SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


domenica 10 luglio 2016

Traversata improvvisata

Mercoledì 6 luglio 2016 - 13° giorno di viaggio
Agios Dimitrios - Ormos Martinakia, Kithnos (13 Km)
Vento N 25-30 nodi (F7) - Mare agitato e mosso - Temperatura 27°C
Abbiamo dormito nove ore filate! Finalmente!
A parte un giovanotto col decespugliatore che solleva nugoli di polvere, la mattinata in spiaggia scorre così tranquilla che noi ci dedichiamo al "taglia e cuci". Mauro divide in tre parti la scottina di polipropilene rosso pescata in mare a Kea il giorno della tempesta perfetta: non siamo stati capaci di ritrovare i tiranti del telo esterno della tenda, che il solito folletto dispettoso avrà nascosto in casa chissà dove, e la scottina rossa trovata per caso torna utile per sostituire i tiranti scomparsi. Io, invece, riparo con ago e filo alcune cosette che non avevo avuto tempo di sistemare prima di partire: le custodie del sacco a pelo di Mauro e del mio materassino autogonfiabile, scucite in punti antipatici che ogni mattina al momento di rassettare la tenda minacciavano di aprirsi ancor di più.
A lavori terminati prendiamo il mare.
Le previsioni meteo danno ancora vento forte da nord ma noi stiamo imparando ad interpretarle in base alla conformazione della costa, che qui, nel versante sud-occidentale di Kithnos, rientra quel poco da essere parzialmente ridossata dal Meltemi. Le raffiche sono sempre forti, almeno 20 nodi, ma soffiano con insistenza soltanto sui capi più pronunciati, mentre nelle numerose cale arrivano molto più addolcite. Noi facciamo dentro e fuori ogni baietta della costa, frastagliata tanto ad ovest quanto ad est in questo bellissimo tratto meridionale dell'isola, e risaliamo lentamente verso il porto di Merichas.
Facciamo una sosta per rifocillarci nella caletta più ridossata: in spiaggia io non trovo niente, né ricci né spugne né altro, mentre Mauro recupera un legnetto che per quanto di ridotte dimensioni può sostituire "Il Legno" per questa notte.
Tutte le spiagge di Kithnos, almeno tutte quelle su cui noi abbiamo avuto la fortuna di fare una sosta, hanno una caratteristica in comune: appena oltre la battigia, poco sotto il pelo dell'acqua, non si trova la solita sabbia chiara che conferisce all'acqua quel colore così intenso e particolare, ma c'è un grande lastrone piatto e levigato dello stesso colore della sabbia, ma di tutt'altra consistenza, come fosse stata compressa e modellata negli anni (di nuovo, se ci fosse il mio fratellino geologo potremmo capire il motivo degli scalini rocciosi di Kithnos!).
Incontriamo solo capre, abbarbicate sugli speroni rocciosi tra le cale di Kastellas e Kasteli, due belle anse di acqua calma, calda e cristallina che prendono il nome dai resti pressoché irriconoscibili di un castello, forse anche questo medioevale.
Raggiungiamo la "nostra" caletta alle sette di sera e montiamo la tenda esattamente nella stessa posizione dell'altra settimana, il primo luglio, quando eravamo arrivati sull'isola di Kithnos dopo la traversata da Kea.
La taverna sulla spiaggia è aperta e per festeggiare la chiusura del periplo della seconda isola delle Cicladi chiudiamo la cena con un dolce della casa: speravamo di ricevere una porzione di torta al cioccolato come quella che avevano appena consumato i nostri vicini di tavola, gli unici altri avventori del locale, ma deve essere finita proprio in questo momento, come del resto molti altri piatti del menù. Ci vediamo servire una piccola ciotolina a forma di foglia (in scala 1:1!) in cui è adagiata una fettina di arancia caramellata: sulle prime restiamo delusi dalla esiguità della porzione, ma già al primo assaggio capiamo che non soltanto è in quantità abbondante, se non esagerata, ma che è una squisitezza zuccherosissima.
Intanto, un catamarano getta l'ancora nella baia, cinque gattini saltano come matti su e giù dai rami della tamerice imbiancata a calce ed una falce di luna compare e subito si eclissa dietro il pentagramma di fili della luce che corre nel cielo ormai scuro proprio di fronte alla veranda della taverna...

