SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


martedì 5 luglio 2016

A tu per tu col Meltemi

Sabato 2 luglio 2016 - 9° giorno di viaggio
Merichas - Loutrà, Kithnos (26 km)
Vento N 15-22 nodi (F5) - Mare mosso con onda da 1 a 2 metri - Temperatura 27°C
E invece non andiamo a visitare neanche la Chora di Kithnos.
Gli autobus ci sono, quattro al giorno, e persino in orari comodi, però le previsioni meteo annunciano il rinforzo del Meltemi ad oltre 35 nodi entro due giorni e per allora vorremmo riuscire almeno a superare il capo nord dell'isola. Cercheremo di visitare l'interno di Kithnos quando il Meltemi ci costringerà a terra, molto presto, a quanto pare.
Così ci prepariamo a risalire contro vento il versante nord-occidentale. Sarà una lunga giornata.
Fortuna vuole che sia la serata di ieri che la mattinata di oggi inizino con degli incontri interessanti.
Nel porto di Merichas, al momento di ripartire dopo aver fatto spesa (e mangiato un gelato artigianale in una pasticceria che proponeva anche dei dolci alla ricotta estremamente invitanti), scambiamo quattro chiacchiere in inglese con Manuel, il giovane ed estroverso proprietario del piccolo caicco ancorato a pochi metri dai nostri kayak, dai colori sgargianti, con due vele di fattura chiaramente artigianale ed una sfilacciata bandiera della pace in testa d'albero (ed un motore usato soltanto come timone). Manuel è biondo, coi capelli rasta e molto abbronzato. Insiste più volte sulla bellezza del litorale meridionale e sembra quasi contrariato dal fatto che vogliamo andare prima a nord. Ma poi gli brillano gli occhi di sincera emozione quando gli spieghiamo il nostro programma di viaggio, completare il periplo di Kithnos e di tutte le altre Isole Cicladi: "Life is beautiful, my friends!" Ci precede in mare, suonando ad intervalli regolari una conchiglia come fosse un corno da nebbia, ed ogni volta riceve un qualche saluto dalla terraferma. Lo seguiamo con lo sguardo fino all'imbrunire.
La notte è disturbata dagli schiamazzi di un gruppo di ragazze inglesi radunate sotto le quattro tamerici accanto alle quali abbiamo sistemato kayak e tenda. A nulla valgono i nostri sommesi "Shhhhh, please"!
La mattina siamo più stanchi e più lenti del solito.
Mentre ammiriamo le manovre di attracco del terzo traghetto che occupa il molo del porto di Merichas, virando con destrezza di 360° come se stesse facendo un appoggio con edging interno, ci ritroviamo a parlare in italiano con Rebecca e Federica, due milanesi che hanno appena trascorso sull'isola una settimana di vacanza e che ci raccontano ciò che più le ha colpite di Kithnos. "Beato te, che sei già in pensione", dicono rivolte a Mauro, "pensa che noi domani dobbiamo già rientrare al lavoro!". Poi rivolte a me: "E tu, come fai ad essere già in pensione?" Spiego che ho chiuso lo studio legale e che ho preso un anno sabbatico e allora esplode l'entusiasmo: "Ma che gran bella cosa, batti il cinque!" Ci salutano dicendo che sull'isola non avevano ancora incontrato nessun italiano e che sono contente di aver conosciuto proprio noi, due italiani "diversi dal solito". Ci augurano buon viaggio scattando l'ennesima fotografia.
Per la prima tappa del giorno seguiamo il consiglio di Manuel e puntiamo nella baia di Kolona, quella dell'istmo di sabbia e del panorama da cartolina. C'è un'altra libreria da spiaggia, qui a Kolona come a Poles: lo scopriamo non appena ci avviciniamo quel tanto da scorgere i cubi di plexiglas colorato installati stavolta in un piccolo gozzo adagiato di lato sulla sabbia.
