SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


venerdì 1 luglio 2016

Traversata da Kea a Kithnos

Giovedì 30 giugno 2016 - 7° giorno di viaggio
Platis Ghialos - Platis Ghialos, Kea (20 km)
Vento NE 6-8 nodi (F3) - Mare poco mosso con onda fino a o,3 metri - Temperatura 27°C
Potremmo lasciare la tenda montata, andare a pranzo in taverna e tornare in serata sulla stessa spiaggia, tanto abbiamo già deciso di dormire nella caletta accanto al faro di Capo Tamelos per due notti consecutive, in modo da completare il periplo di Kea nella prima giornata e nella giornata successiva traversare sull'isola successiva, Kithnos.
Ed infatti, torniamo per le seconda volta a Platis Ghialos, però la tenda la smontiamo e poi la rimontiamo a tarda notte. Ma andiamo con ordine.
Al mattino passano così tanti traghetti e così vicini al capo che le onde sollevate frangono sulla battigia della nostra spiaggetta con grande fragore e rimescolamento di ciottoli. Per poterci imbarcare con tutta tranquillità, come la giornata richiede, dobbiamo per forza attendere il momento giusto tra il passaggio di un traghetto e l'altro. Speriamo che non sia così tutti i giorni, perché oggi dobbiamo solo costeggiare verso nord, mentre domani dobbiamo anche allontanarci dal capo per affrontare la traversata su Kithnos.
Pagaiamo pigramente verso nord.
Il versante sud-occidentale di Kea è ancora diverso dagli altri, ma con alcuni tratti comuni. Si aprono ad intervalli regolari delle gole profonde intagliate da torrenti ora completamente in secca, alcune nascondono delle piccole spiagge di ciottoli, altre non offrono alcuna possibilità di sbarco, tanto impervio ed improvviso è l'incontro del fiumiciattolo col mare. In una baia campeggiano ancora i resti di una vecchia cava di sabbia, che pure si intravede in cima alle colline spoglie; nelle calette più a nord, invece, si scorgono alcune tamerici a proteggere gli ombrelloni.
Si riconoscono facilmente anche tanti terrazzamenti ormai abbandonati, lunghe distese di muretti di contenimento che hanno modellato e ridisegnato il profilo dell'isola, ma non ci sono più tracce di ulivi o di altri alberi da frutta, chissà cosa ci coltivavano nel passato.
Troviamo la nostra agognata taverna sotto una folta schiera di tamerici, nella bella baia di sabbia chiara del piccolo agglomerato di Koundhouros, un villaggio di casette in pietra tra cui si stagliano una decina di vecchi mulini a vento, perfettamente restaurati e forse adibiti a case-vacanza, perchè soltanto uno conserva ancora le pale. Sono in pietra, come tutte le villette dei dintorni, alcuni sono completamente imbiancati a calce mentre qualcuno ha soltanto il cono sommitale dipinto di bianco.
Uno dei mulini, quello affacciato sul mare, ci guarda per tutto il tempo in cui, con la pigra lentezza greca che abbiamo sposato in pieno sin dal primo giorno, mangiamo tutto quello che il menù della casa offre: dakos, la tipica panzanella greca con formaggio di feta, gavros, le tanto diffuse acciughe servite sia fritte che marinate, choriatiki, la tradizionale insalata paesana che abbiamo imparato a chiamare col nome greco e che viene preparata con pomodori, cetrioli, peperoni, olive, capperi, cipolla e feta e condita con abbondante olio di oliva ed origano. Praticamente un piatto unico, di cui noi andiamo ghiotti.
Tergiversiamo in taverna fino a scoprire che tre sono le costanti dell'universo: la lenta connessione internet quando dobbiamo pubblicare le foto sul blog, la macchia sul vestito che si materializza non appena mi siedo a tavola e la inesorabile attrazione che i nostri capelli esercitano su tutti le particelle in sospensione nell'aria intorno a noi. Dopo qualche folata di vento, ci sentiamo uguali uguali all'amico impolverato di Charlie Brown, il povero Pigpen!
Quando sta per sopraggiungere il tramonto ci rimettiamo in kayak, ci affacciamo alla baia poco più a nord, facciamo ciao ciao con la manina alla spiaggetta dove siamo sbarcati il 27 giugno (così da chiudere idealmente il periplo dell'isola di Kea), poi viriamo le prue di 180° e pagaiamo diretti al capo meridionale, per tornare alla spiaggia dei due campi consecutivi.
E' ormai già buio quando vediamo in lontananza la lucina di una barca che cambia continuamente direzione. Avvicinandoci, capiamo che si tratta di un piccolo peschereccio che sta gettando le reti e ci allontaniamo dalla costa per lasciargli spazio di manovra. Accendiamo le nostre luci frontali per rendere evidente la nostra presenza in mare e ad un certo punto, del tutto inaspettato, ci investe un fascio luminoso potente come quello di un interrogatorio, che rimane puntato sui nostri kayak il tempo necessario ai pescatori per capire chi siamo. Salutiamo da lontano e, allo scoccare delle dieci e mezza, sotto un cielo pieno di stelle, giungiamo finalmente al nostro Grand Hotel sotto il faro.