Sosta a Ormos Stifo, una delle tante belle cale delle costa sud-occidentale di Kithnos
In navigazione verso nord per tornare al porto di Merichas...
Il tramonto nella baia di Martinakia, la spiaggia degli incontri...
La colazione al caffè del porto: si capisce che sono felice?!?
Compari!
Un particolare della pavimentazione della Chora di Kithnos
Antichi ricordi...
All'uscita del porto di Merichas

Giovedì 7 luglio 2016 - 14° giorno di viaggio
Ormos Martinakia, Kithnos - Ormos Ellinika, Serifos (28 km - di cui 15 stimati per la traversata)
Vento N 23-28 nodi (F6) - Mare mosso con onda di 1 metro - Temperatura 27°C
Nottata tranquilla, talmente silenziosa e calma che sprofondiamo in un lungo sonno rigenerante fino alle otto del mattino e non sentiamo neanche il catamarano che leva l'ancora e se ne va.
Oggi finalmente visitiamo la Chora di Kithnos!
Ma prima ci concediamo una lauta colazione al caffè del porto, arredato con comodi divanetti ricolmi di soffici cuscini dai colori sgargianti e frequentato esclusivamente dai pescatori locali, barbe di alcuni giorni, magliette consunte e cappelli blu con visiera. Io ordino una crepe al cioccolato con gelato al caramello più un frappè glikò megala (vado pazza per questo speciale caffè freddo shakerato, specie ora che ho scoperto che possono prepararlo anche decaffeinato!), mentre Mauro preferisce l'omelette al formaggio accompagnata da una birra grande (che qui, benedetta tradizione, viene sempre servita in boccali ghiacciati, appena tirati fuori dal congelatore!).
Per non sembrare quelli che pensano solo a mangiare, facciamo del sano movimento correndo a prendere l'autobus delle undici per salire in città, dove arriviamo giusto in tempo per il pranzo: subito dietro la piazza centrale, adocchiamo la nostra taverna! Anzi, una psistaria!
La taverna greca corrisponde più o meno alla trattoria italiana, è un locale semplice a gestione familiare, con tavoli e sedie in legno spesso traballanti (Mauro deve sempre cercare una zeppa per puntellare la gamba più corta), con tovaglie di carta fissate con elastici o con appositi fermatovaglie (indispensabili per resistere agli assalti costanti del Meltemi), tovaglioli, posate e bicchieri che arrivano insieme al pane, solitamente in panieri di legno o paglia intrecciata e decorati con conchiglie e nastri e fiori secchi locali. Non sempre è disponibile un menù, talvolta i piatti del giorno sono scritti in greco su una lavagnetta all'ingresso del locale e pare che per tradizione i clienti possano entrare in cucina per scegliere il pesce o la carne.
La psistaria, invece, come dice il vocabolario greco-italiano, è se possibile ancora più spartana della taverna, a metà strada tra una rosticceria ed una tavola calda, ed i prezzi sono più abbordabili di quelli già contenuti delle taverne.
Seduti al tavolo in ombra della psistaria della Chora di Kithnos, sperimentiamo una volta di più l'esattezza dell'assunto che le costanti dell'universo sono sempre le solite tre: connessione internet lentissima, macchia nuova sulla maglietta nuova, capelli sempre più impolverati e sparati per aria. Almeno i miei, perché quelli di Mauro scendono a riccioli sulle spalle neanche avesse appena fatto una permanente.
Troviamo il tempo di visitare la Chora, ovviamente.