C'è un luogo segreto, sul limitare di una delle baiette incorniciate dalla macchia mediterranea, nei pressi di una sorgente di acqua calda che però non riusciamo a scovare, anche a causa della folta schiera di panfili che hanno tirato troppe cime a terra (ora ci chiediamo: va bene ancorarsi a terra se si deve sostare per giorni e resistere alle forti raffiche del Meltemi, ma quando si entra nella più bella baia dell'isola per fare un bagno, mostrare i quattro piani di yacth agli altri sfigati frequentatori del luogo e poi mollare gli ormeggi per tornare in porto, allora la pratica di legare cime a terra dovrebbe essere rigorosamente vietata, intanto perché potrebbero bastare due ancorette e poi perché così facendo si sottrae una larga fetta di costa agli altri fruitori del mare, specie a noi canoisti che possiamo pagaiare a pochi metri dalla scogliera... ufff!)
Riusciamo però a scovare il luogo segreto: sbarchiamo, ce lo godiamo e ripartiamo dopo un paio d'ore col mio kayak carico dei miei primi ritrovamenti in mare (un riccio bianco di profondità, due ricci rossi e tre Orecchie di Venere!).
Kithnos ha coste frastagliate e colline brulle quanto quelle di Kea. Però il versante settentrionale è molto particolare e non a caso è protetto come riserva naturale per il suo habitat variegato. La dorsale corre alta sul mare, ad oltre 300 metri, ed è scavata da profondi canyon che scendono a zig zag e che sono ricchi di grotte, sorgenti, torrenti, vallate di oleandri e... invertebrati endemici, dice la guida. Non oso immaginare le dimensioni mostruose degli invertebrati di Kithnos, mi auguro solo di non ritrovarmeli in tenda!
Quando avvistiamo uno dei monasteri costruiti sulla cresta rocciosa e riportati sulla mappa, facciamo una pausa veloce sull'unica spiaggia di sabbia prima del capo: ripartiamo subito, non tanto per il timore di incontrare gli invertebrati di cui sopra quanto piuttosto per l'odore nauseante di un gatto selvatico morto sul limitare della macchia.
Questi pochi chilometri, appena una ventina, sono i più faticosi del viaggio: il Meltemi soffia imperterrito a venti nodi, in direzione contraria alla nostra rotta, rallentando il nostro avanzare ad appena 1-1,5 nodi. Escogitiamo ogni possibile espediente: prima procediamo attaccati alla costa, con le pagaie che sfiorano gli scogli per restare al riparo dal vento, poi ci allontaniamo quel tanto da sfruttare l'onda di ritorno, talvolta turbolenta, specie sui capi più pronunciati, ed infine affrontiamo a testa bassa le raffiche più violente perché non ci sono più ridossi possibili.
Il nano-faro di Akrotiri Katakefalos è alquanto deludente, quasi non vale tutti gli sforzi fatti per raggiungerlo. Ma la vera attrattiva del capo è la lavatrice che si genera sotto le sue scogliere, sia per la presenza di secche e bassi fondali, che per il gioco di incontri e scontri di correnti contrarie. Per non parlare dei treni d'onde gonfiate dalle ore consecutive di raffiche sempre più violente provenienti da nord, che si avventano sulla costa aperta esattamente a nord. Motivo per cui impieghiamo oltre quattro ore per risalire questo breve tratto esposto.
Una sfacchinata come poche.
Non sarà contento il mio fisioterapista di sapere che continuo a disattendere i suoi consigli: "Se proprio non puoi fare a meno di pagaiare, almeno non pagaiare contro vento!". Le nostre spalle sono sempre più indolenzite, tutte e quattro, e chiedono un momento di riposo con una certa urgenza.
