché abbiamo letto spesso del diverso trattamento che i vari battaglioni di stanza sulle isole greche riservavano alla popolazione locale: i tedeschi pare girassero sempre armati fino ai denti, mentre gli italiani offrivano pane e biscotti ai bambini ed amoreggiavano con le ragazze, conquistandosi chissà quanto meritatamente l'appellativo di "italiani brava gente".
I ragazzi che frequentano il locale dove trascorriamo oggi le lunghe ore pomeridiane hanno un modo di fare tipicamente mediterraneo: lavorano alacremente, senza sosta, e sudano copiosamente, viste le temperature infuocate che sulla cima della Chora il Meltemi non riesce ad attenuare. Ma hanno tutti tempi di azione e reazione molto rallentati, si fermano spesso a scambiarsi saluti e lunghe chiacchierate, si servono caffè e birre e sigarette, fumando in tutta tranquillità anche all'interno, come pure Mauro prende a fare, visto che tanto l'aria condizionata è fornita dalle due finestre aperte in punti strategici dell'unica stanza aperta davanti alla cucina a vista. Eppoi tutti, giovani, vecchi e persino bambini, trascorrono intere giornate a giocare a backgammon, in un modo che a noi sembra complicatissimo ma che deve anche essere divertentissimo, viste le grandi discussioni che si accendono ad ogni partita, immancabilmente animate da grasse risate contagiose...  
Scendiamo al porto quando ormai è finito il pomeriggio. Camminiamo fino al nostro campo e scoviamo lungo la via una piccola taverna che serve, indovinate cosa? Souvlaki! Mauro è inamovibile e prima ancora di tornare in spiaggia a controllare le nostre due barchette, consumiamo l'ennesimo pasto seduti comodamente coi piedi sotto al tavolo.
Domani ci attende la traversata su Sikinos, Meltemi permettendo.

1 commento:

  1. I commenti su Facebook (5 agosto 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1166975563323348
    Quest'isola è davvero magica...

    Herve Visconti: bravo et merci pour ces belles photos

    Paul Griffiths: Looks horrible

    Daniel Forcier: vraiment superbe

    Simonetta Biagini: Che bei racconti Tati!

    Carlo Miccio: che bel diario

    Miguel Cotton: ARMOSO LUGAR

    Jannie Heegaard: The sea is so CLEAR :) wau <3

    Pat Keeling: Stunning pic

    Stefano Zurlo: La dove le barche volano....

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