La guida dice che è "bruttina di primo acchito", ma oltre la prima piazza si apre un dedalo di viuzze tipiche che hanno un fascino molto particolare. Io scatto circa diecimila foto alle casine bianche intrecciate le une alle altre, ai vicoletti tortuosi in salita, alle scalette in pietra che salgono alle terrazze panoramiche, alle arcate che si aprono su sottopassi arredati come fossero una stanza in più, alle porte sempre aperte e alle finestrelle adornate di ricami e pizzi, alla pavimentazione fantasiosa con ghirigori sempre diversi, persino a grandi fiori sui sagrati delle chiese, all'asinello legato al cancelletto dipinto di blu, ai vecchi mulini ormai abbandonati, alle cabine elettriche di trasformazione che ci fanno fare un salto nel passato, alle varie decorazioni artistiche lungo la via principale, una tra tutte quella con i due pesci di ceramica che penzolano in una gabbietta di fil di ferro arrugginito. E' tutto un fiorire di caffè pittoreschi con tavolini ricavati da tronchi di saggina, piccoli negozietti coloratissimi con gli oggetti esposti sui muri esterni, piazzette di un bianco abbacinante piene di vasi di fiori dipinti di blu in ogni angolino ombreggiato.
Insomma, la visita della Chora valeva la pena. Per me.
Per Mauro è stata una tortura: m'ha confessato di essersi sentito come un tacchino pronto per essere spennato. E' tutto troppo turistico, per i suoi gusti, compreso l'asinello alla corda, gli orti alle porte della città e l'autista in ciabatte che si ferma a scambiare due chiacchiere con chi guida le auto che incrociano in senso contrario...
Questa escursione in autobus nell'interno dell'isola è doppiamente interessante, sia per capire un po' meglio le abitudini dei circa 800 abitanti del capoluogo, sia per ammirare dall'alto alcune delle 98 spiagge dell'isola e delle varie chiesette dell'entroterra (per continuare a dare i numeri, pare che Kithnos ne vanti addirittura 128). La cosa che attira di più la mia attenzione è la lunga serie di muretti a secco che corrono lungo i crinali delle colline brulle e spoglie, spesso in due file parallele quando segnano il tracciato dei vecchi sentieri ormai dismessi: come a Kea, anche qui sono costruiti con delle pietre poste in verticale oppure in obliquo a creare figure geometriche molto accattivanti. Ma a differenza di Kea, qui a Kithnos, specie nell'entroterra, se ne trovano tanti con delle grandi pietre piatte poste in piedi ed in senso longitudinale alla linea del muretto, come piccole porticine aperte sull'Egeo che si rincorrono ogni metro o due. Conferiscono anche una nota di colore al paesaggio bruciato dal sole e ingrigito dalla polvere perché brillano di tanto in tanto e mandano tenui segnali silenziosi ai pochi ammiratori.
Tornati alla "nostra" spiaggia troviamo assiepato intorno ai due Voyager un gruppetto di velisti tedeschi: il capitano ci chiede dapprima conto delle nostre dotazioni di sicurezza e poi esclama ammirato "chapeau", facendo il gesto di togliersi il cappello in segno di stima; quando scoprono che stiamo girando tutte le Cicladi, ci riempiono di consigli sulla rotta per Serifos e sulle bellezze della prossima isola del nostro itinerario.
Appena si allontano i velisti, si avvicina una coppia franco-islandese e riattacchiamo a chiacchierare: Eva ed Agust sono due kayaker di Reykjavik, conoscono Luisella e Manuela per avere pagaiato a Genova Nervi l'anno passato e sembrano davvero contenti di averci incontrato proprio al termine della loro vacanza tra le isole di Paros, Milos e Serifos. Ci tengono impegnati con le solite domande (da dove siete partiti, dove volete arrivare, quanto tempo passate in mare) ma anche con alcune considerazioni interessanti sulla linea dei nostri kayak, sul peso e sulla capacità di carico, sulla stabilità e sulla velocità... dopo poco ci invitano ad andare a trovarli in Islanda, la terra dove indossare la muta stagna è d'obbligo anche in estate: chissà che un giorno non ci venga voglia di visitare le fredde località balneari artiche, lasciando per qualche tempo i caldi climi mediterranei, dove i ciottoli della riva bruciano le piante dei piedi, come sta capitando a noi proprio in questo momento. Al culmine della conversazione con Eva ed Agust, scopriamo di essere amici su Facebook e di avere tanti altri amici reali in comune: certo che il mondo del kayak da mare è davvero piccolo! E popolato di persone meravigliose!