Manca però da affrontare ancora il tratto nord-orientale, sempre esposto al Meltemi: le nostre prue virano finalmente verso sud mentre le onde, le correnti e le raffiche arrivano tutte da nord, sollevando le poppe in maniera vertiginosa e spingendoci in avanti anche a 4 nodi. Un'altra ora di tagatà poco piacevole, sempre concentrati su ogni più piccola variazione di assetto dello scafo, consumando le ultime riserve di energie per raggiungere il porticciolo turistico di Loutrà.
Inutile dire che in tutto questo bailamme non abbiamo riconosciuto i resti di Vryokastro, una città fortificata medioevale alle porte di Merichas (nel sali scendi del mare abbiamo visto solo una serie intricata di muretti a secco, senza capire se si trattava di templi, torri o cisterne), né tanto meno le rovine di Kefalikastro, il capoluogo medioevale dell'isola costruito sulle pendici più alte di Katakefalos e che pare contasse ben 100 chiese ed oltre 5000 abitanti. Non abbiamo visto neanche le vestigia del primo insediamento di tutte le Cicladi, risalente al periodo Mesolitico ed indicato sulla carta proprio all'ingresso dell'attuale cittadina di Loutrà.
Entriamo coi kayak nel porto ma capiamo subito che non c'è alcuna possibilità per noi di fare campo a Loutrà: troppe case affacciate sul mare, troppi balconi che dal secondo piano si protendono sulla lunga spiaggia accanto al molo, troppe barche a vela affiancate alle due o tre banchine galleggianti. La cittadina è famosa per le sorgenti minerali calde frequentate già dagli antichi romani e di cui rimane visibile la decadente stazione termale ottocentesca voluta da Re Otto, il primo sovrano di Grecia.
Volgiamo le spalle al porto e alle terme per andare alla ricerca del nostro campo per la notte: lo troviamo nella caletta di Arkoudi, a pochi passi dal piccolo porticciolo turistico di Agia Irini che ospita, insieme ad un paio di caicchi, anche una taverna molto invitante.
Ci cambiamo in fretta e raggiungiamo i tavolini bianchi apparecchiati sotto gli ombrelloni aperti proprio sul moletto ed illuminati da tante lanterne di varie dimensioni. La bella proprietaria che dà il nome al locale, Aria, ci viene incontro in costume nero, pareo colorato ed infradito. Ci accompagna al tavolo e prende l'ordinazione. La sala interna è arredata in maniera ricercata, com'è abitudine da queste parti nella taverne più pittoresche, con credenze in legno e divani damascati e cuscini e pizzi e specchi e... un magnifico candelabro a quattro piani decorato con decine e decine di conchiglie a torciglione, come tante piccole cornucopie marine.
L'ambiente è molto suggestivo ma non appena inizia la partita Italia-Germania, che qui propongono alle dieci di sera (con un'ora di differita per il fuso orario) e che mandano dalla televisione sistemata nella piazzetta triangolare prospiciente il mare, noi filiamo subito in tenda.
Questa non è solo la giornata del vento forte ma anche delle carcasse in spiaggia: dobbiamo spostare la tenda di qualche metro perché, mentre ripuliamo un po' tutto intorno, scoviamo le corna di una capra morta. Ci metto dieci minuti a seppellirla, mentre Mauro spiana e monta il campo: è l'unica caletta dell'isola aperta a nord, che quindi raccoglie tutte le plastiche rigurgitate dal mare.
Nonostante le brutture che ci circondano, non vediamo l'ora di sprofondare in un più che meritato riposo ma... parte la musica greca dalla taverna della baia di fronte, il Meltemi che non è calato ce la porta dritta dritta in tenda e va avanti tutta notte a tutto volume, forse per festeggiare il matrimonio che abbiamo visto celebrare nella chiesetta sulla collina che domina il porto di Loutrà.
Insomma, un'altra notte insonne!
 
