SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


martedì 12 luglio 2016

La Chora ed il Meltemi di Serifos

Lunedì 11 luglio 2016 - 18° giorno di viaggio
Livadakia - Livadakia, Serifos (0 km)
Vento N 25-32 nodi (F6-7) - Mare molto mosso - Temperatura 27°C
L'ultima tamerice della spiaggia fuori dal porto di Livadi ci fa ombra fino alle dieci del mattino: anche se era passata mezzanotte, l'abbiamo montata nel punto giusto, calcolato poco dopo lo sbarco osservando le ombre che si allungavano sulla battigia.
Eva ed Agust ci hanno tenuto a chiacchierare fino a tarda notte: non solo ci hanno offerto dolce & birra nel club nautico locale ma ci hanno anche intrattenuto con racconti di viaggi in kayak tra la Namibia, la Francia e l'Islanda. Avremo ancora modo di salutarli, sia qui a Serifos che in Italia che, perché no, anche in Islanda!
La pasticceria del porto è troppo vicina e troppo invitante per non andarci a fare colazione: frappè con una vasta scelta di dolci greci. Un modo dolce di iniziare la giornata a terra.
Dobbiamo però tornare ai kayak per risolvere i problemi che da un paio di giorni ci stanno dando i pannelli solari: non ricaricano le batterie, anzi le scaricano, e anche usando i cavi di riserva che Mauro ha portato in quantità quadrupla non abbiamo ancora capito come risolvere il mistero. L'Uomo di Ferro allora veste ancora una volta i panni di Archimede Pitagorico e smonta pannelli ed accumulatori per controllare eventuali anomalie. Ma i cavi sono tutti ben collegati, non è entrata una goccia d'acqua e non ci sono altri segnali evidenti di mal funzionamento. Forse gli accumulatori dei pannelli solari sono stati strapazzati dalla carica ripetuta del computer portatile, ma questa giustificazione non è la soluzione. E anche se fosse, ci vorranno diversi giorni per riportarli a regime, considerato lo scarso rendimento che hanno ormai i nostri decennali pannelli solari auto-asssemblati (temiamo che questo viaggio sarà anche per loro quello del pensionamento!). Nonostante i vari tentativi, i pannelli sembrano non voler riprendere a lavorare: allora Mauro passa alla solita tattica e con una serie ben assestata di improperi, insulti e minacce di distruzione, ogni cosa d'incanto torna a funzionare come e meglio di prima!
Lasciamo il cellulare e le batterie del GPS in carica e andiamo a visitare la Chora di Serifos.
Almeno ci proviamo.
Ma prendere l'autobus per coprire i cinque chilometri che separano il porto dalla città abbarbicata sulla cima della collina sembra un'impresa degna del miglior indovino. Sul lungo mare sono affissi in bella mostra gli orari dell'autobus e proprio accanto ai caicchi locali c'è la fermata principale. L'autobus della 14 passa alle 14.30, quando ormai ci eravamo convinti di averlo perso e ci eravamo comodamente seduti ai tavolini all'aperto di uno dei caffè affacciati sul porto, per ammirare la Chora almeno da lontano e dal basso. C'è un autobus a tutte le ore, dalle otto del mattino fino a mezzanotte, ma chissà per quale motivo quello delle 15 è stato soppresso. L'autobus della 16, invece, passa un quarto d'ora prima del previsto: lo guardiamo transitare vicino al molo senza riuscire a fermarlo. Quando stiamo per desistere, ecco che si materializzano al tempo stesso un autobus, un autista in divisa ed una mezza dozzina di altri passeggeri, sbucati tutti insieme da chissà dove.