Quasi ci dispiace di doverci accomiatare da Eva e Agust ma il mare ci chiama. E ci chiama così bene che, appena usciti dal porto di Merichas, evitando il traghetto in ingresso che saluta col solito suono di tromba da far rimbombare l'intera vallata, filiamo col vento in poppa fino al capo meridionale. E' un vero piacere cavalcare queste ondicelle veloci e ravvicinate: scendiamo in un batti-baleno, senza nessuna fatica pagaiamo a gran velocità, con punte fino a cinque nodi, e le condizioni sono talmente invitanti che raggiungiamo il nano-faro di Akrotiri Agios Dimitrios in poco più di un'ora. L'intenzione era quella di fermarsi a fare campo in una piccola caletta dell'estremità meridionale di Kithnos: l'avevamo avvistata risalendo verso nord e avevamo subito pensato che sarebbe stata perfetta come punto di partenza per la traversata. Invece, cambiamo d'improvviso i piani e, anche se sono già le sei di sera, decidiamo su due piedi di traversare fino a Serifos.
Anche se il GPS non ne vuole sapere di funzionare!
Anche se non ho la carta dell'isola sul ponte!
Anche se il vento ha ripreso a sollevare frangenti!
Dopo avere visto il canale tra Kithnos e Serifos imbiancato di onde spumeggianti per tre giorni consecutivi, e sapendo che per i prossimi giorni il Meltemi tornerà a farsi sentire, questo stato del mare ci sembra così abbordabile che non ci pensiamo due volte: traversiamo!
Senza avere la rotta del GPS, senza sapere qual'è esattamente la meta finale e senza avere altri supporti elettronici: rotta bussola, navigazione a vista, correzione stimata e via andare.
Con tutto quello che abbiamo mangiato, ne abbiamo di energie da spendere!
Il mare non è propriamente tranquillo, le onde sono incrociate e nervose, specie in prossimità dell'isola di Kithnos. Al centro del canale, invece, le onde diventano più regolari, ma anche più alte e frangenti. La corrente rimane favorevole ed il vento spinge al giardinetto quel tanto per farci stimare l'arrivo entro un paio d'ore. Inutile dire che, data forse l'ora tarda, non incontriamo nessuno in mare, tranne un traghetto di linea che però passa molto lontano dai nostri kayak. Dopo un'ora di navigazione, seguendo la rotta a sud-est e correggendo di appena 15 gradi, avvistiamo le prime case di Serifos e distinguiamo la nostra meta, una spiaggia tra due capi rocciosi con una piccola casetta bianca al centro.
C'è una regola per stimare le distanze in mare elaborata da un famoso maestro di kayak scozzese, Gordon Brown, secondo la quale a 3 chilometri si cominciano a vedere le prime costruzioni, a due si riconoscono le case e gli alberi, e ad un chilometro di distanza si possono contare le finestre delle case. La nostra casetta bianca ha le finestre talmente piccole che non le vediamo fin quasi allo sbarco. Se è vero che al tramonto, con la luce radente, l'isola sembra avvicinarsi ad ogni pagaiata, deve essere anche vero che ad una certa ora una forza misteriosa e dispettosa sembra decisa a spostare l'isola e ad allontanarla sempre più. C'è un momento in cui penso che non riusciremo mai più a raggiungere Serifos. Ed un momento dopo siamo sbarcati!
La serata è brevissima, perché ormai sono scoccate le nove ed il sole è appena tramontato: con l'ultima luce del giorno, facciamo giusto in tempo a montare la tenda sotto una delle tre tamerici, a sgranocchiare qualche seme di zucca e ad infilarci nei sacchi a pelo, sperando che il mare non monti troppo da arrivare a bagnare le poppe dei kayak...