La riserva naturale del promontorio di Katakefalos
Verso Capo Katakefalos, contro vento da oltre tre ore!
Il nano-faro di Akrotiri Katakefalos, il capo nord dell'isola di Kithnos
Il campo nella caletta "sporca" di Arkoudi
Incontri ravvicinati a colazione

Domenica 3 luglio 2016 - 10° giorno di viaggio
Loutrà - Kanala, Kithnos (20 km)
Vento N 12-16 nodi (F4) - Mare poco mosso con onda da 0,6 metri - Temperatura 27°C
Anche a Kithnos, come a Kea, ci sono muretti a secco con inserti geometrici, terrazzamenti ormai abbandonati su quasi tutte le colline e casette basse in stile cicladico, che qui sono quasi tutte bianche con le persiane blu e anche quando sono rivestite in pietra locale hanno le cornici dipinte di bianco e tutti i bordi arrotondati.
Se ne intravede una proprio sopra la nostra tenda, oltre il campo delimitato dai soliti muretti a secco, in parte coltivato ed in parte destinato a pascolo per le capre, che però preferiscono brucare le erbette oltre il muretto, che scavalcano in continuazione facendo spesso cadere delle pietre. La spiaggia è davvero sporca, di mattina si vedono meglio tutti i rimasugli di plastiche colorate che si mescolano a pomici e rametti e zolle di catrame. Dovremmo sbrigarci a smontare e a scappare in mare ma le tamerici offrono un'ombra ampia e provvidenziale che ci istiga a rallentare ogni nostra attività mattutina.
I lunghi preparativi vanno ancora più a rilento perché Mauro continua ad inveire contro i produttori di sacche stagne, sostenendo che spesso propongono cose che non hanno mai testato: evidente è la differenza tra le sacche di vecchia e di nuova generazione, visto che le prime hanno gli interni che non scivolano neanche a pregarli, mentre le seconde sono più morbide, resistenti e versatili, tanto da risultare scivolose anche all'esterno. Siccome abbiamo scelto di stivare tante sacche piccole, così da avere maggiore possibilità di incastri strategici nel gioco quotidiano del puzzle in kayak, ci ritroviamo a spostare più volte quelle sacche che non ne vogliono sapere di scivolare le une sulle altre. Quando siamo a casa usiamo solitamente l'olio di silicone spray, ma in viaggio non possiamo permetterci questo lusso.
Ci imbarchiamo all'ora di pranzo.
Il Meltemi, che pure si è svegliato tardi, ci accompagna, oggi dolcemente, lungo il costone roccioso che costituisce il versante più orientale dell'isola di Kithnos. Questo promontorio è brullo e desolato, senza neanche un albero, bruciato dal sole e colorato di rame, come le vicine miniere che hanno in parte modificato il profilo della costa e che hanno avuto un ruolo cruciale nella storia passato di Kithnos sin dal terzo millennio prima di Cristo. La nostra carta turistica spiega anche che da queste parti sono state rinvenute oltre venti costruzioni particolari, che erano forse antiche fornaci per la lavorazione del rame. Noi proviamo a cercare i resti visibili delle vecchie miniere ma scorgiamo soltanto alcune pietraie, che senza interruzione arrivano dalle creste fino al mare, la solita infinita serie di muretti a secco, che salgono e scendono su per i rilievi e giù nelle gole, e quattro pale eoliche in alto sulla collina più esposta al vento. Si tratta del primo impianto eolico di tutta al Grecia e l'unico di Kithnos, ormai in disuso e sostituito da un impianto di seconda generazione che soddisfa il fabbisogno energetico dell'intera isola, essendo (pare) il secondo impianto più grande del paese.
Le pale oggi girano più vorticosamente di ieri, ma crediamo che qui siano pochi i giorni in cui non girano affatto.
Quando la costa si protende verso sud, si allungano in mare anche cinque penisole basse e rocciose che racchiudono altrettante calette ridossate, in cui l'acqua assume tutte le gradazioni possibili tra il bianco ed il blu.
Oltre il capo più pronunciato, Akrotiri Tzouli, si aprono altre 5 baie, tutte con belle spiagge di sabbia chiara. Noi possiamo osservarle solo da lontano perché, per quanto invitanti, sono allontanate dalla nostra rotta dal Meltemi che ha ripreso a soffiare con decisione e che si incanala nei valloni. Non abbiamo la forza e la voglia di risalire verso nord, seppur di pochi chilometri, per ritrovarci a sbarcare tra i motoscafi ancorati laggiù. Tagliamo invece l'ampio golfo e puntiamo decisi verso ovest, raggiungendo con poche pagaiate la bella chiesetta di Agios Ioannis Eleimon, una cappella con la cupola blu che spicca sul mare dello stesso colore e con una  veranda annessa che ci fa sperare (invano!) nella presenza di una taverna. La chiesa è costruita su un isolotto collegato all'isola madre da un ponticello in cemento su cui vediamo passare più di un turista in costume e cappello. Noi sbarchiamo poco più in là, sulla spiaggia di ciottoli all'ombra di tre tamerici coi tronchi imbiancati a calce: anche se la caletta è piccola e chiusa tra una schiera di casette basse, diventa il nostro luogo di ristoro per le tre ore successive. Dopo due notti insonni e due giorni nel vento, ci meritiamo un pisolino all'ombra frusciante del tipico villaggio di Aousa.
Scendiamo ancora verso sud, superando capi dove l'acqua ribolle per l'incontro di vento e corrente e dove si apre qualche grotta dalla forma stranamente triangolare. Andiamo alla ricerca delle calette protette dal Meltemi e incastonate ai piedi di vallate che offrono scenari particolari.
Su uno dei capi più pronunciati incrociamo la rotta di un'altro esemplare notevole di Caretta caretta, che però subito si inabissa, lasciandoci giusto il tempo di fotografarla sotto il pelo dell'acqua. In una delle gole più profonde è cresciuto un cipresso gigantesco, forse il solo di tutta Kithnos e di certo l'unico che vediamo lungo la costa. I paesini di Lefkes, Liotrivi e Kalo Livadi sono più che altro dei piccoli agglomerati di case per le vacanze, frequentate esclusivamente da greci ed ateniesi che vengono qui per trascorrere le ferie facendo pesca subacquea oppure restando in spiaggia tutto il giorno senza dover sgomitare col vicino di ombrellone. Sono località amene fuori dal tempo: "A Kithnos troverete la Grecia di vent'anni fa" ci aveva detto un greco qualche giorno fa.
Il promontorio roccioso di Akrotiri Tartana nasconde il bel villaggio di Kanala, che vanta una chiesetta con la solita cupola dipinta di blu ed immersa in un boschetto di pini marittimi. C'è anche un market ed una taverna sulla spiaggia: ci fermiamo qui.
Il Meltemi ci troverà "accasati" nella baia più protetta e ridossata del versante sud-orientale dell'isola!