Saliamo. E saliamo su per una strada tutta tornanti ma senza neanche l'ombra di un parapetto. Mi sono inavvertitamente seduta vicino al finestrino, pensando di godermi il panorama, ma non oso guardar fuori perché ogni dirupo potrebbe farmi pentire di aver tanto insistito per andare lassù in cima.
Le curve aumentano. La pendenza anche.
All'ultima svolta l'autobus si ferma. Il vicolo è talmente stretto che le porte non si possono aprire e noi non possiamo scendere. L'autista tergiversa un po', quel tanto da farmi pensare che sia indeciso sulla marcia da scegliere. E infatti ingrana la retromarcia! Aiuto! Precipiteremo tutti già dal tornante più alto! L'autobus comincia a retrocedere, sempre di più. Comincio a temere seriamente per la nostra incolumità. Penso di mettermi a urlare. Poi l'autista fa una manovra incomprensibile e apre le porte.
Scendiamo. Ed era forse meglio restare su, anche a costo di precipitare giù!
Il vento quassù è così forte che non si riesce neanche a stare in piedi.
Le raffiche si infilano nei vicoli stretti, sotto gli archi e lungo le scalinate imbiancate con una tale violenza che si rischia di essere spazzati via, giù in volo libero fino al porto!
Ci mettiamo almeno 5 minuti per passare dall'altra parte dell'arcata d'ingresso del centro storico, tutto pedonale e tutto in salita. Arrancando nel vento. Fino alla chiesa più alta. Sempre nel vento.
La Chora è bellissima, tutta un dedalo di viuzze attorcigliate intorno al cucuzzolo, con le indicazioni per raggiungere il Kastro scritte a pennello sugli scalini di altezza diverse.
Il panorama che si gode dall'alto sulla baia è indimenticabile, come un paio di terrazze arredate con cuscini, tavolini e lanterne dove trascorreremmo volentieri qualche serata in compagnia.
Scendiamo a piedi. Quell'autobus non ci avrà un'altra volta. Tanto più che la scalinata che scende dal paese fino al porto è doppiamente invitante, sia per i grandi lastroni policromi perfettamente incastonati nel selciato, sia per il paesaggio che sia apre ad ogni curva tra le vecchie case, gli orti coltivati e tutta una serie di angolini pittoreschi in cui curiosare.
Chiudiamo la giornata in un altro "soyvlatziathiko" per fare un'altra scorpacciata di spiedini.
Montiamo la tenda prima del solito, che non sono neanche scoccate le nove di sera e c'è ancora la luce del tramonto ad avvolgere la baia. Ma l'esperienza dell'autobus per la Chora ci ha provati a tal punto che pur non avendo pagaiato per niente siamo già morti di sonno.