Le scogliere del versante sud-occidentale di Kea
La cala della cava...
Il Ferro tra le Rocce
Stretching!
Stiamo lavorando per voi
Il tramonto su Makronissos
Sosta tecnica alla vecchia cava
Il campo nella spiaggetta dei mostri giganteschi e striscianti
Abbellimento artistico del totem propiziatorio della traversata su Kithnos
Il saluto al faro di Capo Tamelos lasciando Kea
Il saluto al faro di Merichas arrivando a Kithnos
Dopo aver messo piede a Kea, iniziamo l'esplorazione di Kithnos!

Venerdì 1 luglio 2016 - 8° giorno di viaggio
Platis Ghialos, Kea - Merichas, Kithnos (25 km)
Vento di direzione variabile 5-6 nodi (F2) - Mare poco mosso con onda fino a o,3 metri - Temperatura 27° C
Puntiamo la sveglia alle 6 del mattino perché anche quando le previsioni meteorologiche annunciano una seconda giornata di bonaccia, qui alle Isole Cicladi il Meltemi soffia imperturbabile a 6-8 nodi ed il mare si increspa di conseguenza. Ci aspettiamo qualche scherzetto anche oggi.
Invece, la traversata da Kea a Kithnos è semplice e tranquilla, con una leggera brezza da Nord-Ovest che soffia a nostro favore ed una ondicella lenta di poppa che è un piacere sfruttare.
Nessuna nota di colore, se non le decine di barche a vela che avanzano a motore, la dozzina di traghetti e di porta-container che incrociano al largo in ogni direzione, la strombazzata di cinque suoni brevi che anche stavolta squarcia l'aria e che non siamo noi a provocare, ed i tre motoscafi scuri che tagliano la nostra rotta fin quasi a passarci sul naso, chissà che non vogliano capire chi o cosa siamo. I marinai, ignari dei nostri insulti, ci salutano sempre con entusiasmo.
Già nella traversata tra Makronissos e Kea avevo deciso di cambiare posizione alla pagaia divisibile e di sistemarla a rovescio sul ponte anteriore, con le pale rivolte verso il pozzetto così che il giunto centrale in acciaio non danneggiasse il porta carte. Oggi spostiamo anche uno dei pezzi componibili dell'unico carrellino che ci siamo portati dietro, quello "Made by Ellebi", perchè rovinava il manico della pagaia ogni volta che agli sbarchi la infilavamo sotto gli elastici di prua. Ora forse anche l'allestimento dei ponti superiori dovrebbe avere trovato una sistemazione definitiva... almeno fino alla prossima variazione!
In mezzo al mare mi ritrovo spesso a ridere da sola.
Non è un colpo di sole ma il ricordo dell'ultima colazione. Sulla spiaggia invasa dai mostri notturni, al mattino compaiono altri mostri: vicino alla mia ciotola appare uno di quegli insetti che se li tocchi si appallottolano, ma questo è grande come una moneta da due euro e io penso a tutto tranne che a toccarlo per farlo appallottolare. Invece comincio a gesticolare come un'invasata, brandendo come arma di difesa il barattolo aperto del cappuccino solubile, urlando a squarciagola perché mi spavento per la polverina chiara che ho cosparso oltre che sul mio braccio destro anche su mezza spiaggia, neanche avesse appena nevicato. Mauro mi guarda allibito come fossi posseduta e non capisce il mio dramma: sono ancora traumatizzata dalla notte del furto, quando, ancor prima di scoprire che mancavano all'appello telefono ed orologio, mi sono ritrovata circondata da millepiedi giganteschi, intrufolatisi persino nel sacco a pelo e sotto la maglietta! Mi servirà ancora qualche giorno per assuefarmi alla variegata e sovradimensionata fauna locale!
Dopo 3 ore esatte e 19 chilometri di traversata, giungiamo nella ridossata caletta di Apokrousi, dove ci rifocilliamo con choriatiki e tzatziki.
Siamo giunti all'isola di Kithnos dalla porta principale, costeggiando la bella penisola di Agios Loukas, quella di quasi tutte le cartoline dell'isola (e anche della copertina della nostra carta turistica) perché attaccata al promontorio da un istmo di sabbia bianca lambito da acque turchesi, dove sono all'ancora una varietà impressionante di catamarani, motoscafi e barche a vela e dove vorremmo tanto poter montare il campo. Invece, siamo a corto di viveri e dobbiamo rimpinguare le scorte d'acqua. Rinunciamo quindi al pomeriggio di tintarella sulla spiaggia da cartolina per raggiungere il paese di Merichas, poco più a sud, sfruttando il venticello gentile che rinfresca l'aria e che ha cambiato direzione proprio al momento giusto.
Speriamo di trovare una spiaggia adatta per trascorrere la notte non lontano dal centro abitato. Chissà mai che domattina non ci riesca di salire a visitare la Chora di Kithnos: sempre che ci siano i pullman!

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