Saranno queste le vecchie miniere di rame di Kithnos?
Lungo il versante orientale dell'isola
La chiesa di Agios Ioannis Eleimon nella baia di Aousa
Il nostro lauto pranzo
La tartaruga degli abissi...
Il campo sulla spiaggia di Megali Amos a Kanala

Lunedì 4 luglio 2016 - 11° giorno di viaggio
Kanala - Ormos Skilos, Kithnos (3 km)
Vento N 35 nodi (F8) - Mare agitato - Temperatura 27°C
Giornata di riposo!
Dopo dieci giorni di navigazione, scegliamo di fermarci un giorno.
Non avendo una data fissata per il rientro, ma al contrario avendo mesi interi di fronte da occupare con altre isole e altri peripli e altre pagaiate contro vento, non abbiamo nessuna remora e prenderci un momento di pausa. Non dobbiamo correre contro il tempo, come spesso ci è capitato di fare nei viaggi passati, non abbiamo delle tappe da rispettare, non siamo schiavi della programmazione. Siamo liberi di fare quel che più ci piace. Siamo liberi.
Il Meltemi che doveva rinforzare alle tre di notte ha ritardato l'arrivo di poche ore e ci ha fatto dormire sonni tranquilli. Dal primo mattino, però, ha preso ad imbiancare il mare, a fare ululare i fili della luce e a piegare i rami delle tamerici.
Noi troviamo rifugio nella taverna sulla spiaggia, dotata di un'ampia tettoia che procura ombra ai 12 tavolini in legno con seggioline gialle che aspettano solo di essere occupati. Facciamo colazione con yogurt e frutta fresca e con un dolce dolcissimo fatto in casa con yogurt e arance caramellate. Siamo circondati di famiglie con bambini, ma nessuno urla o piange o fa i capricci: sono tutti bimbetti, dai neonati ai più grandicelli, che sembrano sedati dal gran sole e dal gran caldo.
Il cameriere ci prende in simpatia: "Ah, siete italiani: una faza, una razza!". E poi, quando scopre che stiamo aggiornando il blog, ci chiede spiegazioni ma subito ci interrompe: "Scusate, sono già stanco solo ad ascoltare il racconto del vostro viaggio!" E con la scusa che dobbiamo mangiare per tenerci in forze, ci porta tutte le specialità della cucina tradizionale della taverna a conduzione familiare.
Ci muoviamo solo nel tardo pomeriggio, quando il Meltemi sembra essersi preso una pausa di riflessione. Andiamo alla ricerca di un'altra spiaggia che abbia un'altra tamerice sotto cui trascorrere un'altra giornata di riposo, visto che il Meltemi è dato ancora Forza 8 per un altro paio di giorni.
L'idea è quella di restare soli per qualche tempo...