La serata in compagnia di Eva & Agust
Il controllo dei pannelli solari a Livadakia
Dall'alto della Chora di Serifos
Nei vicoli della Chora
Incalzati dal vento (anche a terra!)
Il vero faro di Capo Spathi
Sotto le scogliere della costa meridionale di Serifos
Al riparo a Ormos Vagia
Sputati fuori
Il secondo faro vero di Serifos, ad Akrotiri Kiklopas
Verso Megàlo Livadi
Meritata cena in taverna...

Martedì 12 luglio 2016 - 19° giorno di viaggio
Livadi - Megàlo Livadi Serifos (20 km)
Vento N 26-31 (F6-7) - Mare molto mosso - Temperatura 27°C
Lasciamo la città con la nostra solita flemma, dopo un'altra colazione con le specialità della pasticceria del porto, ma stavolta consumate in spiaggia, dove passano a salutarci per l'ultima volta Eva e Agust. Loro prendono il traghetto per Atene, noi proseguiamo in kayak per completare il periplo dell'isola di Serifos, per poi fare nuovamente rotta verso sud.
Ecco, mai uscire dal porto mentre entra un traghetto: si respira gasolio fino a stordirsi. Siamo sotto vento, è vero, ma meglio così, almeno ci togliamo in fretta dagli odori e dai rumori della città. E' bastato un giorno a terra per farci desiderare di tornare in mare!
Corriamo col vento in poppa fino al primo vero faro di Serifos, e delle altre tre Isole Cicladi sin'ora circumnavigate, quello grande, bello, bianco e con la cupola verde che svetta su Capo Spathì.
Per un breve tratto pagaiamo ridossati dal vento, poi ci affacciamo nel golfo di Kalo Ambeli e comincia la festa: raffiche tese e ravvicinate spazzano la baia con grande tramestio di spruzzi che schiaffeggiano noi e gli scafi e di folate che sibilano nelle orecchie tanto da coprire ogni altro rumore del mare.
Questo non è il solito Meltemi ma è il vento catabatico che si scatena nelle gole: è molto più violento ed aggressivo e in poco tempo combina un gran macello.
A Creta avevamo imparato a gestirlo: entravamo nella baia alla chetichella, risalivamo un poco contro vento e poi viravamo quel tanto per farci sputare fuori come proiettili di una fionda. Anche qui a Serifos usiamo la stessa tattica: dopo qualche scaramuccia col vento, troviamo il giusto assetto e ci facciamo sparare fuori all'istante.
Un istante che dura quasi un'ora, però.
Qualche volta ci tocca di fare un appoggio, non sull'acqua ma direttamente sul vento: è talmente forte che per mantenere l'equilibrio bisogna semplicemente buttarsi su un lato.
Sotto Akrotiri Platani, il capo che chiude ad ovest la baia di Kalo Ambeli spazzata dal vento, riusciamo a trovare un angolino ridossato dove speriamo di riprendere fiato. Ma non ne abbiamo il tempo. Si apre un altro golfo, quello di Koutalas, più raccolto del primo e molto più esposto alle forti raffiche di Meltemi in caduta dalla vallate circostanti.
Per raggiungere la spiaggia che si trova 500 metri oltre il promontorio impieghiamo la bellezza di mezz'ora piena. Ci sembra di essere tornati in Sardegna, quella volta che il Golfo di Orosei era battuto da venti Forza otto e noi abbiamo pagaiato per oltre 6 ore per coprire la misera distanza di 4 chilometri. Ma abbiamo imparato la lezione: mai più pagaiare nel vento Forza otto! Anche qui il vento turbina in mulinelli e solleva acqua nebulizzata: la scelta di sbarcare è la più giusta.
Salgo sul promontorio per misurare il vento. In navigazione non avevo potuto tirare fuori ed usare l'anemometro. Il vento soffia costante a 25 nodi, con raffiche a 40. Quando compaiono i mulinelli, l'anemometro segna 50 nodi, 92 chilometri orari! Che secondo la Scala Beaufort dei venti è l'equivalente di un Forza 10! Durante la pausa pranzo i mulinelli diventano sempre più frequenti.
Aspettiamo che cali il Meltemi.
Intorno alla baia sono visibili i resti delle miniere di ferro ed il portolano segnala anomalie magnetiche locali dovute all'alta concentrazione del minerale. Lo sperimento con la macchina fotografica quando cerco di fare una foto panoramica ma gli indicatori non si allineano mai. Desisto. Raggiungo Mauro che ha ripreso a farsi le sigarette con le cartine. Lo sento imprecare da lontano: da vicino capisco che si lamenta perché il vento se ne porta via metà e lui riesce a fumarsi solo l'altra metà. Lo stesso vento che imbianca la baia. E' una sequenza di onde sfilacciate che rendono il mare affascinante ed inquietante al tempo stesso.
Alle cinque del pomeriggio sembra che il Meltemi abbia deciso di prendersi una pausa.
Noi pagaiamo in appoggio nel vento per uscire dalla baia, poi al riparo dal vento sotto il secondo ed ultimo faro vero di Serifos, sotto Akrotiri Kiklopas, e poi contro vento per entrare nel golfo di Megàlo Livadi. Quattro chilometri che ne valgono venti: una lavatrice nervosa ed impudente che ci fa guadagnare la cena in taverna!

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