In traversata con Piperi a poppa, Serifopoula a prua e un traghetto tra le isole
Nel canale tra Kithnos e Serifos
Nel sole
Dopo aver messo piede a Kithnos, iniziamo l'esplorazione di Serifos
All'opera
All'ombra
Al lavoro
Caos creativo
L'arrivo nella cala ridossata di Avlaki Skalas

Venerdì 8 luglio 2016 - 15° giorno di viaggio
Ormos Ellinika - Avlaki Skalas, Serifos (5 km)
Vento N 25-32 nodi (F6-7) - Mare agitato con onde frangenti - Temperatura 27°C
Ci sono giornate in cui succede di tutto e giornate in cui non succede niente. Almeno in apparenza.
Ieri abbiamo chiuso il periplo di Kithnos, visitato la Chora, chiacchierato con tedeschi ed islandesi, traversato su Serifos e montato il campo in una spiaggia isolata. Oggi non facciamo niente.
Il Meltemi è montato ed insieme a lui anche il mare. Le poppe dei kayak sono state bagnate durante la notte più di una volta. Le raffiche del mattino sono più forti del previsto: l'anemometro segna 22 nodi costanti, con raffiche a 30. L'acqua delle onde che frangono a riva si solleva in spruzzi così alti che sarebbero perfetti per farsi una doccia.
In queste condizioni, non se ne parla di ripartire, restiamo tutto il giorno in spiaggia.
Mi decido ad uscire dalla tenda quando il sole è ormai molto alto, tanto l'ombra della tamerice è ampia e protettiva. Sistemo una barriera frangivento davanti alla tenda per prolungare il sonno di Mauro. Quando anche lui si sveglia, perlustriamo insieme la zona e giriamo intorno alla casina bianca abbandonata, per constatare che le finestre sono le più piccole mai costruite dall'uomo. Facciamo colazione che è quasi mezzogiorno. Sgusciamo pistacchi. Creiamo il caos più totale dentro e fuori la tenda. Ci godiamo la giornata di sosta forzata.
Quando Mauro recupera le energie, si mette di santa pazienza a studiare il motivo per cui il GPS si è rifiutato di collaborare durante la traversata. Si era bloccato al momento di inserire la rotta, lasciandoci appena il tempo di visualizzare la destinazione, tanto da dover togliere la batteria nella speranza di farlo ripartire. Nonostante questa operazione, resa ancor più delicata in alto mare, non si era più riacceso perché l'interruttore si era sfondato. Oggi Mauro scopre che non è l'interruttore, ma soltanto la plastica esterna, ad essere arrivata a fine vita. Sfoderando le sue doti da Archimede Pitagorico, cerca e trova sulla spiaggia, tra i vari rifiuti rifiutati anche dal mare, una classica ciabatta in materiale espanso che fa proprio al caso suo: ne taglia una cubetto a misura esatta del foro praticato in corrispondenza dell'interruttore e lo tiene in posizione con un pezzetto di nastro adesivo. Ora il GPS funziona di nuovo ed io sono sempre più ammirata dalla capacità dell'Uomo di Ferro di escogitare soluzioni ingegnose con materiali di risulta!
Tutt'a un tratto, il Meltemi accenna a calare.
Alla solita ora di sempre, verso le cinque del pomeriggio.
Sistemiamo il caos totale nei gavoni e quando le raffiche scendono da 25 a 10 nodi, lanciamo i kayak in mare. Lanciamo nel senso proprio del termine: visto il dislivello tra la battigia e la spiaggia vera e propria, approntiamo un rudimentale scivolo di alaggio con una serie di tronchi e ci adagiamo sopra i Voyager. Aspettiamo che passi l'ultimo treno di onde e poi ci imbarchiamo insieme come degli automi, pagaia come bilanciere, culo sul seggiolino, ripulita veloce ai sandali pieni di sabbia e poi qualche pagaiata decisa per allontanarci dai frangenti che scombussolano ancora la riva. Impieghiamo altri 20 minuti per pompare l'acqua fuori dai pozzetti, per sistemare la seduta e per controllare che la deriva sia libera dai sassolini che si infilano sempre ovunque nello scasso...