Dormire nel vento!
Pagaiare nel vento
Il nano-faro di Akrotiri Agios Dimitrios, il capo sud dell'isola di Kithnos
Gli ultimi ritrovamenti...
Dalla veranda della taverna di Agios Dimitrios
L'ultima immagine de "Il Legno"... SIGH

Martedì 5 luglio 2016 - 12° giorno di viaggio
Ormos Skilos - Agios Dimitrios, Kithnos (11 km)
Vento N 30-33 nodi (F7) - Mare agitato - Temperatura 27°C
Seconda giornata di riposo!
Quasi una fotocopia della precedente. Salvo che il Meltemi non ha smesso di imperversare neanche per un minuto, neanche di notte. Ci svegliamo ben prima dell'alba perché la nostra povera tendina ci si è piegata sul naso.
Vaghiamo per tutto il giorno alla ricerca dell'ombra: la troviamo di primo mattino sul piccolo piazzale-belvedere della chiesetta, poi lungo il sentiero di pietre imbiancante che sale su fino alla strada sterrata, dopo ancora in un anfratto tra gli scogli... Non facciamo altro che mangiare, dormire, chiacchierare, passeggiare sulla battigia e guardare il mare.
Quando le onde si diradano e le raffiche diminuiscono decidiamo che il nostro tempo nella baia di Skilos è terminato, anche perché la spiaggia viene invasa da ben sei bagnanti ed il piacevole soggiorno viene rovinato da una triste scoperta: è sparito uno dei pezzi più preziosi della nostra attrezzatura da campeggio, "Il Legno", quella preziosa tavoletta raccolta all'Isola di Eubea che ci ha accompagnato in tanti altri viaggi in kayak e che Mauro usava tutte le sere per spianare la zona tenda. Come faremo stanotte? Vogliamo pensare che sia stato uno dei cani da guardia delle ville affacciate sulla baia, perché non riusciamo proprio a capire il motivo per cui un "umano" dovrebbe rubare un pezzetto di legno, così anonimo ed insignificante per chiunque altro ma per noi così importante!
Per riprenderci dallo choc della perdita, pagaiamo a favore di vento fino a Capo Agios Dimitrios, lasciando che sia il Meltemi a fare la rotta e a decidere la velocità di crociera. Non tardiamo ad avvistare il nano-faro e poco dopo le nostre prue virano decise verso nord.
Sbarchiamo in un villaggio che sembra l'ennesimo agglomerato di case-vacanze ma che per nostra fortuna nasconde una taverna proprio sulla spiaggia. Lasciamo i kayak all'ombra delle tre tamerici e mangiamo a quattro palmenti tutte le leccornie casarecce che ci vengono servite sulla veranda...
Dormiamo a pancia piena e al riparo dal vento!

3 commenti:

  1. bravissimi ... complimenti per il racconto...agostino da Palermo

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  2. nel nostro piccolo di paddler giornalieri anche noi siamo dei incalliti "raccoglitori"...

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  3. I commenti su Facebook (5 luglio 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1146785398675698
    Quattro giorni nel vento...

    Jannie Heegaard: Looks waaaarm, beautiful and lovely :)!

    Caterina Criniti: Ci piacerebbe trovarci anche solo in taverna e sentirvi raccontare la giornata appena trascorsa, e sembra di esserci leggendo piacevolmente il vostro diario.

    Caterina Criniti: Che il vento vi sia favorevole e......vi lasci riposare!!

    Luciano Belloni: a gente di mare si augura "buon vento" purché non sia troppo forte e contrario, così nel vostro caso.

    Luciano Belloni: ma con voi c'è anche Sandro Spagnol o solo i suoi kayak Voyager?
    [Mauro Ferro: Ci sono i Voyager...]

    Mirella Graglini: Ciao amici miei :) :) :) !!! superfantasticaeccezionalesuperba continuazione !!

    Michele Barro Savonuzzi: Complimenti, bravissimi

    Rachele Orlando: Vi seguiamo

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