Poi ci tocca una bella pagaiata impegnativa, anche se di appena un'ora: su ogni capo si generano onde alte un paio di metri, incrociate per l'incrocio delle correnti, spesso spumeggianti per il vento che ancora gonfia il mare. E' tutto un sali scendi che secondo me raddoppia la distanza percorsa. Di certo raddoppia gli sforzi per tenere il kayak in rotta ed in equilibrio! E così per tre capi di seguito. Speravamo di superare tutto il versante settentrionale di Serifos, per sottrarci agli assalti del Meltemi e per pagaiare in zone più ridossate già a partire da domani, ma dobbiamo accontentarci di metà percorso.
Ci infiliamo nella lunga caletta riparata che si apre proprio prima del quarto capo e scoviamo un'altra spiaggia isolata con alcune tamerici sul lato opposto della chiesetta.
Sbarchiamo anche stasera all'ora del tramonto.
Ingaggiamo una battaglia impari con un plotone di farfalline indiavolate che si accalcano davanti alle nostre lampade frontali, rendendo impossibile ogni operazione di sistemazione del campo. Dobbiamo inventarci qualcosa ed è ancora Mauro Pitagorico che trova la giusta soluzione: uno tiene accesa la luce a pochi passi dal campo e l'altro monta la tenda, gonfia i materassini e sistema i sacchi a pelo. Una volta terminati i lavori principali, pensiamo alle ultime piccole cose e, di nuovo, per entrare senza essere seguiti dal plotone, dobbiamo alternarci alle luci. Sembriamo dei tecnici teatrali, ma alla fine dello spettacolo, noi siamo dentro e le indiavolate restano fuori.
Ci piacciono molto queste giornate piene di niente: grandi sfacchinate e lunghi momenti di riposo.
Poche ore di navigazione sono sufficienti per mantenere la confidenza con il mare.
E pochi minuti a rimirar le stelle ci bastano per riconciliarci col mondo, anche se da la fuori arrivano spesso brutte notizie...

3 commenti:

  1. Complimenti per la riparazione del GPS, il recupero del materiale che trovate x mare.Ma soprattutto per il completino blu che indossa Tatiana che sembra perfettamente stirato benché esca da un gavone compresso con altri oggetti shackerato x 10 giorni in mare!🏖

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  2. I commenti su Facebook (10 luglio 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1149761758378062
    Finalmente troviamo una connessione accettabile...

    Marco Xwarz Bonomi: questa è istigazione all'abbandono del posto di lavoro e fomenta irriducibili fantasie al viaggiare in kayak!

    Marco Valle: Bello come sempre leggervi ..... buon mare !

    Luciano Belloni: non faccio la prima colazione senza aver visionato sito, posta, fb e quant'altro porti vostre accattivanti notizie! auguro buon vento, purché sia alla vostra portata.

    Toni Pusateri: Sentivo il bollettino del mare e sentivo delle burrasche... Mi raccomando😊
    [Mauro Ferro: Ciao Toni, procediamo con tappe brevi nel tardo pomeriggio quando il vento cala un po']
    Antonio Colantuoni: La classe non è acqua e i nostri champion sapranno scegliere sempre la giusta rotta 😊😊😊 buon mare

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